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Crolla il gestito? Ecco spiegato il perché
Negli ultimi giorni si è letto sui giornali della pesantissima debacle del risparmio gestito, un vero e proprio esodo che ha fatto perdere all’industria dei fondi ben 3.6 miliardi di euro nel mese di febbraio, dopo aver già perso nel mese di gennaio la notevole cifra di 5.8 miliardi di euro. Sicuramente questi numeri devono far pensare. Innanzitutto, come mai c’è stato questo deflusso? E poi dove è finito questo denaro? Trovare delle risposte non è facilissimo, proviamo in questa sede, in modo rapido e semplice, a capire cosa sta succedendo. In primo luogo gli imputati numero uno sono proprio (udite udite) gli istituti bancari, che hanno preferito spostare i clienti (utilizzando magari fondi che erano in perdita fino a qualche settimana che sono stai chiusi a malapena in pareggio) su prodotti, ahimè, più complessi, meno chiari e (elemento gravissimo!) più remunerative per gli istituti di credito. Ebbene si, alla faccia di chi diceva che il risparmio gestito è già caro come il fuoco. Ovviamente questo ragionamento è valido per quelle persone che, magari, fidandosi ciecamente del consulente, si sono lasciate ammaliare da discorsi conditi di voli pindarici e senza dubbio influenzati dalla necessità di realizzare dei budget che hanno una sola parola d’ordine: VENDERE VENDERE VENDERE per fare utili. Alla faccia della consulenza indipendente. Ma mettiamo da parte questo discorso certamente molto negativo (anche perché si continua a guadagnare sulle spalle dell’ignaro cliente che, magari non troppo preparato finanziariamente, accetta i consigli senza battere ciglio).
Vorrei per un momento fare luce proprio sulla qualità dell’industria del risparmio gestito. Ma oggi, i fondi così come sono strutturati, hanno ancora ragione di esistere? E qui passiamo al secondo motivo della diminuzione dei fondi nei portafogli dei clienti. Il problema sta nel fatto che ormai molti fondi non hanno più ragione di esistere in quanto non propongono nulla di più di quanto ci può dare un ETF (ce ne sono di tutti i tipi) con la differenza che i costi di gestione di un fondo non sono assolutamente paragonabili a quelli di un ETF. Prendiamo, tanto per cominciare, un fondo azionario Italia. Mediamente costa come gestione circa l’1.90% – 2%. Ma quanti di questi fondi hanno poi realmente una gestione attiva che giustifica queste commissioni? La risposta è semplice: pochissimi. Ormai la maggior parte dei fondi si muovono con una gestione passiva, anche se poi a parole i vari gestori e le varie case inebriano clienti e collocatori con discorsi magari volutamente complessi di strategia bottom up, top down e così via, nascondendo però la realtà delle cose. Il gioco è stato facile per i gestori fino a quando non sono arrivati quei prodotti che sono lo spauracchio dei fondi comuni, ovvero gli ETF. Se ci pensiamo un attimo, non esistono grosse differenze tra la maggior parte dei fondi e gli ETF. Anzi no, ce n’è una fondamentale, ovvero il costo. Torniamo all’esempio di prima. Se un fondo azionario Italia costa mediamente circa il 2%, l’ETF di riferimento costa tremendamente di meno: 0.3%-0.35% all’anno. Allora qualcuno mi deve spiegare perché bisogna ancora investire in questi fondi con la presenza sul mercato degli ETF. Probabilmente qualcuno se ne sta accorgendo (io ne sono testimone) ed ecco spiegato un altro motivo della debacle del gestito. La verità è che l’industri dei fondi deve cambiare pelle. Mi spiego meglio. Gli ETF stanno per diventare di diritto i migliori prodotti su cui puntare nel caso in cui si voglia investire in prodotti a GESTIONE PASSIVA, o a benchmark. In questo modo si replica un indice di riferimento senza mai avere brutte sorprese. Inoltre, come dicevo prima, la varietà di ETF presenti sul mercato oggi ci permette di creare degli eccellenti portafogli diversificati. Il risparmio gestito deve saper offrire un qualcosa di diverso, tramite una gestione attiva o comunque particolare, non attuabile con un prodotto a benchmark. Non dico che tutti i fondi devo diventare degli hedge funds, però è giunta l’ora che se io pago un gestore devo ricevere un valore aggiunto. Faccio un ulteriore esempio che ancora di più ci spiega l’assurdità di certi prodotti. Se io oggi compro un fondo obbligazionario, devo pagare commissioni di gestione che mediamente si aggirano sull’1% annuo. Il tutto con tassi al 3.5 % netto. Quindi ne risulta che quanto meno il fondo renderà circa un 2.5%, senza poi dimenticare la possibile volatilità del mercato obbligazionario che può produrre ulteriori danni. Se poi vogliamo rincarare la dose, basta analizzare i fondi monetari. Costano in media lo 0.80% e rendono…meno del 2%. Il buon vecchio BOT rende molto di più. E molti se ne stanno accorgendo e preferiscono nuovamente i vecchi titoli con cedola, più semplici, trasparenti e redditizi. Se poi vogliamo un qualcosa di gestito, allora ci sono gli ETF. Per esempio il Lyxor 3-5 yr costa lo 0,165%, stesso stile di gestione della maggior parte dei fondi obbligazionari italiani con pari duration dell’ETF stesso (e quindi più che cugini li definirei quasi gemelli, tranne per i costi). Nel mio lavoro ho avuto modo di accertarmi che la realtà delle cose è proprio così, anche se bisogna ammettere che già iniziano a spuntare prodotti che offrono un qualcosa che gli ETF non possono avere (per esempio, in ambito obbligazionario ci sono già dei fondi che possono andare short di duration e quindi posizionarsi in modo attivo ad un eventuale previsione di innalzamento di tassi). E vedrete che col tempo solo questi prodotti che investono con una metodologia non replicabile passivamente o con gestione veramente attiva e di qualità resisteranno e, anzi, torneranno a raccogliere cifre ragguardevoli. Il pensiero però ora si volge a quei poveri risparmiatori che hanno già subito danni fino ad oggi a cui, per rincarare la dose (e le spese), gli hanno affibbiato una qualche polizza o una qualche obbligazione strutturata che sarà già un successo SE rimborsa il 100% del capitale investito. Per concludere: un messaggio agli amici risparmiatori. Prima di accettare le proposte della vostra banca, ponderate bene i costi, benefici, rischi e liquidabilità dell’investimento. Anche perché queste analisi si devono fare prima della sottoscrizione del prodotto. Dopo potrebbe essere troppo tardi.
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