FOCUS: le aspettative razionali e l’Euro

Scritto il alle 15:30 da Danilo DT

Su che cosa si basa la teoria delle aspettative razionali? Che cosa ha generato la sfiducia nella capacità di gestione della crisi da parte dei governi europei? 

Buongiorno a tutti!

Ennesima puntata della “piccola partnership” (non di tipo commerciale, ci tengo a sottolinearlo) con una casa d’investimento (AnimaSgr) con un approfondimento di indubbio interesse.
Tengo inoltre a precisare che questo video è dedicato soprattutto agli investitori magari non super professionisti, ma è anche interessante per coloro che sono più “navigati”. Piccola nota: il video è stato creato qualche giorno fa ma ritengo sia sempre valido.
Ovviamente sarò ben lieto di leggere i Vs feedback su questa iniziativa. Vi lascio al video e alla sua trascrizione. Buona visione!

http://www.youtube.com/watch?v=DYkufcP8hTc

Su che cosa si basa la teoria delle aspettative razionali?

L’ultimo premio Nobel per l’economia è stato assegnato a Thomas Sargent e Christopher Sims, i padri della teoria delle “aspettative razionali”. La teoria delle “aspettative razionali” postula che gli agenti economici prendano decisioni sulla base di modelli che fanno un uso ottimale delle informazioni disponibili, incluse le reazioni delle autorità monetarie e fiscali.  Secondo questa teoria, le politiche monetarie e fiscali non riescono mai ad influire efficacemente sulla realtà economica perchè sono sempre già perfettamente anticipate dai mercati. E l’unico caso in cui le politiche economiche hanno effetto è quando riescono a “sorprendere i mercati”.

Negli ultimi anni le “sorprese” non sono certo mancate. I governi sono riusciti infatti a “stupire” sistematicamente i mercati. Purtroppo nel senso peggiore. L’Italia ne è un esempio chiarissimo. Il differenziale (spread) tra i BTP italiani ed i Bund tedeschi ha ormai superato i 500 punti base: questa è una misura abnorme, che non ha alcun riscontro “razionale” nella situazione effettiva dei nostri conti. Certo: il debito pubblico è molto elevato, ma non più di quanto fosse già negli scorso anni; inoltre, il saldo primario (cioè la differenza tra entrate fiscali e spese pubbliche senza interessi) era già in pareggio anche prima delle turbolenze estive. Il nostro disavanzo complessivo era infatti pari al 4,5% del Pil, ma era interamente dovuto a spese per interessi. Le manovre di luglio e agosto porteranno l’Italia ad avere entro il 2013 l’avanzo primario più ampio d’Europa. Ciò nonostante il livello dei tassi di interesse da pagare sul nostro debito è schizzato negli ultimi mesi a livelli inverosimili, per via di  una variabile impalpabile, che i numeri di finanza pubblica non misurano: il crollo di fiducia sulla capacità di gestione della crisi da parte dei governi europei. Dopo mesi di ritardi ed errori, questa sfiducia non è più purtroppo un'”aspettativa irrazionale”.

Che cosa ha generato la sfiducia sulla capacità di gestione della crisi?

La ricetta voluta e imposta dalla Germania ai paesi deboli punta tutto sulla riduzione del debitopubblico e dei salari, con l’idea che una maggiore efficienza economica sia sufficiente a rilanciare anche la crescita in quei paesi. Questa ricetta dimentica che occorre anche studiare misure compensative per sostenere la crescita del Pil. Con l’economia in recessione, qualunque aggiustamento del debito diventa infatti inadeguato e avvita l’economia in una spirale perversa. Sta qui la maggiore incoerenza dell’Euro. In altri contesti – con il cambio libero di muoversi- la restrizione necessaria per ridurre l’indebitamento pubblico verrebbe infatti bilanciata dalla svalutazione del cambio e dalla conseguente ripresa delle esportazioni. L’aumento delle esportazioni compenserebbe l’iniziale caduta della domanda interna; il paese eviterebbe la recessione e l’aggiustamento del debito sarebbe credibile. Ma per i paesi dell’Euro, la valvola di sfogo del cambio non esiste più.

