Macroeconomia e oro: Abenomics, iniziano le tensioni sui mercati

Scritto il alle 08:06 da Roy Reale

GUEST POST: il barometro settimanale dell’oro. Gli avvenimenti più importanti della settimana e il ruolo dell’oro nei portafogli di investimento e delle banche centrali.

Forti tensioni sul mercato azionario e obbligazionario, soprattutto nipponico, hanno contrassegnato la settimana finanziaria.

Mercoledi’ il tasso sul decennale giapponese aveva toccato i massimi da un anno a questa parte, toccando l’1%. Questo rialzo nei rendimenti deve essere interpretato come un segnale negativo riguardo la politica ultra espansiva della Bank of Japan.  Tramite la sua politica ultra espansiva (Abenomics) la BOJ sta tentando di conseguire due obiettivi contraddittori: da un lato ottenere un rialzo dell’inflazione con target al 2%, dall’altro lato  tentare di schiacciare al ribasso i rendimenti dei tassi a lungo termine (in modo da non mettere a repentaglio la sostenibilita’ del debito pubblico gia’ arrivato a toccare il 236% del PIL).

Giovedi’ l’indice azionario Nikkei e’ sprofondato al ribasso del 7,3% nell’arco di una sola giornata di trading. Le turbolenze sulla borsa nipponica sono scattate quando i tassi sui decennali sono balzati all’1% per la prima volta da aprile 2012. Il dollaro e’ salito a oltre quota 103 sullo yen.

A innescare materialmente la miccia ribassista sul Nikkei sono stati i fondi speculativi internazionali (Hedge Funds). Questi hanno cominciato a ridurre fortemente le posizioni rialziste sull’indice nipponico (tramite contratti “futures”) convertendoli in posizioni ribassiste giovedi’ e dando via al forte cedimento.

Il board della Bank Of Japan ha dovuto iniettare immediatamente 2 mila miliardi di yen sul mercato per fornire prestiti a breve alle istituzioni finanziarie al fine di calmierare l’aumento della volatilita’ sui tassi a lungo termine.  Ad aggravare la giornata, nel contempo, arrivava la notizia che l’attivita’ manifatturiera in Cina si e’ contratta per la prima volta in sette mesi. L’indice PMI (che misura i livelli degli acquisti aziendali) e’ scivolato sotto quota 50 da settembre 2012. L’industria cinese rallenta e soffre piu’ del previsto. Frenano le aziende statali ma anche il settore privato.

La caduta dell’indice Nikkei e il rialzo dei rendimenti obbligazionari nipponici hanno aperto un  pericoloso  squarcio  nella  bolla  globale  sull’azionario  e  sull’obbligazionario. Forti cali si sono registrati anche sulle Borse europee. Questo calo e’ da considerarsi come una prima lacerazione della bolla globale sui due mercati. le Banche Centrali ci hanno messo una pezza ma le due bolle si stanno pericolosamente gonfiando mese dopo mese.

Il Nikkei per esempio e’ salito del 50% da inizio 2013 e dell’80% da novembre 2012. Il balzo dell’indice nipponico ha rivelato (se ce n’era bisogno), che lo stratosferico rialzo non e’ giustificato dai fondamentali dell’economia. I dati sul PIL del primo trimestre facevano intravvedere un rilancio dell’economia quando in realta’ le spese per investimento in conto capitale da parte delle aziende sono in calo, i salari ristagnano (cosi’ come la domanda interna), lo yen debole rende piu’ care le importazioni di materie prime (soprattutto energetiche) e le esportazioni dipendono non solo dal fattore d’indebolimento valutario ma dalla domanda globale mondiale.

Il consumatore giapponese risparmia ancora una percentuale insolitamente alta del proprio reddito, le imprese devono pertanto mantenere un alto tasso di investimento affinche’ l’economia non abbia una domanda troppo esigue.  A farne le spese sono stati anche i titoli di Stato italiani e spagnoli (che hanno accusato il colpo). Il rendimento del decennale italiano (BTP) e’ cresciuto oltre il 4%, mentre i Bonos spagnoli a 10 anni sono andati oltre il 4,28%. Lo spread tra il BTP decennale italiano e il Bund tedesco e’ cresciuto a quota 275,23 punti base contro i 253 punti base di mercoledi’, toccando un massimo di 279,77 punti base.

