FOCUS: Lo spread, tra ragione e sentimento

Scritto il alle 15:45 da Danilo DT

Cosa misura realmente lo spread? Che cos’è l’avversione al rischio e come si misura? Per quale motivo i rendimenti dei BTP si sono impennati?

Buongiorno a tutti!

Ennesima puntata della “piccola partnership” (non di tipo commerciale, ci tengo a sottolinearlo) con una casa d’investimento (AnimaSgr) con un approfondimento di indubbio interesse.
Tengo inoltre a precisare che questo video è dedicato soprattutto agli investitori magari non super professionisti, ma è anche interessante per coloro che sono più “navigati”. Piccola nota: il video è stato creato qualche giorno fa ma ritengo sia sempre valido.
Ovviamente sarò ben lieto di leggere i Vs feedback su questa iniziativa. Vi lascio al video e alla sua trascrizione. Buona visione!

http://www.youtube.com/watch?v=9vm4qGiBuK4

Cosa misura realmente lo spread?

Lo spread, cioè la differenza tra i rendimenti dei titoli di stato italiani ed il rendimento dei titoli di stato tedeschi, è stato ultimamente interpretato in molti modi: talvolta come indicatore di credibilità, talaltra come voto di fiducia sui governi.
Lo spread è tuttavia solo la misura del “premio al rischio” richiesto dal mercato per detenere
titoli italiani. Poiché ai titoli di stato tedeschi (i Bund) è attribuito lo status di titoli “privi di rischio”, lo spread misura quanto più altro è il rendimento che i titoli italiani devono offrire per poter compensare la “percezione” della loro rischiosità, non necessariamente la loro “effettiva” rischiosità.
Lo “spread” può infatti dipendere congiuntamente da due fattori: dall’effettivo maggiore rischio che il mercato associa ai titoli italiani (cioè il rischio che l’Italia diventi insolvente e non rimborsi il suo debito) oppure da un cambiamento di atteggiamento degli investitori (cioè da un cambiamento della loro avversione al rischio).

Che cos’è l’avversione al rischio e come si misura?

E’ l’atteggiamento psicologico soggettivo degli investitori, cioè la loro attitudine a tollerare rischi crescenti di qualunque tipo. Individui con attitudini o “avversioni al rischio” differenti, di fronte ad un medesimo evento, si comporteranno in modo diverso.
L’”avversione al rischio” degli investitori può modificarsi anche in maniera radicale, soprattutto di fronte ad eventi traumatici o ad andamenti di mercato anomali. Quando ad esempio le bolle speculative si gonfiano (come nel caso dei titoli internet negli anni ’90) l’euforia abbassa drasticamente l’”avversione al rischio” media; viceversa, quando le bolle scoppiano, il pessimismo si diffonde e l’”avversione al rischio” diventa molto elevata.

Tecnicamente, il grado di “avversione al rischio” è misurabile sulla base del rapporto tra rendimento richiesto per investire in un’attività e la sua rischiosità: ad un investitore poco avverso al rischio basterà un piccolo incremento del rendimento per tollerare un incremento di rischiosità; viceversa un investitore molto avverso al rischio richiederà un rendimento proporzionalmente molto più alto.
Può però succedere che, anche senza variazioni sostanziali della rischiosità “effettiva” di un
investimento, cambi in misura significativa l’atteggiamento “soggettivo” degli investitori. Nel corso di quest’anno è accaduto qualcosa del genere sul mercato dei titoli di stato italiani, quando all’improvviso, i rendimenti dei BTP sono schizzati verso l’alto, senza che le condizioni sottostanti di rischiosità del debito pubblico fossero cambiate in modo così radicale.

Per quale motivo i rendimenti dei BTP si sono impennati?

Fino a giugno, lo spread dei BTP sui Bund era infatti rimasto sempre stabile tra i 150 ed i 170 punti base, nonostante le turbolenze che da due anni avevano investito altri debiti sovrani europei (Grecia, Portogallo, Irlanda). Tuttavia – senza alcuna apparente spiegazione- è raddoppiato nella prima decade di luglio ed è poi costantemente peggiorato, sfiorando-a inizio novembre- i 600 punti base.
Il nostro deficit era sotto controllo, il debito pubblico appariva sostenibile nel tempo ed il governo ha messo in atto misure di aggiustamento fiscale draconiano, addirittura anticipando il promesso pareggio di bilancio. Nonostante ciò, si è avuto un improvviso crollo di fiducia degli investitori, cioè è radicalmente aumentata la loro “avversione al rischio”.
Alcuni sostengono infatti che, nel valutare le prospettive dei debiti sovrani, i mercati guardano alla crescita prospettica dell’economia, non solo all’entità del debito. Paradossalmente, proprio i tagli fiscali estivi possono avere drasticamente peggiorato le prospettive di crescita e spaventato gli investitori. Fino a due secoli fa, i medici prescrivevano ai malati salassi anzichè ricostituenti, convinti di liberarli dal “sangue impuro”. Di salasso in salasso il paziente spesso alla fine moriva.

Se genera recessione, l’eccesso di restrizione fiscale non rassicura, ma allarma. Forse l’”avversione al rischio” degli investitori non si placa con ulteriori salassi, ma con potenti ricostituenti, cioè con più coraggiose e credibili politiche di espansione.

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DT

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3 commenti Commenta
Niiiiiick
Scritto il 2 Gennaio 2012 at 21:34

Cia a tutti, volevo farvi una domanda: è possibile recuperare in qualche modo (data feed, banche dati, etc…) chi acquista i tds nazionali alle varie aste?

o è un dato che non is può avere e rimane segreto?

Niiiiiick
Scritto il 3 Gennaio 2012 at 01:31

grazie mille Gremlin :-)))))

il dato di quanti ne comprano a ogni asta è pubblico o criptato per legge?

devo andare a spulciarmi i bilanci di ogni specialista x saperlo?

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