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Unione Europea: conviene uscire ora?

Scritto il alle 11:35 da Danilo DT

GREECE/

Qualche giorno fa ho ricevuto un’interessante email di un lettore che tutti conoscete col nickname Paolo41. L’oggetto è l’arcinota questione ellenica: Crisi Grecia.
Siccome ritengo l’argomento molto interessante e i attualità, ho deciso di postare (dietro autorizzazione di Paolo41) l’email ricevuta con una mia rapida risposta, lasciando poi carta bianca ai lettori per eventuali pareri oppure ragionamenti.
Non vi rubo altro tempo…


Pensieri sulla crisi greca, sull’Unione Europea e sull’Italia

Come probabilmente avrai capito da alcuni miei precedenti interventi, sono personalmente molto scettico che un eventuale bailout della Grecia da parte dell’UE sia la soluzione migliore. Provo a spiegarmi:

1-la comunità europea, tenuta in piedi o, forse meglio dire in bilico, da una moneta unica, non ha niente di comune né dal punto di vista culturale né dal punto di vista industriale; anzi la recente crisi ha esasperato le diversità.

2-l’introduzione dell’euro ha introdotto alcuni vincoli e paletti che hanno favorito i paesi economicamente e finanziariamente più forti a scapito di quelli più deboli

3-l’estensione ai paesi dell’est-europa e ex-URSS, al di là delle motivazioni politiche, avevano lo scopo principale di favorire l’espansione commerciale della Germania a scapito dei paesi del sud-europa che, (già penalizzati da un punto di vista logistico), si sono trovati a dover affrontare, all’interno della comunità, la concorrenza di imprese con basso costo del lavoro e valute libere di fluttuare

4-il risultato sono state delocalizzazioni, chiusura di varie produzioni, perdite di posti di lavoro, aumento dell’import

5-infine si è aggiunto il costo di una struttura centrale EU burocratica e faraonica che legifera su questioni pressoché inutili, spesso limitando la libera concorrenza sempre con un occhio di favore per i paesi più forti.

Non possiamo negare che l’entrata dell’Italia nell’euro ha aiutato i governi di allora a gestire con una maggiore severità il bilancio statale, ma mi sembra un paradosso affermare che i nostri governi, a prescindere dal colore, siano diventati “virtuosi” (si fa per dire), perché c’erano i guardiani teutonici a controllarci.

Tornando al punto 1- da un punto di vista culturale, se non esisteva un minimo di univocità prima dell’introduzione dell’euro, con l’avvento della moneta unica e dovendo convivere sotto uno stesso tetto, il differenziale si è naturalmente inasprito rispetto a prima, quando ciascuno era libero di vivere in casa propria: i francesi hanno continuato ad avere sempre più puzza sotto il naso, i tedeschi e gli altri di origine teutonica continuano a considerare gli italiani “terroni e mafiosi” e gli spagnoli solo “terroni” (un giornalista tedesco stanziato in Italia, alcune sere fa, durante la trasmissione Miaeconomia di Sky ha “candidamente “ detto: mai un italiano alla banca centrale europea, riferendosi indirettamente a Draghi); gli inglesi considerano tutti gli europei come una “sottoclasse” e non si sa bene se facciano parte della comunità, gli unici un po’ europeisti sono, guarda caso, gli italiani perché hanno scarsa fiducia nei propri governanti (ancora una volta a prescindere dal colore) e a ruota seguono i greci. Per inciso gli americani considerano l’EU una mezza barzelletta e non hanno molta fiducia su una sua continuità.

