FOCUS: gli ETF sono la soluzione ideale?

Scritto il alle 12:07 da Danilo DT

Fino a che punto si può spingere la finanza innovativa? Che cos’è il Delta One? Cosa c’entrano i dipartimenti Delta One delle banche di investimento con i fondi ETF?

Buongiorno a tutti!
Ennesima puntata della “piccola partnership” (non di tipo commerciale, ci tengo a sottolinearlo) con una casa d’investimento (AnimaSgr) con un approfondimento di indubbio interesse.
Tengo inoltre a precisare che questo video è dedicato soprattutto agli investitori magari non super professionisti, ma è anche interessante per coloro che sono più “navigati”. Piccola nota: il video è stato creato qualche giorno fa ma ritengo sia sempre valido.
Ovviamente sarò ben lieto di leggere i Vs feedback su questa iniziativa. Vi lascio al video e alla sua trascrizione. Buona visione!



Fino a che punto si può spingere la finanza innovativa?

Per rispondere posso citare alcuni casi limite. Mentre il mondo è tenuto da mesi con il fiato sospeso dalla crisi dei debiti sovrani dell’Eurozona, uno sconosciuto trader, Kweko Adoboli, ha causato, la settimana scorsa alla sua banca – la svizzera UBS – la perdita colossale di 2 miliardi di dollari con operazioni di finanza innovativa estreme e spericolate. Non è la prima volta che accade. Nel 1995 un altro trader, Nick Leeson, aveva portato al fallimento la più antica e titolata banca d’investimento britannica, la Barings Bank, causando perdite per 1,4 miliardi di dollari. Nel 2008 il trader francese Jèrome Kerviel ha provocato a Societè Generale, perdite nell’ordine di quasi 7 miliardi di dollari! In tutti questi casi, dietro alle perdite c’erano anche comportamenti scorretti ma, questi episodi eclatanti attribuibili a singoli trader, getta una luce inquietante su una parte molto ampia della cosiddetta “finanza innovativa”. Kweko Adoboli e Jèrome Kerviel lavoravano entrambi nel dipartimento Delta One.

Che cos’è il Delta One?

Suona come un “corpo speciale” e, per certi versi lo è. Nelle banche di investimento, il Delta One è un dipartimento che estrae profitti per la banca attraverso “arbitraggi” e l’applicazione di algoritmi e tecniche molto sofisticate, che – come la famosa formula della Coca Cola – ogni singola banca considera proprietarie e quindi oggetto di segreto industriale. Al di là di chi ci lavora, che cosa esattamente facciano i dipartimenti Delta One, non lo sa nessuno di preciso.
Il problema è che queste tecniche sofisticate e “segrete” vengono usate per generare anche prodotti strutturati che vengono distribuiti ai risparmiatori. La maggior parte di tali prodotti prendono anche la forma, ormai molto diffusa, di ETF (Exchange Traded Funds). In origine gli ETF erano una categoria di fondi comuni che aveva la caratteristica di replicare esattamente un indice di mercato e di poter essere acquistati o venduti in borsa come un qualsiasi titolo azionario.

Cosa c’entrano i dipartimenti Delta One delle banche di investimento con i fondi ETF?

L’attività di negoziazione in titoli comporta rilevanti costi di transazione: per realizzare le necessarie movimentazioni di portafoglio (che sono di norma molto numerose) e, nel contempo, ridurre al minimo i costi, i gestori di ETF tendono a utilizzare sempre di più strumenti derivati (meno costosi e più flessibili della normale compravendita di titoli sul mercato). Nel tempo sono quindi nate nuove generazioni di ETF, in cui la replica dell’indice di riferimento è affidata esclusivamente a derivati, soprattutto swaps.
Gli swaps sono semplici contratti che prevedono uno scambio tra due parti. Attraverso questi swaps gli ETF trasferiscono alla banca di investimento la propria liquidità da investire e, in cambio, la banca di investimento si impegna a pagare periodicamente all’ETF esattamente la performance dell’indice ad esso collegato. L’ETF può, così, garantire ai propri sottoscrittori la performance dell’indice, anche senza dover investire direttamente nei titoli dell’indice.
Nel gergo della finanza, il termine “Delta” indica la variazione della performance del derivato rispetto a quella dell’attività sottostante (l’asset a cui il derivato si riferisce). Delta One vuole dire quindi che la performance del derivato replica esattamente (one-to-one, 1 a 1) quella del sottostante.
La peculiarità dei dipartimenti Delta One è quella di replicare la performance di qualsiasi asset, dal petrolio all’oro, senza però investire un dollaro né in petrolio né in oro. Il risparmiatore che investe in un ETF basato sull’oro, ad esempio, sa di “comprare” la performance dell’oro ma, inconsapevolmente, ne “compra” anche le ignote tossicità ed i rischi segreti. I dipartimenti Delta One sono quindi moderni alchimisti. Mentre i loro predecessori medioevali non hanno mai trovato la “pietra filosofale”, che avrebbe consentito di trasformare metalli vili in oro e di regalare immortalità al suo scopritore, i 2 miliardi di dollari perduti da UBS ed i 7 “bruciati” da Societé Generale ci dicono che neppure gli alchimisti del Delta One l’hanno ancora trovata.

STAY TUNED!

DT

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4 commenti Commenta
donato1969
Scritto il 29 Settembre 2011 at 14:45

Una chiara spiegazione per i non addetti ai lavori…
purtroppo in finanza anche quello che nasce per un “nobile” scopo viene trasformato in una mucca da mungere… e quindi gli etf che nascevano per dare la possibilità all’investitore di comprare un mercato al giusto prezzo invece di pagare un fondo passivo a commissioni da attivo adesso vengono utilizzati per creare disordini finanziari .. e le autorità bancarie cosa fanno? con la mifid pensano di aver risolto tutto… poveri investitori!!

idleproc
Scritto il 29 Settembre 2011 at 20:52

Spiegazione molto buona e chiara. Complimenti anche per il contenuto etico nei confronti dei risparmiatori. Credo che questo tipo di “mediazioni” siano il futuro positivo del mercato finanziario. 🙂

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