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Continua la lateralità per i mutui, ma salgono gli interessi!
Dopo l’incoraggiante dato della settimana precedente, quando l’MBA, aveva comunicato che l’indice dei nuovi mutui concessi per l’acquisto di un’abitazione era balzato di un entusiasmante +9.51% portandosi di poco sopra i minimi storici, oggi il dato rilasciato per la settimana conclusasi il 4 febbraio 2011 registra invece una modesta battuta d’arresto, indietreggiando dell’1.4% su base destagionalizzata e del 4.8% se considerato non destagionalizzato.
Scendendo nel particolare, il sottoindice che monitora i prestiti concessi tramite le “garanzie” governative ha perso il 1.53% portandosi a 187.2. Esso tuttavia è tornato a valori superiori rispetto a quelli dell’altro sottoindice dei mutui invece concessi attraverso i canali tradizionali, che perdendo l’1.28% si è fermato a 185.
Ma da sottolineare oggi c’è invece che “a causa del continuo miglioramento della situazione economica” che vede l’economia crescere pimpante se si esclude il marginale settore noto come “mercato del lavoro”, i tassi di interessi medi pagati per il mutuo sono saliti al 5.13% dal 4.81% per il mutuo trentennale a tasso fisso e al 4.29% dal 4.13% per il quindicennale.
Concludo riportandovi un estratto dal WSJ. Vi ricordate quando dicevo che l’unica spiegazione plausibile per giustificare la forchetta apertasi tra il numero di case vendute e il numero di mutui concessi, a livelli ancora assolutamente depressi, era supporre che le transazioni immobiliari avvenissero pagando in contanti? Bene, qualche giorno fa la conferma riportata anche da CalculatedRisk.
A livello nazionale, sembrerebbe che nel 2010 il numero di acquisti cash sia ammontato al 28%, contro un ben più basso 14% registrato, ad esempio, nell’ottobre 2008. Più di 1 milione e mezzo di abitazioni quindi sono state pagate in contanti.
Tutto questo mentre i risparmi degli americani continuavano a salire e le spese per consumi esplodevano nuovamente a rialzo. Ma da certe questione, meglio starne alla larga.
Il 23 febbraio, l’associazione nazionale degli immobiliaristi ( Realtor) pubblicherà la revisione a tre anni di “existing home sales”. Il numero di case esistenti vendute dal 2008 in poi subiranno quindi una maggiore revisione. Vedremo come andrà a finire, ma le scommesse sono aperte…
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Mattacchiuz
non c’erano altre alternative, ora dovrebbero però gentilmente spiegarci da dove sono arrivati i soldi… oppure assisteremo a qualche bella revisione… il 23 febbraio… vedremo chi racconta coglionate
http://stockcharts.com/freecharts/perf.html?BHYIX,$SPX
i gemelli del rock
altri 5 milioni di barili di benzina in + sulle scorte su base settimanale ! è dove stà questa fantomatica ripresa della minchi@ ???????? IL MERCATO è IN OVERDOSE DI RIALZO ! DEVE STORNARE COME MINIMO DEL 15 % ! PARLANDO IN GERGO INFORMATICO :WALL STREET è STATA CRACCATA DALLA FEDERAL RESERVE ! orvuar’
@matta, nel post dici “indietreggiando dell’1.4% su base destagionalizzata e del 4.8% se considerato non destagionalizzato”: potresti spiegare qual è la differenza, magari con un piccolo esempio pratico, tra un dato destagionalizzato e uno non destagionalizzato, per favore? Sono mesi che ogni volta che leggo queste annotazioni ho il dubbio, ma sinora son stato troppy shy per chiedere.. 🙂
La destagionalizzazione è una metodologia applicata allo scopo di identificare e rimuovere le fluttuazioni di carattere stagionale che impediscono di cogliere correttamente l’evoluzione di breve termine dei fenomeni considerati.
direttamente tratto dall’istat!
ad esempio, se tra dicembre e gennaio normalmente il mercato del lavoro perde 2 milioni di posti, allora il dato destagionalizzato, nel caso in cui l’anno successivo siano persi 2 milioni di posti, indica più o meno 0. mentre il dato non destagionalizzato rimane -2 milioni.
questo più o meno è la destagionalizzazione.
Scusa, sono sicuro che è a me che sfugge “qualcosa” della spiegazione del concetto statistico di destagionalizzazione.
