WALL STREET: venti di guerra non aiutano i mercati

Scritto il alle 15:52 da Lukas


La tensione in Ucraina crea paure sui mercati. Si va in risk off, le borse traballano, e si teme il peggio. [Guest post]

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali, hanno proseguito nel loro andamento incerto, ed altamente volatile. L’ultimo dato sull’inflazione Usa, CPI + 7,5 %, ha ulteriormente accresciuto i motivi di preoccupazione. A preoccupare non è solo l’entità del dato, già di per sé molto elevato, ma anche il fatto che non è molto chiara l’origine e la causa del fenomeno. Ad avviso di molti, la fiammata inflattiva è ascrivibile principalmente alle politiche monetarie e fiscali iper-espansive adottate per fronteggiare l’emergenza economica causata dalla pandemia da Covid-19.

Trattasi cioè d’inflazione causata da un eccesso di domanda, e come tale da fronteggiare con una stretta monetaria e con una drastica riduzione del deficit spending. Altri, ed io fra questi, ritengono invece che questa tesi non sia molto fondata, e che il fenomeno sia principalmente dovuto a tensioni esistenti sul versante dell’offerta, ossia sui costi di approvvigionamento di quasi tutte le maggiori commodities. Esempio più evidente è dato dalle quotazioni, e dai prezzi, raggiunti dal Crude Oil, ormai superiori ai 90 $ al barile. Pesano e molto le tensioni geopolitiche, in corso ormai da mesi, sulla questione dell’Ucraina, che si fanno ogni giorno sempre più pericolose e preoccupanti.

Non si comprende affatto ove l’Occidente, e la NATO in particolare, voglia andare a parare. Pensano davvero d’inglobare in essa anche l’Ucraina, e circondare e minacciare da vicino la Russia ? Sembra, a prima vista, una scelta davvero pericolosa, e del tutto insensata. In quest’ultimo ventennio hanno già combinato un sacco di casini in Nord Africa e Medio Oriente, dall’Iraq, alla Libia, all’Afghanistan, senza risolvere nulla. Dicevamo di voler esportare la democrazia, ma né hanno invece solo aggravato l’instabilità e la crisi, fuggendone alla fine codardamente. Nell’era Trump nel mirino era, invece, finita la Cina, oggetto di dazi, barriere e minacce varie.

Oggi, come nel gioco del monopoli, tornano al punto di partenza, ossia allo storico e pericoloso confronto con la Russia. Una politica davvero miope, e fallimentare, che ha condotto l’intero Occidente a subire la più grave crisi economico-finanziaria dagli anni del secondo dopoguerra. Ma ciò evidentemente non è ancora bastato. Questi non hanno ancora capito che il Mondo, e la sua economia del tutto globale, ha ormai vari centri d’interesse ed un assetto multipolare. Ogni tentativo d’imporre la propria vision ed i propri interessi è destinata inevitabilmente al fallimento. Serve ben altro.

C‘è, in particolare, bisogno di nuove leadership, con idee innovative e lungimiranti, ed in grado di governare un’economia ormai altamente interconnessa e multipolare. Ma allo stato non se nè vede ancora neppure l’ombra. Basti pensare che agli enormi problemi geopolitici ed economici, sopra accennati, qualcuno pensa oggi di poter miseramente rispondere con la solita, stantia, ed inutile stretta di politica monetaria.

Se lo faranno per davvero dimostreranno ancora una volta di non avere ben chiari quali siano gli attuali problemi e le relative necessità, e determineranno una nuova crisi economica-  finanziaria, che i mercati già da qualche mese intravvedono e temono.

Dopo le sopra esposte considerazioni, d’ordine generale, esaminiamo, cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index rimbalza dello 0,63 %, e risale fino a quota 95,75. Le commodities, come accennato, continuano nella loro corsa al rialzo. Lievitano, infatti di un ulteriore 0,93 % in termini reali, ed alimentano ancor di più il fenomeno inflattivo Tensioni sui prezzi che trovano riscontro nel mercato obbligazionario, soprattutto sulla parte a breve della curva. Il rendimento del bond decennale Usa, resta infatti stabile a quota 1,92 %. Il rendimento del bond a 2 anni, invece, cresce di ben 17 bps e raggiunge quota 1,49 %.

L’inclinazione della yield curve Usa pertanto si contrae ulteriormente, sino a quota 43 bps, e lancia cattivi presagi sulle prospettive della crescita economica futura. I mercati azionari, infine, registrano nuovamente uno storno. In particolare, il nostro benchmark azionario mondiale, l’$&P 500, perde l’1,82 %, e retrocede sino a quota 4.418,64.         .

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 36.187

Large Traders :  + 33.177

Small Traders : + 3.010

Trova, dunque, ancora conferma, l’incerta e volatile configurazione del Cot Report sui derivati azionari Usa, in voga ormai da oltre 9 mesi. Rispetto alla scorsa settimana, le variazioni nelle posizioni dei vari operatori sono state pari a 9.298 contratti. In particolare, i Large Traders, acquistano l’intero lotto dei 9.298 contratti long, e consolidano l’entità e la forza della loro attuale posizione, Net Long.

I Commercial Traders, invece, cedono 4.335 contratti long, e rafforzano la loro attuale posizione di copertura, Net Short. Gli Small Traders, infine, cedono i residui 4.963 contratti long, e contraggono a livelli davvero esigui la loro esposizione Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima ottava, non mutano il quadro d’assoluta incertezza delle ultime settimane, e degli ultimi 2 mesi.

Le Mani Forti accrescono il loro livello di prudenza, e rimangono alquanto scettiche sulle capacità di affrontare le attuali difficoltà. Anche gli Small traders riducono la loro già esigua esposizione long. Non c’è da parte loro alcuna esuberanza, anzi tutt’altro. Dato che dimostra che il problema di oggi, non è affatto la bolla delle quotazioni di cui hanno cianciato per anni in tanti, bensì quello di una necessaria co-gestione dell’intera economia globale. Co-gestione di cui non s’intravvede allo stato neppure l’ombra.

E’ di questa mancanza che i mercati sono oggi preoccupati. Una carenza che a mio avviso non sarà colmata e risolta a breve. Per tali motivi, non muto, la mia recente vision negativa sulle prospettive dei mercati azionari. Confermo pertanto la mia moderata posizione Short sull’equity, e resto in attesa di ulteriori indicazioni provenienti dai mercati

Mercato, dunque, ancora molto incerto, che cercherò comunque di tradare con il mio originale trading system, fondato sull’analisi del Cot Report, nonchè sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei due professori Usa, Jegadeesh e Titman, ed illustrato nel mio sito https://longtermmomentum.wordpress.com/. Nel corso di quest’inizio d’anno, il mio portafoglio, denominato “ AZIONI ITALIA – LTM “, ha conseguito una perdita del 7,85 %.

Il nostro benchmark di riferimento, il Ftse All Share, invece, ha registrato nel contempo una perdita dell’1,95 %. Conseguita pertanto, sinora, una sotto-performance del 5,90 %. Nei precedenti 9 anni, il mio trading system ha invece conseguito una sovra-performance media annua del 7,1 %, e presenta un’equity line in progresso del 175 %. Questa settimana,  modifico un pò l’assetto del mio portafoglio, riduco cioè dal 45 al 42,5 % le mie posizioni long, ed innalzo nel contempo dal 55 al 57,5 % le mie posizioni short, ossia assumo una posizione operativa, Net Short, pari al 15 % del mio portafoglio.

Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ AZIONI ITALIA – LTM “ può, se vuole, consultare direttamente il mio sito.

Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di intermarketandmore buon trading.

LUKAS

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