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WALL STREET: meglio la cautela oppure ottimismo dopo la correzione?

Scritto il alle 16:15 da Lukas


A seguito della violenta correzione, il mercato abbozza un rimbalzo tecnico e in molti consigliano di approfittare della debolezza. Meglio quindi comprare oppure restare prudenti? Analisi del COT Report from CFTC. [Guest post]

Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali, non hanno fornito nuove certezze circa la loro evoluzione futura. Si procede, a mio avviso, decisamente a tentoni. In molti hanno accolto con ottimismo il rimbalzo di fine settimana degli indici azionari Usa. Grazie ad esso, il nostro benchmark azionario, l’S&P 500, ha chiuso l’ottava con un saldo positivo dello 0,77 %, a quota 4.431,85.

Personalmente, non credo ci sia molto da festeggiare e da star tranquilli. Anzi, comincio a credere che, anche questa volta, così come già accaduto nel trascorso decennio, sarò costretto a remare del tutto controcorrente. Da convinto assertore dell’analisi intermarket, ho sempre considerato le quotazioni azionarie, come la risultante finale di ben definiti parametri e condizioni espresse compiutamente in altri mercati, situati a monte degli stessi.

Nel passato decennio, questi parametri e condizioni le ho sempre lette ed interpretate come estremamente favorevoli ad un rialzo dei valori azionari. In perfetta coerenza, ne ho quindi perorato con convinzione, e tra gli strali scomposti di tanti, la loro ascesa, risultata poi del tutto irresistibile, e storica. Nell’ultimo anno invece alcune di queste condizioni favorevoli sono venute meno, altre invece minacciano di venir meno nei prossimi mesi.

L’azionario ha un po’ tardato a prenderne atto, ma nell’ultimo mese ha dovuto piegarsi all’evidenza. L’S&P 500 nelle ultime 5 settimane registra infatti uno storno del 7,5 %. E non credo sia finita qui. Dovrà infatti ancora fare i conti con un impietoso rialzo dei corsi delle commodities, lievitate di oltre il 40 % negli ultimi 12 mesi, che non accenna affatto a placarsi, anzi tutt’altro. Non a caso l’inflazione è risalita repentinamente agli stessi livelli di 30 anni orsono. Inflazione, avente però una natura ben diversa da quella del passato, alimentata cioè da un deficit di offerta, e non da un eccesso di domanda.

Leggiamo però, con costernazione, che la FED, nei prossimi mesi, pensa di arginarla con una serie programmata di rialzi dei tassi. Ma che effetto può avere un rialzo dei tassi su un’inflazione da costi ? Una stretta monetaria è utile a frenare un eccesso di domanda, ma non certo un deficit d’offerta. Insomma c’è il rischio concreto che si determini un vero e proprio corto circuito, che non risolve affatto il problema, e che si conduca l’economia globale in una pericolosa situazione di stagflazione.

Più che rialzare i tassi, trovino invece una soluzione ed un accordo con la Russia, sulla spinosa situazione Ucraina. Gran parte del boom dei prezzi del commodities, e del gas e petrolio in particolare, è infatti ascrivibile alle crescenti tensioni geopolitiche tra Russia ed Occidente, che speravamo d’aver definitivamente risolto e superato. In piena emergenza pandemica non sentivamo affatto il bisogno di un pericoloso revival del confronto politico-militare che ha caratterizzato gran parte del secolo scorso. Ma forse la ragione è un’altra, celata e non dichiarata.

Molto probabile che trattasi di una tensione creata ad arte, per alimentare artificialmente una spirale inflattiva, che consenta di sgonfiare l’enorme mole debito, esistente ormai da tempo immemore nell’intero sistema finanziario internazionale.
Dopo le sopra esposte considerazioni, esaminiamo, cosa ci dice, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, come in ogni crisi geopolitica, diventa un bene rifugio. Rimbalza, infatti, di un altro 1,7 %, e raggiunge quota 97,22.

Le commodities, invece, continuano nella loro folle corsa al rialzo. Lievitano, infatti di un ulteriore 3,4 % in termini reali. Negli ultimi 12 mesi il rialzo, in termini reali, è pari al 41,17 %. Le tensioni sulle commodities, trovano solo parziale riscontro nel mercato obbligazionario.