Mi spiegheresti meglio questo passaggio?
lo trovi qui
http://www.istat.it/strumenti/metodi/destag/
qui è spiegato tutto
E’ il tuo esempio sul mercato del lavoro che non mi è chiaro, con i due milioni di disoccupati un anno che l’anno dopo destagionalizzati valgono zero, l’altro dato che rimane -2 milioni, ecco..
mi sfugge qualcosa.
Comunque grazie per il link.
ti riporto il grafico con i dati del bls, destagionalizzati e non
ci sono tutti i mesi dal 2005, anche se forse non si vede bene.
per l’ultimo mese, il dato non destagionalizzato indicava -2.898 milioni di persone al lavoro, e la disoccupazione risultava, se ricordo bene ( dovrei controllare anche quella ma non ho voglia ) il 9.8%
il dato destagionalizzato invece indica + 36 mila impiegati e la disoccupazione destagionalizzata è al 9%.
scegliete i dati che volete.
mattacchiuz: michi81@finanza,
ad esempio, se tra dicembre e gennaio normalmente il mercato del lavoro perde 2 milioni di posti, allora il dato destagionalizzato, nel caso in cui l’anno successivo siano persi 2 milioni di posti, indica più o meno 0. mentre il dato non destagionalizzato rimane -2 milioni.questo più o meno è la destagionalizzazione.
Grazie per la spiegazione!
Ma, anche qui, c’è qualcosa che non mi torna: chiarissimo il tuo esempio, ma ora, analizzando la tua frase “indietreggiando dell’1.4% su base destagionalizzata e del 4.8% se considerato non destagionalizzato” (che è poi un modus scribendi che ritrovo spesso, quasi quotidianamente), mi rimane il dubbio.
Ragiono a voce alta: si parla di mutui concessi. Allora, tu mi dici che tra l’ultima settimana di gennaio e la prima di febbraio, la richiesta di mutui è scesa su base destagionalizzata dell’1.4%. Perciò la lettura corretta sarebbe, se di solito – ipotizzo – vengono contratti 10’000 nuovi mutui, e questa settimana ne sono stati contratti 9’860, su base destagionalizzata c’è un calo dell’1.4%. Ok.
Passiamo alla riduzione su base non destagionalizzata. Questi 9’860 mutui concessi, rappresentano il 4.8% in meno di un ipotetico numero di 10’356 mutui. Ok. Ma questi 10’356 da dove arrivano? Sono i mutui che sono stati concessi l’anno precedente in quella settimana?
Riferendomi al tuo esempio della disoccupazione: capisco che se di solito a gennaio si perdono 2 milioni di posti di lavoro, il dato destagionalizzato di meno 2 milioni di posti possa dire che la situazione è bene o male stabili (visto che riflette la “consueta” perdita di 2 milioni di posti), ma il dato non destagionalizzato cosa riflette? Quale benchmark/dato si prende per il calcolo? La perdita di posti di lavoro nel mese di gennaio dell’anno precedente?
Quindi, ipotizzo:
– solitamente a gennaio: – 2 milioni
– gennaio 2010: – 1.8 milioni
– gennaio 2011: – 2 milioni
Perciò: su base destagionalizzata, siamo flat. Su base non destagionalizzata, c’è una perdita di 200’000 posti di lavoro, ossia un aumento dell’11% dei licenziamenti. Funziona così?
in generale la serie destagionalizzata “non esiste”.
supponiamo di avere una serie qualsiasi data dalla lettura dei dati.
questa rappresenta la serie non destagionalizzata, così com’è.
in generale, una serie di questo tipo può essere espressa in funzione di più serie, ma per comodità supponiamo che sia la somma di una “serie portante” e una “serie oscillante”. bada che le cose sono più complicate, ma giusto per chiarire.
la serie portante a questo punto la chiamo serie destagionalizzata, perchè essa rappresenta una “specie di media” ( non è esattamente corretto parlare di medie ma è intuitivo ).
ora, ad esempio, può accadere che la serie destagionalizzata indichi 10400 per la settimana s1 e indichi 9600 per la settimana s2. in questo caso la variazione percentuale è data da ( 9600-10400)/10400*100
tuttavia, se esiste una legge di destagionalizzazione, può accadere che inserendo la coppia di valori ( 10400, s1 ) nella “formula” essa ti dia 10000 e ancora può accadere che inserendo la coppia ( 9600 , s2) essa di dia ancora 10000. allora la variazione percentuale è 0%.
