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WALL STREET: la borsa USA si prepara ad una maggiore volatilità
Siamo arrivati alle elezioni USA ed i mercati sembrano coprirsi, in attesa di una fase di maggiore volatilità. Ennesima analisi del COT Report sullo SP500. (Guest post)
Cari amici, nella settimana appena trascorsa, l’andamento dei mercati finanziari internazionali ha rappresentato, in maniera abbastanza fedele, il clima d’incertezza dell’attuale momento. Incertezza per il preoccupante estendersi della pandemia e per le sue inevitabili conseguenze negative sull’economia. Incertezza per le elezioni presidenziali Usa, ormai alle porte, il cui esito è, a mio avviso, del tutto imprevedibile, ed affatto scontato. Non mi sembrano quindi davvero questi i giorni migliori per sperare di trarre profitti dal nostro operare sui mercati. Ma a noi non interessa molto quanto accade nel breve periodo. Molto più importante è invece cercare di capire ed individuare cosa si muove più nel profondo della società e dell’economia, e quali saranno le tendenze di medio – lungo periodo. A tal proposito nelle ultime settimane e mesi ho letto molti report che prefigurano il ritorno sulla scena dell’inflazione, e la fine pressoché prossima ed imminente della lunga epoca deflattiva. Report che definirei beneauguranti e molto ottimistici. Spero che abbiano ragione, ma sulla loro attendibilità mantengo, al momento, tutte le mie riserve. Si afferma infatti che gli ingenti interventi, sia di politica monetaria che fiscale, varati in quest’ultimo anno, in funzione anti – covid , metterà definitivamente fine alla spirale deflattiva in auge ormai da oltre un decennio. Sul piano teorico la tesi ha indubbiamente delle innegabili fondamenta. Ciò detto, constatiamo però che per il momento non ci sono ancora tangibili tracce di questo mutamento d’epoca. Anzi tutt’altro. A fronte dell’ingente liquidità immessa nel sistema dalle diverse Banche Centrali, osserviamo infatti, che la velocità di circolazione della moneta è ulteriormente crollata e si trova oggi ai suoi minimi storici. La stessa Banca d’Italia nei scorsi giorni ce n’ha dato conferma informandoci che in questi ultimi mesi di pandemia i risparmi degli italiani sono aumentati al ritmo di quasi 20 miliardi al mese. Dato quest’ultimo alquanto preoccupante che evidenzia la paura delle nostre famiglie circa il proprio futuro. Molti temono seriamente di perdere il proprio lavoro. Un sentiment questo che non aiuta di certo l’economia. Si rinviano infatti tutte le spese non urgenti e necessarie, e si accumulano ulteriori riserve e risparmi nel timore dell’arrivo di tempi ancor peggiori dell’attuale. Con questo sentiment ipotizzare un’imminente ripresa dell’inflazione, come fanno già in tanti, mi sembra davvero un esercizio azzardato. I fattori deflattivi preesistenti, peraltro, non sono affatto scomparsi. Una certa ripresa dell’inflazione sarebbe del tutto auspicabile, soprattutto per il nostro Paese iper-indebitato, ma gli auspici da soli non bastano, serve ben altro, in primis un tangibile recupero di fiducia da parte di imprese e famiglie. In conclusione, io al momento non vedo ancora un mutamento rilevante dello scenario macroeconomico che ha caratterizzato il decennio appena trascorso, e per tale ragione non cambio l’approccio operativo sin qui tenuto, e la mia vision di fondo sui mercati.
Ciò detto, andiamo ad esaminare cosa ci indica, al momento, lo scenario intermarket. Il dollar index, nell’ultima settimana, ha ripreso il suo down-trend, e perso quasi l’1 %, retrocedendo a quota 92,75. I prezzi delle commodities, invece, temendo forse un nuova espansione dell’epidemia, hanno anch’esse stornato dello 0,73 % in termini reali. Segnali diversi e non coerenti giungono, invece, dal mercato obbligazionario. Il rendimento del bond decennale americano risale infatti di ben 9 bps, e raggiunge quota 0,84 %. Il rendimento dei bond a 2 anni, invece resta immobile a quota 0,15 %. L’inclinazione della yield curve Usa, pertanto, si amplia sino a 69 bps, e fa sperare in una più rapida ripresa dell’economia Usa. Il mercato azionario, infine, traccheggia in attesa dell’esito delle elezioni presidenziali Usa. In particolare, il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, in quest’ultima ottava cede lo 0,53 %, ma si mantiene sempre molto prossimo ai suoi massimi storici.