Il rendimento del bond decennale Usa, lievita infatti di 1 solo bp e raggiunge quota 1,78 %. Il rendimento del bond a 2 anni, invece, lievita di ben 16 bps e raggiunge quota 1,17 %. L’inclinazione della yield curve Usa pertanto si contrae di altri 15 bps, e rende sempre più concreta l’ipotesi di una futura stagflazione. I mercati azionari, come accennato, evitano per il momento la slavina. In particolare il nostro benchmark azionario mondiale, l’$&P 500, seppur ancora in down-trend, arresta per ora la discesa, e regge a quota 4.431,85 . .

Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:

Commercial Traders : – 61.612
Large Traders : + 42.674
Small Traders : + 18.938

Trova, dunque, conferma, e si consolida definitivamente, l’incerta e volatile configurazione del Cot Report sui derivati azionari Usa, in voga ormai da oltre 9 mesi. Rispetto alla scorsa settimana, le variazioni nelle posizioni dei vari operatori sono state pari a ben 16.788 contratti.

In particolare, i Commercial Traders, le MANI FORTI di questo mercato, cedono l’intero lotto dei 16.788 contratti long, e consolidano fortemente l’entità della loro posizione di copertura, Net Short. I Large Traders, invece, acquistano 13.794 contratti long, e consolidano alquanto la loro posizione Net Long. Gli Small Traders, infine, acquistano anch’essi 2.994 contratti long, e rafforzano a livelli sempre maggiori la loro esposizione Net Long.

Le movimentazioni di quest’ultima ottava, confermano e rafforzano il quadro d’insieme, molto incerto e volatile, già evidenziato nelle scorse settimane e nei passati mesi. Le Mani Forti accentuano di molto il loro livello di copertura. Erano oltre tre anni che, non si registrava da parte loro un tale livello di sfiducia sulle prospettive dell’azionario. I Large e gli Small Traders, invece, diventano sempre più ottimisti e fiduciosi. Ma si sa che di entrambi, e soprattutto dei secondi, c’è poco da fidarsi.

Gli Small Traders, sono infatti sempre stati considerati gli operatori “contrarian” per antonomasia. Insomma, nonostante il modesto rimbalzo dell’ultima ottava, non vedo dei buoni motivi per cambiare la mia nuova vision sulle prospettive dei mercati azionari. Riconfermo pertanto la mia morigerata posizione Net Short sull’equity, sia a livello Usa che internazionale.

Mercato, dunque, che rimane in difficoltà, e che cercherò tuttavia di tradare con il mio originale trading system, fondato sull’analisi del Cot Report, nonchè sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei due professori Usa, Jegadeesh e Titman, ed illustrato nel mio sito https://longtermmomentum.wordpress.com/. Nel corso di quest’inizio d’anno, il mio portafoglio, denominato “ AZIONI ITALIA – LTM “, ha conseguito una perdita del 7,49 %. Il nostro benchmark di riferimento, il Ftse All Share, invece, ha registrato nel contempo una perdita del 3,35 %. Conseguita pertanto, sinora, una sotto-performance del 4,14 %.

Nei precedenti 9 anni, il mio trading system ha invece conseguito una sovra-performance media annua del 7,1 %, e presenta un’equity line in progresso del 175 %. Questa settimana, modifico un pò l’assetto del mio portafoglio, innalzo cioè dal 35 al 40 % le mie posizioni long, e riduco nel contempo dal 65 al 60 % le mie posizioni short, ossia assumo una posizione operativa, Net Short, pari al 20 % del mio portafoglio.

Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ AZIONI ITALIA – LTM “ può, se vuole, consultare direttamente il mio sito.
Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di intermarketandmore buon trading.

LUKAS

Questo post non è da considerare come un’offerta o una sollecitazione all’acquisto. Informati presso il tuo consulente di fiducia.
NB: Attenzione! Leggi il disclaimer (a scanso di equivoci!)

1 commento Commenta
aiccor
Scritto il 31 Gennaio 2022 at 18:23

lucida disamina del momento attuale che condivido soprattutto in merito al temuto aumento di tassi USA: secondo il mio modesto parere NON ci sono condizioni per aumenti. Nazione straindebitata, aziende straindebitate, privati straindebitati, risparmi che languono, disoccupazione che è si ai minimi storici (si, ma calcolata su quelli che il lavoro ancora lo cercano) ma salari bassi per lavori di merda e precari, e consumi che langono (-2% a dicembre), e nessuno che può permettersi di pagare interessi (ma manco i debiti, se è per quello) si pensa ad aumentare i tassi. Cosa può andare storto?

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