Conta più lo spread o la competitività?

Scritto il alle 14:30 da gaolin@finanza

Da oltre un anno il fantasma dello spread agita il sonno degli italiani. Quasi ormai tutti sono convinti che sia un fattore decisivo per le sorti future del nostro paese e un indice importantissimo dello stato di salute della nostra economia.
In parte certamente lo è ma lo spread non è altro che una sorta di misura della maggiore o minore credibilità di uno stato, rispetto a un altro, di rimborsare i propri debiti, percepita dai mercati. Che poi questa misura sia corretta o meno è un altro discorso.
Il nostro blog I&M ci aggiorna con continuità sul tema con mirabili considerazioni e analisi, per cui non è il caso di aggiungere alcunché ma piuttosto di spostare l’attenzione dei lettori su un fattore ben più decisivo per il futuro del Bel Paese:

LA COMPETITIVITA’

In un contesto economico globalizzato la competitività del sistema paese Italia dovrebbe avere ben altra considerazione da parte di tutti gli attori che, ai vari livelli, gestiscono questo paese. Invece che accade?
Sostanzialmente di competitività in Italia non se ne parla o meglio non si affronta sul serio questo problema, tanto cruciale per l’economie reale che più di così non si può.
Credo che questo atteggiamento, se non cambia la musica, porterà dritti dritti alla rovina dell’economia reale dell’Italia.
Eeee già.
Ci si dimentica di dire forte e chiaro che, senza un’economia reale forte, non ce n’è, prima o poi, per nessuno. Neppure per coloro che si sentono garantiti, nell’ammontare di quanto finora percepito, come i burocrati e i dipendenti della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici, i pensionati, gli operatori della finanza, gli oligarchi e faccendieri che gravitano nell’orbita degli appalti e opere pubbliche e, dulcis in fundo, il mondo della politica che, ignaro o non ben consapevole di come sta evolvendo la situazione, in questo momento ritiene che lasciare la patata bollente ai professori, li salvaguardi dalle ire future dei cittadini italiani.
Sarebbe veramente il caso che chi ha responsabilità di governo politico-economico-sindacale-finanziario del Bel Paese ai vari livelli seguisse con maggiore attenzione e grandissima preoccupazione l’andamento di alcune situazioni o il significato di certi dati economici analizzandone bene le loro probabili o certe conseguenze future.
Vediamone alcuni:

1- L’Italia da un decennio ormai sta progressivamente perdendo il controllo nazionale delle grandi società in ogni settore dell’economia, mentre nulla è avvenuto di inverso
2- L’Italia vede i suoi imperi industriali in progressiva decadenza o smantellamento nel nostro paese (FIAT ne è l’esempio attualmente più evidente)

3- L’Italia vede il suo tessuto industriale fatto di distretti, una volta leader mondiali nei settori specifici, in declino quasi irreparabile se non già quasi spariti
4- L’Italia vede aumentare i suoi disoccupati a ritmi sempre più elevati ma l’aspetto peggiore e nefasto è che i nuovi disoccupati sono quasi tutti concentrati nell’economia reale
5- In questo momento gli ordinativi alle industrie e al sistema produttivo in genere sono in drammatico calo costante da circa 12 mesi per molte piccole ma anche medie e grandi imprese. Non sarà facile uscire dalla situazione di crisi profonda in cui si trovano. Le situazioni di insolvenza si stanno moltiplicando mese dopo mese e non ci sarà inversione alcuna nel breve medio termine.
6- Gli investimenti delle imprese industriali sono ridotti ai minimi termini. Mai, dico mai, sono stati così bassi in Italia, neppure nel 2008-2009
7- La situazione del comparto agricolo definirla, in alcune aree, drammatica è dir poco. Per chi è vicino a questo mondo, così trascurato da sempre, è un vero e proprio scandalo che della gente che lavora ma lavora sul serio e che ci dà da mangiare, nessuno se ne frega.
8- La situazione attuale del comparto edilizio, del turismo del bel paese non ha bisogno di info particolari in quanto ben note a tutti.
9- La situazione generale delle famiglie sempre più in difficoltà a sbarcare il lunario o a risparmiare è altrettanto ultra ben nota a tutti
10- Del situazione delle finanze statali e assimilabili come pure del sistema finanziario nazionale mi astengo da ogni commento, per il momento.

Questo quadro, che credo nessuno possa contraddire, passa in terzo ordine e ben distanziato rispetto all’andamento dello spread e degli indici di borsa. A me tutto ciò pare demenziale ma tant’è, così appare, almeno seguendo l’informazione che i media allineati ci forniscono e che poi fanno opinione e alimentano la grande confusione imperante nel nostro paese.
E’ veramente incredibile come questo governo di professori, con la complicità dei politici riesca a gestire una situazione esplosiva come questa, senza che ancora nessuno abbia innalzato una ghigliottina da qualche parte. Esagero ovviamente i lettori di I&M mi perdoneranno ma è per rendere l’idea. A DT chiedo venia per questo eccesso.