Tanto premesso, passo ad esaminare gli ultimi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:
Commercial Traders : – 22.858
Large Traders : + 17.028
Small Traders : + 5.830
Si riconferma, pertanto, e si rafforza la nuova recente configurazione del mercato dei derivati azionari Usa. Rispetto alla scorsa ottava, le variazioni, nelle posizioni dei vari operatori, sono state pari a 8.094 contratti. In particolare, i Commercial traders, ovvero le vere MANI FORTI di questo mercato, hanno ormai imboccato una via ben precisa, cedono infatti nuovamente l’intero lotto degli 8.094 contratti long, e consolidano sempre più la loro abituale posizione di copertura, Net Short. I Large traders, invece, continuano la loro corsa agli acquisti, comprano infatti altri 4.354 contratti long, e consolidano ancor più la loro nuova posizione, Net Long. Gli Small traders, infine, acquistano anch’essi i residui 3.740 contratti long, e sembrano ormai decisi ad assumere e restare in posizione, Net Long. Le movimentazioni di quest’ultima settimana danno seguito a quelle della scorsa, e disegnano sempre più nitidamente uno scenario futuro alquanto incerto e molto volatile. Chi segue con assiduità queste mie note settimanali, avrà certamente notato il forte cambiamento avvenuto su questo non molto conosciuto mercato nelle ultime settimane. Le MANI FORTI, che per mesi hanno fortemente sostenuto il mercato posizionandosi Net Long, nelle ultime due ottave hanno invertito decisamente la loro posizione ed il loro orientamento, oggi marcatamente Net Short. Evidentemente intravvedono un futuro non proprio roseo, ed usano questo mercato per coprirsi sempre di più. Come ben sapete io, in questi anni, quasi sempre controcorrente, ho costantemente seguito le loro mosse. E la mia fiducia in loro non è andata affatto delusa. Non ho motivi pertanto per non farlo ancora una volta. In perfetta coerenza riduco pertanto anch’io la mia esposizione long sui mercati, ed incremento il mio precedente livello di copertura. Un mutamento di natura contingente e tattico e non strategico, che non intacca cioè la mia view di fondo che rimane ancor oggi, dopo oltre un decennio, ancora moderatamente rialzista.
Mercato dunque in silente evoluzione, che cercherò di tradare con il mio originale trading system, fondato sull’analisi del Cot Report, nonchè sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi dei due professori Usa, Jegadeesh e Titman, ed illustrato nel mio sito https://longtermmomentum.wordpress.com/. In questa prima parte dell’anno 2020, alquanto complicata, il mio portafoglio, denominato “ AZIONI ITALIA – LTM “, registra un guadagno del 0,48 %. Nel contempo, il nostro benchmark di riferimento, il Ftse All Share, ha subito una perdita del 17,86 %. Conseguita pertanto, sino ad ora, una sovra-performance del 18,34 %, che riconferma la bontà del mio approccio operativo. Nei precedenti 7 anni il mio trading system ha infatti conseguito una sovra-performance media annua dell’ 8,7 %, e presenta un’equity line in progresso del 150 %. Questa settimana, in coerenza con quanto sopra esposto, modifico, come già accennato l’assetto del mio portafoglio, riduco cioè dal 70 al 60 % le mie posizioni long, ed innalzo nel contempo dal 30 al 40 % % le mie posizioni short, ossia assumo una posizione Net Long pari al solo 20 % del mio portafoglio. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ AZIONI ITALIA – LTM “ può, se vuole, consultare direttamente il mio sito.
Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di intermarketandmore buon trading.
LUKAS