Il LAVORO si crea o si distrugge?
Un’attenta analisi macroeconomica che parte dal mercato del lavoro, passando dal debito aggregato e dalle trimestrali USA, fino a giungere al problema dell’immigrazione. Un mondo che sta mutando e il sistema economico sociale non potrà rimanerne immune. Guest Post by Paolo41
Si fa un gran parlare del prossimo aumento dei tassi USA da parte della FED (ormai sembra proprio un capriccio della Yellen, comunque ammettiamo pure che sia dicembre prossimo) ma non possiamo trascurare il fatto che la situazione economica americana e il contesto mondiale che la stessa interfaccia, non permetteranno un aumento superiore a 0,25 punti base (oggi oscillante fra “0” e 0,125) e tale valore è già stato abbondantemente “digerito” dal mercato, nel senso che salvo le quasi sicure reazioni emotive e speculative al momento dell’annuncio, nel giro di qualche giorno ci ritroveremo in una situazione analoga a quella che precede l’annuncio.
Il dato di fatto è che tutte le banche centrali stanno cercando di aumentare la propria inflazione (inondando il mercato di liquidità) visto che la maggior parte delle economie che contano nel contesto mondiale sono fortemente indebitate e un po’ di inflazione allenterebbe la tensione sul debito. Non sono neppure da considerare eccezioni quei paesi (la Cina è il classico esempio) che si trincerano dietro sostanziose riserve ma hanno sistemi bancari fortemente esposti sul credito; anzi la banca centrale cinese continua a svalutare lo Yuan e a ridurre il ratio delle riserve delle banche per favorire i crediti allo sviluppo di nuovi investimenti nella speranza di sollecitare i consumi interni.
L’enorme massa di liquidità immessa sui vari mercati ha finora avuto scarsi effetti sull’economia reale; le aziende, in una visione generale, sono diffidenti a investire, molte sono piene di liquidità che hanno usato per comprare azioni proprie,mentre si stanno concentrando in una continua ricerca di aumento di produttività. Di pari passo i tassi al credito sono all’osso con enorme vantaggio per chi volesse investire o rifinanziare il debito a scapito del sistema bancario che opera ormai con margini risicati. A ciò aggiungasi i sempre più restrittivi parametri richiesti dalle banche centrali in termini di sicurezza degli assets delle banche operative che sono frenate a fare impieghi poco sicuri.
In aggiunta quest’ultime in generale sono piene di crediti vecchi, parecchie sono preoccupate per l’alta probabilità di insolvenza di tali crediti. Non credo che la situazione di incagli e sofferenze che caratterizza il sistema bancario italiano sia limitato a casa nostra. Così come non possiamo distrarre l’attenzione da quei paesi del nord-Europa che hanno debiti privati 2 o 3 volte superiori al reddito nazionale pur avendo un rating elevato sul debito pubblico. Con i margini di intermediazione ridotti all’osso per il sistema bancario, in generale, non si intravede un futuro roseo. A mio avviso è la principale ragione per cui Draghi insegue l’inflazione: senza margini la banche affogano.
Altro assioma è che ove salga l’inflazione cresca automaticamente la domanda di beni : molto discutibile, tanto più se tale inflazione è legata ad un aumento dei tassi. Diverso sarebbe se si verificasse un aumento dei redditi medi a parità di tassi perché significherebbe che si sta verificando una maggiore richiesta di Manpower e che l’economia reale ha ripreso a tirare.
A tenere bassa l’inflazione ci ha pensato anche il prezzo del petrolio, così come quello delle materie prime sia per il calo della domanda mondiale (Cina in primis) sia per l’aumento del $.
In ultima analisi ci troviamo con un’economia mondiale che cerca di stare a galla e in questo ambito si è scatenata una forte guerra sulle valute quando è ben noto che non è tramite tali interventi monetari che si può rilanciare la domanda e la creazione di valore aggiunto. Si potrebbe quasi dire (ed abbiamo ormai molti esempi in proposito) che hanno ottenuto l’effetto opposto cioè una generalizzata diminuzione dei tassi e dell’inflazione che non suscita, ciò nonostante, entusiasmo né sulle imprese né sulla domanda privata.