Per evitare una recessione distruttiva, la restrizione dei paesi “deboli” dovrebbe essere quindi compensata da una equivalente espansione nei paesi “forti”. La Germania potrebbe farlo, però con il suo surplus di 150 miliardi nei confronti di Spagna, Italia, Portogallo e Grecia, pari al 5% del suo Pil. Sarebbe quindi necessario un trasferimento annuo del 5% del Pil tedesco ai paesi in difficoltà per rendere efficaci le loro politiche di drastico aggiustamento del debito intraprese. Con il cambio fisso, la credibilità dell’Europa può essere ristabilita solo con un’espansione fiscale della domanda interna in Germania del 5% del Pil, cioè 150 miliardi di euro. Meno di 1/10° di quanto costerebbe un default di Italia e Spagna. Questo è esattamente quello che il mercato intende quando si parla di “coordinamento delle politiche fiscali dell’Eurozona”. I governi europei tardano a prenderne atto, ma “stupire” i mercati su questo terreno potrebbe essere una mossa vincente per uscire dalla crisi.


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DT

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2 commenti Commenta
idleproc
Scritto il 21 Novembre 2011 at 16:10

….Ma per i paesi dell’Euro, la valvola di sfogo del cambio non esiste più.
Per evitare una recessione distruttiva, la restrizione dei paesi “deboli” dovrebbe essere quindi compensata da una equivalente espansione nei paesi “forti”.
……

Osservazioni che condivido. Esiste però, a differenza di una condizione da “laboratorio”, un convitato di pietra: il $. Il mercato non è una condizione astratta, nelle monete che da sole valgono il prezzo della carta di cui sono fatte o del costo delle locazioni fisiche di memoria nei computers, incorporano rapporti di forza geopolitici, strategie, la natura stessa degli stati nazionali.
Solo le monete con contenuto materiale reale sopravvivono agli stati che le hanno emesse.
Non si può, a mio giudizio, descrivere ciò che sta succedendo come solo fenomeno di mercato.
All’interno della guerra monetario-finanziaria attuale si stanno stabilendo i rapporti di forza e gli equilibri futuri a livello globale. I soggetti che vi intervengono operano sicuramente per profitto ma anche con una visione politica. L’europa, priva di unità politica, di una strategia, spezzata nell’unità politica da un’abile azione in Nord-Africa sembra soccombere. Per salvare l’euro e le economie europee da una condizione futura coloniale, le scelte dovrebbero essere esclusivamente Politiche e una delle condizioni preliminari dovrebbe essere l’espulsione di tutti gli stati che non aderiscono all’euro, partendo ovviamente dal cavallo di troia UK.

jlucas
Scritto il 21 Novembre 2011 at 20:05

Perbacco, servirebbe una settimana per esprimere una tesi su questo argomento,
ma provo a comprimere e formulare una pillola.
L’Euro è nato con un difetto genetico (per miopia politica o impossibilità di trovare un accordo)
che ha lasciato ai singoli Stati membri la gestione del debito pregresso, quindi puoi soltanto entrare nel club, ma non uscirne, rinunci alla sovranità monetaria, ma continui a gestire il debito sovrano, accetti il vincolo di bilancio del 3% (deficit/pil) e del 60% (debito/pil) ma non esistono reali ed applicabili sanzioni a chi non rispetta i parametri di bilancio.
Somiglia molto ad una situazione del tipo “E’ una cosa buona, entriamo tutti nel club, poi strada facendo vedremo”….Bene, eccoci qua, sarà una coincidenza ma la Germania ha aumentato il valore delle esportazioni deflazionate del 38% nel primo decennio euro, a fine anno VW sarà il primo gruppo automobilistico mondiale, quindi è stata veramente una cosa buona l’euro. E gli altri? La Francia ha tenuto il passo ma con fatica, la Grecia ha falsificato i bilanci dichiarando il 4% di deficit mentre aveva il 14, l’Italia ha goduto di un decennio di tassi di interesse molto bassi (rispetto a quelli a cui eravamo abituati, cedola BTP anni 90 intorno al 13%) ma non ne ha approfittato per ridurre il proprio debito complessivo (e veramente poteva essere fatto). Adesso iniziano ad arrivare i conti da pagare (le banche europee, di loro spontanea volontà, rinunciano al 50% dei loro crediti verso la Grecia) e i tedeschi cominciano a chiedersi se i vantaggi sono ancora superiori ai costi….che fare? Molto semplice, laddove ci sono seri problemi di bilancio, via i politici e bilanci sotto rigido controllo dell’Autorità (un ex BCE in Grecia e Monti in Italia) Come finira? Molto probabilmente verrà costituita una simil clearing house europea, che emetterà titoli del debito pubblico UE (eurobond) e fornirà ai singoli stati membri, (che non emetteranno più titoli di debito sovrano) il credito necessario equalizzato sulla base dei parametri di bilancio (hai i conti a posto? OK, vengo a controllare e ti concedo credito più o meno al medesimo tasso della Germania e comunque di chi rispetta i parametri di bilancio. Ce la faranno prima che sia troppo tardi ?
Credo di si
Un saluto a tutti
jlucas

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