quindi in generale la serie destagionalizzata “non esiste” tuttavia può talvolta risultare utile per capire l’andamento “medio” del “sottostante” se le condizioni nei due intervalli di tempo non sono cambiate troppo. infatti le destagionalizzazioni ( in generale ) possono deludere parecchio. almeno a me in generale non piacciono, ma non credo che sia importante.
per quanto riguarda i posti di lavoro ( non mi sono mai letto le formule che loro usano ma vado ad occhio ), sia la serie dest che non dest riportano il numero di persone che in quel mese lavorano. l’anno prima non conta, se viene specificato che la variazione è mensile. se a giugno c’erano 1 milione di lavoratori e a luglio ce ne sono 1 milione e 100 mila, allora l’incremento è del 10%. poi al solito si applica la regola di destagionalizzazione, si calcolano i dati destagionalizzati per giugno e luglio, e si determina la variazione. ripeto, questo è molto semplificato, ma l’idea dovrebbe essere chiara.
infine ci sono anche altri tipi di destagionalizzazione che credo vengano dette annualizzazioni. ad esempio il pil. il pil trimestrale è una lettura del pil per un trimestre. ovviamente nessuno conosce come sarà l’andamento nei trimestri successivi, tuttavia, secondo una legge di annualizzazione, ( che nel caso più stupido e supponendo il pil costante nei triestri, potrebbe essere pil trimestrale *4 ) è possibile sparare a indovinare quale sarà il pil e quindi la crescita durante tutto l’anno se le condizioni non cambiano sensibilmente rispetto agli anni precedenti.
cmq alla fine io di esami di statistica ne ho fatto mezzo… ma se ti interessa ci sono tutte le informazioni necessarie sui vari siti.
invito cmq chiunque fosse più ferrato di me in statistica, a dare spiegazioni
Mah.
A me risulta che “dato destagionalizzato” nei dati statistici che tu tratti, si riferisce ad un dato che è al netto di fattori non attinenti al mercato, ma appunto alla stagionalità.
In particolare si considerano gli effettivi giorni lavorativi del periodo considerato, ad esempio banalmente da un anno alll’altro il mese considerato può contenere un week end in più, ecc.
Non è un problema di statistica, ma di Economia.
Poi per carità, questo è quello che so io, ma sono certo che, dal momento che utilizzi questi dati con molta dimestichezza, significa che conosci bene il loro significato e ne trai conclusioni corrette.
Senti Dream, non c’entra niente, ma ecco una notizia che ti farà piacere:
“DREAM THEATER: A luglio in Italia!
I DREAM THEATER hanno confermato, attraverso i personali canali online, nuove date legate all’imminente tour europeo, date che porteranno la band nel nostro Paese a inizio luglio.
Impegnati da un mese nella produzione del nuovo album e ormai prossimi all’atteso annuncio legato al nuovo batterista, i Nostri comunicano ai fan italiani due importanti appuntamenti live: il 04 luglio a Roma e il 05 luglio a Verona”.
riporto ancora la definizione data dall’istat
La destagionalizzazione è una metodologia applicata allo scopo di identificare e rimuovere le fluttuazioni di carattere stagionale che impediscono di cogliere correttamente l’evoluzione di breve termine dei fenomeni considerati.
http://www.istat.it/strumenti/metodi/destag/
la storia dei giorni lavorativi è verissima, infatti lo racconto spesso anche io quando i dati sono affetti da correzioni dovute a giorni di festività o altro.
non credo di aver detto qualcosa di diverso.
nella stagionalità ad esempio viene anche considerato che normalmente in inverno nevica, e quindi questo crea un rallentamento generalizzato, ad esempio, nelle costruzioni.
chiaro, quando le nevicate sono stile the day after tomorrow, non c’è destagionalizzazione che tenga…
ad esempio, il grafico sotto riporta le due serie per il livello di manodopera.
si vedono chiaramente i lecenziamenti di settembre e di gennaio. essi sono fenomeni stagionali ( ma che non dipendono strettamente dai giorni lavorativi… anzi… dai giorni non lavorativi 🙂 ) ma sono proprio… stagionali.
tra l’altro sto grafico è anche utile per capire l’effetto dei 4 5 mila miliardi di dollari spesi in due anni…
Ben detto, matta… Ottimo post come sempre. 🙂 Anche preveggente sulle case pagate cash. 😉