Occorrerebbe avere il coraggio e l’avvedutezza di rilanciare investimenti in infrastrutture, specialmente quelle che facilitano la mobilità delle merci sia rendendo il costo del trasporto più competitivo sia riducendo i tempi di consegna, migliorando tutto il sistema logistico. In questo campo la sempre disunita EU fa tante chiacchiere e pochi fatti; gli USA dormono, non hanno possibilità di aumentare il debito. Le corporate,sfruttando i tassi bassi, hanno emesso obbligazioni a gogo e con la liquidità hanno comprato azioni proprie, a dimostrazione che hanno paura ad affrontare il mercato; l’unica è la Cina che, ridotti al minimo gli investimenti in casa, sta cercando disperatamente di allargare attraverso la così detta “via della seta” nuovi più veloci accessi a tutti i paesi dove intravede possibilità di incrementare lo scambio commerciale (e indirettamente con il tempo una presenza stabile).
Le ultime trimestrali indicano che i profitti delle aziende, salvo le solite eccezioni, cominciano a contrarsi e in USA cominciano a protestare per l’incidenza negativa dell’ aumento del $ sui bilanci. Sempre rimanendo sul tema statunitense la spasmodica ricerca di efficienze porta ad aumentare l’uso di sistemi automatizzati in produzione e a espandere la digitalizzazione nelle overheads con il risultato, a parità di quantità prodotta, che assisteremo a ulteriori riduzioni di personale. Sono finiti i tempi dove mensilmente le assunzioni giravano su una media di 200.000 addetti. Non facciamoci illudere dagli ultimi dati: passato il periodo natalizio assisteremo ad una sempre più marcata riduzione delle nuove assunzioni accompagnata da un probabile graduale aumento della popolazione non occupata (oggi chi perde il lavoro sopra i 50 anni di età difficilmente trova un’alternativa, USA inclusa).
D’altra parte non si intravedono importanti breaktrough che possano ribaltare la situazione: le ricerche più importanti sono in campo medico e biologico e tendono ad allungare la vita media dell’individuo, aumentando peraltro gli oneri sociali. La progressiva sofisticazione della digitalizzazione nelle aziende può migliorare la produttività ma non può essere considerata un fattore determinante per configurare un diverso scenario .
Nuovi sistemi di propulsione dell’auto (sto pensando all’utilizzo dei motori ad idrogeno o alla trazione elettrica, ad esempio) potrebbero essere considerati un break trough. Finora a livello macro la vera innovazione fu la nascita dell’auto e la sua industrializzazione e non i numerosi miglioramenti che ha subito negli anni. Certo è che le propulsioni prima indicate ( prevedibili in significativa produzione fra 10-15 anni ad essere ottimisti) avrebbero importanti riflessi sul costo del petrolio e sul contenimento delle emissioni e sarebbero una vera rivoluzione nel campo della mobilità, dell’energia e dell’ambiente.
Lo shale oil è stata una vera innovazione , pur con i suoi attuali limiti di costo e di emissioni nocive, ma abbiamo visto che razza di scombussolamento ha generato nel mondo del petrolio. Le aziende che operano nel settore “shale” attraversano un difficile momento, ciò nonostante le più importanti stanno migliorando la tecnologia di produzione riducendo sensibilmente costi ed emissioni. Ma anche lo shale oil non potrà avere ulteriori effetti sconvolgenti sullo scenario generale.
Tutti i sistemi di produzione di energia pulita sono da considerarsi breaktrough ma hanno ancora troppi limiti per prevedere un loro veloce estensione.
Anche i vari sistemi di comunicazione digitale sono stati un grosso passo avanti per l’economia mondiale. E ‘ indubbio che snellendo e velocizzando il dialogo e riducendo i tempi dell’informativa hanno contribuito ad una riduzione dei costi aziendali.
Nel quadro generale sopra descritto ci sono tutte le premesse per favorire M&A alla ricerca di nuove efficienze e maggiore competitività. D’altra parte la tendenza a globalizzarsi non fa altro che alimentare la simbiosi di aziende e di esperienze, riducendo nel contempo i costi e le incertezze di affrontare nuovi mercati. Se prendiamo ad esempio l’Italia, caratterizzata da aziende che raramente hanno dimensioni internazionali, troviamo che spesso sono state prede o hanno preferito fare joints con partners stranieri più forti in termini sia economici sia di dimensioni e tecnologia. Anche le M&A sono foriere di efficienze e spesso di riduzione delle forze del lavoro; è di oggi, ma lo avevamo previsto fin dall’acquisto della Parmalat, che la francese Lactatis avrebbe iniziato ad approvvigionarsi del latte francese a scapito degli agricoltori italiani.
