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Rischio deflazione generalizzato. Ma non ovunque.
Lo spettro della deflazione è presente un po’ ovunque nel mondo.
Nell’Eurozona, dove Draghi sta per partire con un’operazione “monstre” di politica monetaria proprio per debellarne il rischio, in Giappone dove oggi, grazie alle tonnellate di Yen stampate dalla BOJ si rivede un po’ di “vecchia inflazione” ma guai a mollare la guardia. Negli USA dove i dati più recenti non sono ben auguranti.
(…) nel mese di gennaio l’indice grezzo dei prezzi al consumo è diminuito dello 0,7% rispetto a dicembre (il consensus era per un calo dello 0,6%). Su base annuale l’indice ha registrato un decremento dello 0,1%. L’indice Core (esclusi energetici ed alimentari) ha mostrato una variazione positiva dello 0,2% rispetto al mese precedente dopo la de variazione nulla della rilevazione precedente. Su base annuale l’indice e’ salito dell’1,7%. Le attese erano per un incremento dell’1,6%. (Source)
Quindi “tutti a rischio deflazione”? Proprio tutti, no. Anzi, qualcuno ha problemi ben diversi. Se da una parte c’è un mondo che non sa più che inventarsi per far circolare il denaro nell’economia reale, ecco che ci sono anche dei paesi che invece hanno il problema che assillava il nostro paese qualche decennio fa: tasso inflazione galoppante.
Ovvio, è una provocazione vista la “qualità” dei paesi presi in esame. Ma non dimentichiamo che per questi paesi l’impennata dell’inflazione a livelli ingestibili è un problema enorme. Banalizzando, pensate al Venezuela. Si ritrova con un petrolio a metà prezzo e con il bolivar che ormai è carta straccia: come farà a pagare i suoi debiti, anche quelli di prima necessità che consuma nell’ordinario?
Non è quindi un caso che proprio questi paesi siano quelli che secondo una classifica di Bloomberg, siano considerati i paesi più “miserabili”.
Inflation is a disease that can wreck a society, Milton Friedman, the late Nobel laureate economist, once said. Add rising unemployment to the diagnosis, and his profession ascribes a rather non-technical term to the debilitating effect on people: misery.
That affliction this year will be most acute in Venezuela, Argentina, South Africa, Ukraine and Greece — the five most painful economies in which to live and work, according to Bloomberg survey data that make up the so-called misery index for 2015. (It’s a simple equation: unemployment rate + change in the consumer price index = misery.)
Interessanto notare in questa classifica paesi come Grecia, Italia e Spagna. Questo perchè alla componebte “inflazione” (che per questi tre paesi oggi non è un problema) occorre aggiungere la disoccupazione per creare quello che si chiama “Misery Index”. E questo deve suonare come un campanello d’allarme alle orecchie di qualcuno.
Five years after investors popularized the term “PIIGS” to describe a handful of European countries with bloated budget deficits, four of those five countries remain in dire straits, according to their projected misery indexes.
Greece is 5th, Spain is 6th, Portugal is 10th and Italy is 11th in this year’s ranking, though each show about average projected income levels relative to survey peers. (Ireland happily sits further down the chain at No. 16 in the misery ranking and with a much-better-than-average GDP per capita of $48,787. The 51 economies in our misery index average GDP per capita of $31,079.)
Quindi ben 4 PIIGS su 5 si trovano al “top” della classifica del Misery Index. E non è certo un bel segnale.
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Si sono dimenticati degli usa con il 30 % delle famiglie a rischio bancarotta. Oppure nn li vedo io. L’ucraina con guerra in corso e fallita da tempo a ridosso di grecia e spagna da l’idea che questo grafico sembra una bella michiatella. Nn me ne voglia chi lo ha pubblicato..
Scusate, sto notando in questi giorni delle diminuzioni strane nei 2 10 30 year note USA, questo mi fa pensare che forse l’ aumento dei tassi non è poi così lontano. Anche il dollaro si sta leggermente rivalutando confermando questi movimenti.