Sul versante statunitense Ben Bernanke ha confermato la manovra di allentamento monetario da 85 miliardi di dollari al mese salvo poi contraddirsi (l’ennesimo bluff per “sostenere” l’illusoria forza del biglietto verde)  affermando che la manovra espansiva potrebbe essere rivista in frenata entro fine anno. 

La solita simulazione gia’ sentita in passato. In realta’ la FED non si assumera’ mai la responsabilita’ diretta di aver mandato a picco i mercati azionari e obbligazionari. La FED non ha alcuna exit strategy credibile per uscire dai piani di “stimolo” varati. I mercati azionari ormai dipendono dal ritmo di acquisto di assets obbligazionari da parte della FED. Quest’ultima ha creato una vera e propria tossicomania sui mercati azionari, i quali non possono piu’ fare a meno delle continue iniezioni di  moneta da parte della Banca Centrale Statunitense pena lo sgonfiamento drammatico e repentino della bolla speculativa piu’ grande della Storia.

L’unica exit strategy della FED e’ continuare nella propria politica espansionistica, all’infinito.  Del resto  il biglietto verde non sta salendo a causa della forza dei fondamentali economici USA. Non v’e’ evidenza di una credibile ripresa dell’economia a stelle e strisce. Tutt’altro. Si riscontra una crescente disoccupazione, massimi livelli storici di americani che sopravvivono grazie ai buoni pasto, calo delle vendite al dettaglio e tanti altri dati che non lasciano intravedere una vera ripresa.

Il dollaro americano sale perche’ i suoi diretti concorrenti stanno facendo addirittura peggio. Lo yen sprofonda proporzionalmente alla “salita” del Nikkei (che in realta’, in termini valutari, si sta addirittura deprezzando). L’Euro sta risentendo negativamente della trappola delle politiche d’austerita’ imposte dalla Germania di Frau Merkel ed Herr Schauble ai paesi periferici.

In linea teorica il dollaro americano dovrebbe godere di buona salute. Ma in un mondo di “svalutazioni competitive” e’ vero invece il contrario. La svalutazione monetaria rende piu’ attraente le esportazioni sui mercati internazionali. Da questo punto di vista il Giappone starebbe “vincendo” la partita (paradossalmente, grazie proprio alla perdita di valore della sua valuta).

In un universo economico e finanziario completamente capovolto sara’ giocoforza per la FED scatenare ulteriori allentamenti monetari, magari duplicando l’atttuale Quantitative Easing, al fine di “deprezzare” il biglietto verde e sostenere l’export e la bilancia commerciale.  Pertanto il quadro economico mondiale rimane estremamente incerto. I principali rischi per la stabilita’ finanziaria sono connessi con un’eventuale esplosione della bolla sui mercati azionari e obbligazionari (per ora solo rimandata), la prolungata recessione, la spirale tra debolezza della domanda globale, rischi sovrani e fragilita’ del settore finanziario.

Il mercato obbligazionario appare altamente vulnerabile.

La riduzione dei tassi di interesse sui titoli di Stato  di alcune economie e’ artificiale e veicolata dall’enorme liquidita’ che ha inflazionato gli assets obbligazionari. Molti di questi Stati presentano alti disavanzi pubblici, alto indebitamento privato, debolezza del settore immobiliare e dell’occupazione; tutti questi fattori destano timori di un possibile scoppio della bolla sull’obbligazionario i cui rendimenti sono ai minimi storici mentre le quotazioni hanno raggiunto prezzi stellari.

Siamo in presenza di una pericolosa situazione deflazionistica globale.

Questa si desume dai seguenti fattori; riduzione generale del livello dei prezzi; contrazione dell’espansione creditizia e del denaro disponibile; crollo della spesa per investimenti; la diminuzione della spesa riduce vendite e profitti, crea alti tassi di disoccupazione. La deflazione si nutre di se stessa.