In questo quadro generale, semplice nella sua complessità, rimane assolutamente fuori luogo l’ostracismo degli USA alla Russia, innescato dalla crisi Ucraina, che ha generato danni , in sintesi, solo all’ Europa, a ulteriore dimostrazione che in termini di politica estera Obama & C. , pretendendo di essere al centro delle decisioni mondiali, non ne azzeccano una giusta (come, del resto, anche i precedenti presidenti). Resta il fatto che l’Europa ha dissipato una importante fetta del commercio con la Russia subendo per contro limitazioni nell’approvvigionamento di prodotti petroliferi .
Ma c’è un altro grosso problema che sta emergendo e che l’Europa in particolare dovrà fronteggiare in misura sempre maggiore che è lo spostamento di popoli dai paesi poveri e martoriati dell’Africa verso asili più umani nei paesi europei; non ci sono barriere che tengono , la strada è tracciata, l’esodo avrà dimensioni bibliche. Solo i paesi europei più organizzati e più solidi finanziariamente saranno in grado di attenuare il problema, ma nessuno ne uscirà pulito, neppure quelli che stanno chiudendo i confini. E’ troppo presto per tirare previsioni , c’è già chi parla di nuovo schiavismo, comunque è presumibile un significativo cambiamento nell’attuale configurazione del lavoro nel qual caso anche i paesi oggi a basso costo di mano d’opera hanno un’elevata probabilità di subirne le conseguenze.
Paolo41
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Bravo, molto bello. Quoto integralmente.
E se posso aggiungere: lo stato di sottomissione dell’Europa agli USA, con le negative conseguenze per il commercio con la Russia, sono un retaggio che deriva dagli accordi di Yalta.
Pensi forse che il nuovo TTIP sia a mutuo vantaggio dei “popoli uniti” delle rispettive nazioni?
Tra l’altro, chi detiene il capitale della Lactalis?
Certe societá, dall’impronta multinazionale, fanno sempre riferimento all’altra parte del globo.
Costo del lavoro troppo alto in Italia e vari Paesi europei?
Zac! Una bella iniezione di manodopera a basso costo e di fattore religioso destabilizzante, in futuro, per consentire ulteriori interventi controllo e manipolazione.
Hai letto o visto l’ultimo, forse per alcuni farneticante, intervento/conferenza di Matt Damon (sì, proprio l’attore) a proposito del New World Order?
Resta poco da dire, se non guardare attentamente la realtá e provare a non consentire placidamente il rovesciamento dei diritti naturali e personali.
Niccolò Macchiavelli, un grande del Rinascimento?
Personalmente, oggi, lo appenderei per i piedi…
Ciao Draziz , hai appena commentato :”Tra l’altro, chi detiene il capitale della Lactalis?”
Si puo’ sapere chi lo detiene ?
draziz@finanza,
La Lactalis è una società francese non quotata in borsa controllata dalla famiglia Besnier con sede a Laval (Mayenne) in Francia. La famiglia Besnier fa parte dell’olimpo dei più ricchi: Ha il monopolio del latte e prodotti affini in Italia ed è il primo gruppo europeo. E’ stato già beccato in Francia per attività illecite e anche in Italia è stato fermato dalla magistratura per trasferimento illegali di capitale fra Parmalat e altre sue società estere. In Italia “dormiamo” perché ci sono tutte le premesse per citarla per posizione dominante e costringerla a dimettere alcune delle varie aziende alla concorrenza (balls needing). In tale evenienza è probabile che “preferisca” tornare a più miti consigli sul prezzo del latte!!!!!
I tappeti volanti esistono.
Per farli staccare da terra basta infilarci sotto metri di spazzatura.
ps. Carney: servono 1100 miliardi alle banche ‘too big to fail’.
Azioni? No certo. Proponiamo…….. obbligazioni low low low tier che tanto se le comprano i qe dopo un giro di giostra. Giusto! Anzichè invitarli a non fare .inchiate garantiamoli. Aiuti di stato? No. Peggio.
Bravo Paolo41 , la penso come te , e dici benissimo . Credo anche che si debba aggiungere che andando avanti così , in campo ego-economico internazionale , degrado lavoro , ambientale , sociale , sanitario , e aggiungo importante la mancanza di valori di persone d’esempio che non hanno cuore nazionale , tutto porterà ad un aumento di popoli affamati e agguerriti tra loro , per la consueta lotta di soppravvivenza . Ma la colpa è dei regnanti , e spero che non si aspetti troppo a capire dove cominciare a dare scapellotti .
buondì!
ho sicuramente apprezzato il pezzo di Paolo che si lascia leggere con piacere, ma che alla fine ti lascia l’amaro in bocca per i problemi elencati, gravi, a cui i singoli non sono in grado di porre rimedio. Ma di cui vedono l’incombere.
Bravo Paolo, ottimo pezzo!