(Perdonato! ndr)

E’ veramente una totale mistificazione della realtà il dire da 6 ben mesi che L’Italia sta per uscire dal tunnel, o che ce la farà, grazie ai provvedimenti di questo governo di burocrati e saccenti professori.

Per concludere questa parte in modo ancora più preoccupante ricordo che:
L’Italia ha un deficit delle partite correnti che, iniziando nel 2002, anno di introduzione dell’EURO, si sta sempre più aggravando.

In merito riporto anche la parte finale della graduatoria mondiale dei paesi con maggior deficit delle partite correnti. Graduatoria che ognuno può consultare al sito http://www.indexmundi.com/g/r.aspx?c=it&v=145 , purtroppo aggiornata solo al 2010 ma il 2011 è più o meno analogo.
Interessante rilevare la posizione in questa graduatoria dell’Italia e della Spagna di seguito evidenziata.

E’ qui il caso di constatare che l’avvento della moneta EURO segna per il nostro paese l’inizio del declino.
A questo proposito segnalo, a titolo di esempio, la situazione in cui si è venuta da subito a trovare allora la mia azienda e credo molte altre, non appena i rapporti di cambio delle varie monete, hanno trovato definizione e applicazione irreversibile.
Era l’anno 2000. La dinamica dei costi di produzione in Italia continuava a salire più che in altri paesi e i clienti esteri ci hanno da subito incalzati anche con richieste di riduzione prezzi perché, a loro dire, stavamo diventando cari. Ciò si è rivelato negli anni successivi anche vero, quando è iniziata la perdita di ordinativi dei prodotti a maggior margine. In breve tempo ci si accorse che l’azienda non guadagnava più, pur essendo di assoluta avanguardia tecnologica.
Dopo l’iniziale fase di smarrimento e qualche giro per il mondo, l’azienda intraprese suo malgrado la strada della propria salvezza ma non dell’Italia, ovvero la STRADA DELLA DELOCALIZZAZIONE. Operazione costosa, rischiosa, difficile, logorante ma tutto sommato di grande soddisfazione, se ben condotta ma solo dal punto di vista economico.

Veniamo al vero problema dell’ITALIA

Insomma il vero problema dell’Italia è la COMPETITIVITA’ del suo sistema produttivo manifatturiero, che non si risolverà con le battaglie contro lo spread come credono i professori. Anzi l’esatto contrario, perché consentirà di prolungare per un tempo maggiore la situazione di non competitività dell’Italia.
Dovremmo renderci conto che la moneta unica, vista la situazione a cui siamo arrivati, non ha più senso,troppo diversi sono i paesi membri per poter utilizzare una moneta comune.
Purtroppo e ripeto purtroppo, siccome quando si poteva nulla è stato fatto per incrementare la competitività del sistema paese Italia, secondo me, ormai non c’è che la strada della svalutazione competitiva per salvarci, checché ne dicano i suddetti professori che, come noto, sono esponenti dell’oligarchia burocratica e finanziaria del nostro paese, con interessi e visioni in antagonismo con quelli dell’economia reale di cui, a sentire come parlano e ragionano, quasi tutti ne capiscono poco.
Se, malauguratamente, riusciranno a mantenere l’Italia per altri anni ancora nell’EURO,allora dobbiamo sapere come andrà a finire: la attuale catastrofe in corso avrà il suo epilogo fino alle estreme conseguenze, una disgregazione dell’EURO lo stesso ma ad economia reale italiana ormai ridotta in macerie.

Io non so ancora quando i mercati, gli oligarchi, i burocrati, gli opportunisti che per qualche ragione sono stati beneficiati dall’avvento dell’EURO, i politici capiranno che la moneta unica per i paesi deboli dell’area è stata una colossale fregatura che si sono auto imposti, che sta uccidendo le loro economie reali e li impoverirà fino a diventare succubi di qualcuno, il quale avrà come unico scopo quello di mantenerli al giusto grado di impoverimento, funzionale ai suoi interessi.
Mi auguro per il mio paese che succeda presto qualcosa che ci faccia uscire a forza da questa assurda situazione di asservimento agli interessi dei pochi e dei parassiti di ogni specie.

A presto al prossimo post

Gaolin

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8 commenti Commenta
lucianom
Scritto il 21 Agosto 2012 at 15:51

Mi rifiuto di pensare che Monti non conosca perfettamente tutto quello che hai scritto, ripeto tutto!

zanella51
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:04

il vero dramma è che purtroppo lo sa:
Complimenti ancora Gaolin per l’articolo, anch’io spero in una rottura e un’uscita dall’euro al più presto ma penso sia un’utopia

bigjoe
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:18

Mi permetto di essere in disaccordo, pensare che un’azienda per essere competitiva debba aiutarsi con la svalutazione della moneta e pensare che per vendere all’estero si debba produrre a costi più bassi è secondo me sbagliato, bisogna essere capaci a dare valore aggiunto al prodotto che si offre e non svenderlo, bisogna essere capaci di innovare e non far pagare la propria incapacità di fare impresa ai soliti noti (leggi classe operaia). E’ troppo semplice pensare che per migliorare le cose si debba abbandonare l’euro, l’euro è un opportunità da cogliere e non un ostacolo. Essere competitivi non vuol dire costare poco. Se si parla di eliminare la burocrazia inutile, di avere uno stato funzionale che sia di aiuto e non di impedimento alle imprese, se si tratta di combattere evasione fiscale e delinquenza mafiosa per rendere più competitivo il paese sono d’accordo, se si vuole dare la colpa all’euro dell’incapacità di una parte della nostra classe imprenditoriale a fare il suo lavoro, su questo non sono d’accordo.

