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ITALIA: non solo politica interna. Occhio anche alla politica estera

Scritto il alle 12:55 da Danilo DT

GUEST POST: Il nostro Bel Paese è una Cenerentola o una Principessa?

Dove va la politica estera italiana in un mondo che continua inesorabilmente a cambiare? A questo interrogativo ha cercato di rispondere un Rapporto redatto da Iai, Ispi e Nomisma per conto dell’ufficio studi di Finmeccanica. Parlare di politica estera in Italia non è mai stato agevole. Il tema viene considerato o troppo distante dagli interessi concreti della gente o troppo complicato per divenire oggetto di dibattiti politici o giornalistici. Si è spesso detto che la politica estera ha una posizione “ancillare” rispetto alle altre politiche pubbliche ed è quindi da trattare in subordine ad altre priorità.

A dire il vero questa considerazione vale anche per altri paesi, perfino per una grande potenza come gli Usa, dove le elezioni notoriamente si vincono su temi economici o di politica interna. Solo di fronte ad avvenimenti traumatici come la recente uccisione dell’ambasciatore americano in Libia le questioni internazionali tornano in primo piano, magari solo per il tempo strettamente necessario a fare passare l’emozione del momento. Ma una cosa è l’impatto della politica estera sulle opinioni pubbliche, l’altra è la responsabilità e la priorità che i governi devono attribuire alle relazioni internazionali.

Priorità geostrategiche

Paradossalmente per un paese non-grande-potenza come l’Italia la politica estera dovrebbe rivestire un ruolo ben maggiore di quello che anche una superpotenza può permettersi: il nostro paese, infatti, dipende strutturalmente dall’estero sia per la sua debolezza economica, energetica e perfino politica, sia per la sua collocazione geostrategica, allo snodo di un’area di straordinaria complessità.

Sono tre i livelli verso cui è necessario rivolgere un impegno prioritario.

Il primo è ovviamente quello dell’Unione europea. Che l’Italia dipenda direttamente da ciò che si decide a Bruxelles, e magari a Berlino, non ha bisogno di dimostrazione. La maggiore parte di attività “estera” del governo Monti si è concentrata proprio in questa direzione ed è su di essa che sarà valutato anche il suo successo “interno”. Mai come in questo periodo si è misurato appieno lo strettissimo legame fra politiche europee e risultati domestici.

Il secondo livello è quello nei confronti del Vicinato, il grande arco di crisi e di sviluppi politici ed economici che circondano da Est a Sud il nostro paese. L’esperienza della guerra in Libia ha dimostrato ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’estrema vulnerabilità e dipendenza dell’Italia dagli accadimenti esterni e la necessità di approntare politiche e posizioni negoziali che non ci trovino più impreparati.

Nella terza dimensione, quella mondiale, ci troviamo oggi alle prese con un multipolarismo sempre più aggressivo e competitivo, nei confronti del quale le nostre passate rendite di posizione vengono continuamente messe in discussione e necessitano di risposte immediate e altrettanto aggressive.

Diverso approccio

Di fronte a questi scenari in continua evoluzione possiamo permetterci il lusso di considerare la politica estera come un oggetto secondario della nostra attività politica, imprenditoriale e di sicurezza? La risposta che viene data nel rapporto è ovviamente negativa ed è anzi corredata da alcuni suggerimenti di riforma e di metodo. In particolare:

Compiti a casa. La progressiva marginalizzazione del paese si combatte innanzitutto sul fronte interno. Il vincolo esterno tradizionalmente rappresentato dall’Ue non è più sufficiente, come dimostrato dal mancato rispetto dell’Italia dei criteri di convergenza macroeconomica di Maastricht. Per di più, in una Ue sempre più intergovernativa (malgrado l’esistenza dei trattati) è necessario tenere presente che un gruppo di paesi forti può decidere di fare anche a meno dell’Italia. Con cooperazioni rafforzate interne o esterne ai trattati è sempre possibile procedere senza il nostro paese. Gli sforzi verso le riforme strutturali interne (comprese quelle istituzionali) devono quindi essere promossi innanzitutto da noi. È anche l’unico modo per riguadagnare credibilità.

Legame interno/esterno. Un criterio da adottare con maggiore chiarezza nelle azioni e decisioni politiche è quello di legare sempre più strettamente politica interna e politica estera (in particolare europea). I due termini dell’equazione devono essere fra loro compatibili. Sarà in base a tale criterio che dovrà anche essere valutato il nostro interesse a partecipare alle iniziative politiche e alle azioni promosse sia in ambito Ue che al di fuori di essa (vedi il caso delle missioni militari).

Capacità di iniziativa. In un sistema sempre più multipolare e intergovernativo gli interessi nazionali si difendono con proposte e iniziative su temi e politiche sia in ambito Ue che nei rapporti bilaterali con i partner. Le iniziative, per di più, vanno prese con largo anticipo rispetto agli eventuali accadimenti: il richiedere interventi da parte dell’Ue e dei nostri partner quando il fatto è già accaduto, o nel pieno della crisi, inibisce il valore della proposta (vedi la ritardata richiesta alla Ue di una politica comune dell’immigrazione quando la crisi era ormai al culmine).

Coalition building. Per essere più credibili ed efficaci, le proposte e iniziative in ambito multilaterale devono essere preferibilmente sostenute da un gruppo di paesi mossi dagli stessi interessi e capaci di farsi ascoltare dagli altri partner. All’interno dell’Ue, in particolare, non si tratta solamente di privilegiare il rapporto con Francia e Germania (anche se quest’ultima rimane per l’Italia un partner fondamentale), ma di coinvolgere altri paesi, grandi e piccoli, purché orientati a condividere le nostre scelte. Questa tattica è spesso mancata all’Italia.

Strumenti. Il discorso deve poi spostarsi sugli strumenti e le risorse che la politica estera e di difesa deve avere a propria disposizione per essere efficace e credibile. La questione non riguarda semplicemente le risorse finanziarie, ma soprattutto la loro ottimizzazione e a una struttura che ne favorisca il migliore impiego. Temi come il coordinamento fra il servizio diplomatico nazionale e l’appena costituito Servizio diplomatico europeo, o quello mai completamente risolto fra le nostre amministrazioni competenti; il ruolo di impulso della Presidenza del Consiglio e la costituzione di organismi tipo il National Security Council americano, devono essere ripresi e rilanciati nell’ottica di una maggiore coerenza fra aspetti interni ed esterni dell’azione europea e internazionale dell’Italia.

Think Tanks. In un tale quadro sarebbe anche utile istituire procedure per favorire la cooperazione con gli istituti di ricerca nazionali per l’analisi delle politiche e delle prospettive e la discussione di possibili scenari, nonché l’elaborazione di proposte che arricchiscano sia il lavoro dell’amministrazione sia il dibattito pubblico sulle politiche proposte.

Questi obiettivi non riguardano ovviamente solo il governo Monti, che ha fatto del suo meglio per seguirli, ma sono diretti alle forze politiche e ai governi che seguiranno. Va fatto uno sforzo particolare per sprovincializzare il dibattito e le azioni dell’Italia , considerando che quello che succede intorno al paese non può essere subìto con la passività di una politica estera in gran parte reattiva e quasi mai propositiva.

Source: AffarInternazionali

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DT

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