Quando alla cultura si affianca la parte industriale si torna alla Germania “uber alles” (magari con qualche ragione), con la naturale invidia di Francia e UK e naturalmente prevale il nazionalismo industriale (guardare cosa è successo nel settore dell’auto) e i governi, direttamente o indirettamente, sostengono l’industria locale.
E’ quello che succedeva anche in Italia alcuni anni fa, dove alcune grandi aziende statali e private avevano la possibilità di confrontarsi a livello europeo; magari il sistema era, talvolta, corrotto, ma oggi non ci sono più aziende ed è rimasta invece una predisposizione alla corruzione. Dobbiamo purtroppo renderci conto che oggi, in Italia, non esistono aziende leaders in qualsivoglia tecnologia (anche solo a livello europeo): si salva l’ENI, fra le medie Ferrero e Campari, forse Tenaris, Atlantia è un’ anomalia, perché dovrebbe essere un’azienda statale, Finmeccanica è un mezzo rebus, Fiat deve ancor dimostrare di poter sopravvivere. Negli ultimi dieci/venti anni parecchie aziende italiane che avevano una valenza tecnologica sono state vendute ad altre aziende estere, la maggior parte sono state smantellate e la tecnologia è “desaperida” dall’Italia con decine di migliaia di posti di lavoro. Non siamo ancora a livello Grecia o Portogallo e, forse, nel complesso siamo un po’ meglio della Spagna, ma essendo rimaste in Italia pochissime tecnologie con un minimo di barrieramento a livello di prodotto e/o a livello di processo, continueremo a subire la concorrenza dei paesi a basso costo del lavoro con l’unica alternativa, per le aziende, di continuare a delocalizzare le attività produttive.

D’altra parte sembra irrealistico pensare che i consumatori greci (e quelli dei paesi sud-europei) cesseranno di comprare telefoni cellulari o televisori o qualsivoglia oggetto elettronico o sistemi di comunicazione o, per esempio, prodotti farmaceutici, cioè tutti quei prodotti che non fanno parte del loro sistema industriale ma che invece sono sempre più nel loro desiderata dei consumi o nelle loro necessità… e con cosa li pagheranno??? ..con l’olio d’oliva e con le entrate del turismo, sempre più concorrenziato ?? E’ facile immaginare che non riusciranno mai ad avere un avanzo primario positivo, a meno di grossi stravolgimenti sociali (ci stanno provando, ma il rischio che tutto si rivolga contro è elevatissimo).
Se questo è il quadro, vengo al punto perché non conviene il bailout né alla Grecia né …… agli altri paesi che potrebbero seguire a ruota. Credo che l’ interesse della Germania o della Francia a salvare le esposizioni che alcune banche hanno nei confronti della repubblica ellenica sia da mettere in parallelo all’interesse che tali nazioni, più forti industrialmente, hanno nel mantenere l’attuale status quo, perché i paesi più deboli sono ancora interessanti mercati di esportazione per le aziende tedesche e/o francesi e ancora per qualche anno conviene…spremerle, mantenendole nell’euro. Se la Grecia e con effetto domino altri paesi, come l’Italia, decidessero di uscire e ritornare alle loro iniziali monete, la immediata conseguenza sarebbe una svalutazione di tali valute nei confronti del $, forse meno nei confronti dell’euro, ma subito dopo anche una svalutazione del debito e una ripresa concorrenziale delle esportazioni, una ripresa del turismo…aumenterebbero i costi dei prodotti importati e delle materie prime, le aziende dovranno recuperare in produttività, sarà necessario per un certo lasso di tempo ridurre i consumi superflui, andare meno in auto per ridurre le importazioni di petrolio, ma nel frattempo cadrebbero i paletti imposti alle nostre aziende che hanno ancora una minima possibilità di esportare, alle aziende alimentari, alle produzioni agricole, casearie etc, al turismo (importante parte del nostro Pil), si ridurrebbero le importazioni dai paesi cinesi e asiatici, bloccando quelle che arrivano in dumping senza gli attuali compromessi mistificatori delle agenzie EU, parecchie delle aziende locali ricomincerebbero a produrre localmente e a investire nuovamente nella ricerca e si creerebbe, nel medio termine, un giro virtuoso.