A un certo punto il mondo economico e finanziario capovolto si scontrera’ con la realta’ provocando un’enorme collisione. La resa dei conti prendera’ il via, molto probabilmente, con un crollo delle quotazioni delle obbligazioni giapponesi e un repentino rialzo dei loro rendimenti. Di conseguenza avremo una detonazione sui mercati azionari globali. Giunti a quel punto, onde evitare un primo effetto contagio a tutto il Sud-Est Asiatico (e poi a tutto il globo), le Banche Centrali saranno indotte a triplicare, a quadruplicare i loro “Piani di Stimolo”, ovvero puntelleranno la bolla del debito globale con un’espansione monetaria senza alcun precedente.

La giustificazione sara’ la “lotta alla depressione  deflazionistica globale”. Dalla deflazione il mondo intero balzera’ verso l’inflazione  (in alcuni casi potremmo anche assistere a tensioni iper-inflazionistiche). L’economia e il settore finanziario mondiale sono paragonabili a  un enorme castello di carta costruito su sabbie mobili. L’equilibrio dello stesso e’ precario e striscia pericolosamente sul filo di un rasoio. Basta una lieve scossa e il castello di carte rischia di crollare su se stesso.

A inizio settimana vendite speculative sull’argento

All’apertura dei mercati asiatici, a inizio settimana, forti vendite speculative si sono abbattute sull’argento causando un “flash crash” del 10% in soli 4 minuti di contrattazioni (passando da $22,36 oncia a $20,30 oncia – grafico sotto).

E’ molto probabile che la causa sia rintracciabile in un grande ordine di vendita da parte di un hedge fund o banca speculativa, in un momento della giornata di trading in cui il mercato era particolarmente illiquido sul lato della domanda.

Quando l’argento ha sfondato al ribasso i $22,00 l’oncia sono scattati gli “stop loss”. Le vendite tecniche hanno ulteriormente esasperato la pressione ribassista causando il “flash crash”.   Successivamente i prezzi sono rimbalzati del 6,8% ma le quotazioni rimangono ai minimi da Settembre 2010 nonostante la forte domanda per investimenti (monete e lingotti). Il rapporto di prezzo tra oro e argento (Gold/Silver ratio) e’ ai massimi. Un’oncia d’oro vale 63 once d’argento, quasi il doppio rispetto ad aprile 2011 quando l’argento era quotato ai suoi massimi.

La debolezza dell’argento sconta il “premio” per l’appetito al rischio degli investitori globali che colti dall’euforia del denaro facile che fluisce grazie alle emissioni delle Banche Centrali si riversa sul mercato azionario e obbligazionario.  A livello di utilizzo industriale l’argento paga il relativo rallentamento del mercato del fotovoltaico. Il  90%  delle  celle  solari  degli  impianti  fotovoltaici sono  costituite  con  un  impasto  di  argento. Questo rallentamento e’ di carattere transitorio. Il primo produttore di celle solari e’ la Cina; subito dopo viene il Giappone.

 Il Paese del Sol Levante si appresta a diventare il piu’ grande produttore al mondo di celle solari. Il Giappone, dopo il disastro nucleare di Fukushima, ha varato tre grandi progetti per l’espansione del settore del fotovoltaico (che sostituira’ parte dell’energia nucleare).  Sono gia’ state realizzate due joint-venture (tra la Toyota Corporation e la Tokyo Electric Power – tra la Nippon Paper Industries Company e la Mitsubishi Corporation).

Sono stati varati grandi progetti infrastrutturali per l’installazione delle celle. Tali progetti saranno realizzati entro la fine del 2015 grazie anche agli incentivi del Governo.  Entro la fine del 2015 il Giappone avra’ installato impianti fotovoltaici per una potenza stratosferica di ben 636 Milioni di Watt (Mega Watt). Il Paese del Sol Levante, pertanto, fara’ da traino alla domanda globale di argento.

Riccardo G. – Deshgold

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