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Probabilmente molti di voi saranno rimasti un po’ incuriositi da questo bel numero, composto da ben 12 zeri. Magari vi chiederete che diavolo significa. Già vi ho anticipato (se non eravate riusciti a contare) che si tratta di 1.000 miliardi. La valuta di riferimento è il dollaro USA. Il riferimento è per l’azienda che al mondo capitalizza più di tutte. Molto più di Exxon e General Electric, due mega società USA (che capitalizzano circa 480 e 400 mila $). Nome della società: PetroChina. Il suo recente BOOM a seguito della quotazione alla borsa di Shanghai ha dell’incredibile. Una società di tali dimensioni che debutta con un rialzo del 163.23% in un settore enormemente maturo, come quello energetico… Beh… Lo ammetto, molti dubbi me li ha fatti venire. Ma non è tutto. C’è una incredibile incoerenza. Petrochina era già quotata da anni sul listino USA e ad Hong Kong. E se rapportato alla quotazione di Hong Kong (con la sua relativa valuta) la capitalizzazione scende a 420 miliardi! Poi per carità, la quota messa sulla borsa di Shanghai non è che una briciola rispetto al totale delle azioni, che per l’86% restano in mano allo Stato. Però abbiate pazienza. Se un petrolifero mi quota a 55 volte gli Utili, non si può non parlare di bolla. Google (che secondo me ora è in fase di bolla…) quota a 58 di P/E. Ma secondo voi le prospettive tra le sue società e settori, sono “comparables”?
Bolla o non bolla… Dubbio asiatico
Se andiamo a vedere le società che più sono cresciute negli ultimi anni, vediamo ai primi posti delle grandi new entry… Mettendo da parte PetroChina, troviamo China Mobile, I.C.Bank of China, China Petroleum, China Construction Bank, Bank of China, China Life Insurance… insomma, il dragone domina in lungo e in largo. Ripeto, siamo sicuri che tutto questo sia coerente? Forse è arrivato il momento di porsi la fatidica domanda… E se fosse il momento di fare un gran bel “take profit”?
Morgan Stanley: Signori , è bolla… Credit Suisse: l’Asia è una buy opportunity
Facciamo nomi e cognomi: una grande banca USA, la Morgan Stanley ha denunciato chiaramente la situazione, definendola pericolosa. Shanghai è salito del 400% in 2 anni, una quota incredibile, con un P/E medio di 32 (l’Europa quota a 14). Il problema fondamentalmente è questo. Cosa comporterebbe una violenta correzione del listino cinese? Non si tratterebbe solo di un doloroso calo dei fondi su cui abbiamo investito il nostro denaro, ma ci sarebbe una chiara e violenta ripercussione sulla popolazione cinese, con un calo più o meno vistoso (a seconda dell’entità della correzione) del PIL, un forte rallentamento dei consumi, e del mercato immobiliare. La storia dell’effetto domino. Chiaramente ho sintetizzato molto, ma spero di aver reso l’idea. Ma c’ anche chi la pensa diversamente. Per esempio il premier cinese Wen Jiabao, che proprio ieri ha esortato gli investitori ad approfittare delle recenti correzioni del listino di Hong Kong per entrare a piene mani. E anche la società svizzera Credit Suisse consigliava qualche giorno fa di entrare sulle borse asiatiche. Morale: come è giusto che sia, non troveremo mai tutti d’accordo, anzi… Resta il fatto che io, personalmente, inizierò prudenzialmente a limare le mie quote sui mercati emergenti.