In teoria converrebbe anticipare i tempi fino che è ancora possibile, perché quando le nazioni più povere saranno del tutto spremute, Germania& comp si guarderanno bene da fare qualsiasi bailout. Oggi a loro conviene salvare la Grecia per evitare l’effetto domino sui Piigs e altre nazioni che uscirebbero dall’euro causando grosse perdite di mercato alle aziende dell’Europa centrale.
D’altra parte che alternativa hanno la Grecia e a ruota i paesi Piigs, rimanendo nell’euro??? Cercheranno di ridurre il debito facendo enormi sacrifici sociali, aumenteranno la fiscalità sulle persone e sulle aziende, minando qualsiasi possibilità di sviluppo, anzi causando una ulteriore fuga delle attività produttive.
Non illudiamoci, inoltre, che una ripresa dell’economia trainata da altre nazioni ci prenda a rimorchio, perché i posti di lavoro persi e/o trasferiti in altri paesi non torneranno e non saranno più recuperati con conseguente inasprimento del contesto sociale (ne abbiamo avuti vari esempi in questi ultimi mesi).
I Piigs non saranno mai in grado di ridurre il loro debito perché, in questa situazione, non capaci di produrre un avanzo primario e saranno alla fine buttati fuori dall’euro. Se ci domandiamo perché la Svizzera non è neppure entrata nell’euro o perché l’UK, la Norvegia o la Svezia non abbandonano le loro valute cosi come le Asian countries o quelle dell’America latina non adottano una moneta comune o perché, paradossalmente, la Cina non intende rivalutare lo yuan, troviamo una risposta alle nostre domande: tutte vogliono difendere la propria industria nazionale.
L’euro ha invece creato un oligopolio di potere, limitato a Germania e Francia, e tanti paesi satelliti… tutti da sfruttare.

Non sarebbe quindi da escludere l’ipotesi che i nostri governanti e i responsabili della Confindustria e dei sindacati trovino il coraggio e l’
orgoglio di programmare una uscita graduale dall’euro, ammettendo gli errori commessi, ma con la speranza di poter fare ancora qualche tentativo prima di scivolare completamente nel fallimento, come si sta prefigurando per la…Grecia.

La mia rapida replica

Caro Paolo, la tua lettura della situazione è sicuramente dura ma non per questo non condivisibile.
Purtroppo l’Euro ha portato tanti problemi, buona parte dei quali riscontrabili oggi con l’arrivo della crisi greca, ma ha anche portato qualche cosa positiva.
In linea di massima la cosa di cui mi sento di accusare in modo esplicito chi ha voluto l’Euro è l’aver fatto le cose troppo in fretta e male.
E chi ci guarda da fuori, ha capito benissimo che questa Unione Europea è un fatto che non ha le basi solide che noi pensavamo di ritrovarci.
Però…. uscire ora?
Si, hai ragione, darebbe maggiore spazio di manovra ai governi, maggiore libertà (anche per le svalutazioni), ma anche maggiore instabilità e soprattutto maggiore perdita del potere di acquisto della nostra (rinata a qual punto) Lira.
E poi… come lo si gestirebbe lo “shock” da uscita? Non pensi che potrebbe arrivare un’ondata speculativa che tenderebbe a massacrare il mercato?
Secondo me l’uscita dall’Euro non è una cosa semplice. A questo punto, come dicevo qualche giorno fa in un post dedicato sulla necessità di rifare il patto di stabilità, questa crisi ci ha lasciato un grande messaggio: l’UE è stata generata in modo frettoloso. Ora bisogna cogliere la palla la balzo e generare un nuovo patto di stabilità. nuove regole, nuove norme, magari anche più elastiche. E perchè no, anche prevedere in modo dinamico la possibilità di uscire adll’UE al raggiungimento di particolari condizioni.


Questo in sintesi il succo del discorso. Ovviamente il vostro punto di vista è ben accetto…

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