7voice
Scritto il 21 Agosto 2012 at 17:56

la luce del tunnel la vede dal suo buco del kul sto buffone ! con il petrolio di nuovo a 97 (wti)$ la ripresa o stabilizzazione del ciclo economico c’è la sognamo ! MARIO MONTI SEI MARCIO , COME SONO MARCI TUTTI QUELLI CHE TI STANNO ACCANTO ! IL PIANO è PORTARE LA POPOLAZIONE MONDIALE ALLA FAME , E FARNE CREPARE 2/3 ! MA IO MI AUGURO CHE L’ATOLLO DI MURUROA SPROFONDI PRIMA ! COSI’ LA FACCIAMO FINITA CON QUESTI SCIACALLI DI UNIVERSITARI MALATI DI MASSONERIA !inshallah

paolo41
Scritto il 21 Agosto 2012 at 18:38

bigjoe@finanza,

a mio avviso, potresti avere anche ragione se il confronto fosse fatto fra paesi che, per cultura storica e tradizioni, fossero comparabili. Purtroppo non è cosi e non lo è da ora, ma da quando questa benedetta Italia è stata unificata.
Quando Gaolin dice che siamo stati gestiti da persone che hanno sempre pensato ai propri interessi e che non hanno mai dimostrato la capacità di saper sostenere il tessuto industriale italiano, afferma una sacrosanta verità.
L’annessione all’euro ( che non dobbiamo dimenticare che è stata fatta solo per una questione di “status”) ha dimostrato, ancora una volta, l’assoluta mancanza di “vision” dei politici di allora e, ti posso assicurare, che c’erano parecchi economisti e industriali che tiravano per la giacca Prodi&C., affinchè non ne facesse nulla.
Sotto il profilo teorico il tuo commento non fa una grinza, ma purtroppo la dura realtà è quella descritta da Gaolin e condivido che prima o dopo, speriamo più prima che dopo, usciremo o saremo, addirittura, costretti a uscire dall’euro.

gaolin
Scritto il 22 Agosto 2012 at 17:18

Quanto espresso in questo commento trova molti sostenitori, in particolare fra coloro che non conoscono cosa vuol dire fare impresa in mercati sottoposti alla concorrenza globalizzata e/o non vivono in questa realtà.
Per anni costoro, specie quelli che elargiscono il loro sapere nei convegni ad alto livello e nella stampa allineata hanno “suggerito” agli imprenditori che operano in paesi a valuta forte di essere più coraggiosi, di investire nell’innovazione di processo e/o di prodotto, quasi che gli imprenditori non sapessero che questo è il loro compito costante, pena la morte della propria azienda. Per le teste dure, rimaste un po’ indietro nei tempi, la ministra Fornero ha ben pensato recentemente di rinfrescare la memoria di costoro.
In un post pubblicato su I&M il 07 maggio 2012 dal titolo:
Il governo MONTI in volo verso Marte e i conti della serva
ho provato a spiegare la difficoltà e molto spesso l’impossibilità di fare impresa se le condizioni di contorno, ovvero costo del lavoro e del sistema paese, impediscono di essere competitivi.
Invito Bigjoe a leggerlo e a trarne qualche conclusione personale che dia conferma o meno alle sue convinzioni, ovvero che se in Italia non si riesce più a fare impresa in troppi settori è perché gli imprenditori italiani sono degli incapaci che non sanno innovare.
Che poi, per rendere più competitivo il paese Italia necessiti intervenire attraverso una miriade di azioni nei luoghi dove si annidano inefficienze, sprechi, ruberie, evasioni fiscali, favoritismi, raccomandazioni, privilegi, ecc. siamo e dobbiamo essere tutti d’accordo, anche quando intervenirvi pregiudica i propri interessi.
O no, in quest’ultimo caso???

gaolin
Scritto il 22 Agosto 2012 at 17:19

bigjoe@finanza,

Il mio commento era dedicato a Bigjoe

smsj
Scritto il 22 Agosto 2012 at 22:38

Guarda che gli stessi che gli imprenditori che adesso piangono perchè l’euro è brutto e cattivo sono gli stessi che si sono arricchiti impunemente nei primi anni della sua introduzione, avvenuta in italia ovviamente all’italiana. Coloro che hanno pagato prima stanno invece pagando anche adesso.
E per dirla tutta, chiunque conosca la realtà del tessuto imprenditoriale italiano sa benissimo che è a quel livello che non si è in grado di fare il salto di qualità. Ed è a questo punto che interviene la multinazionale di turno che acquista il gioiellino italiano e chissà perchè ne ottiene enormi profitti.

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