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Combattere la Guerra con le armi sbagliate. Il vero rischio di un QE Europeo
E ora voglio proprio vedere come faranno ancora a dire che l’Eurozona non è in deflazione. I dati di ieri, fanno fugare ogni dubbio. Quanto pubblicato dall’Eurostat illustra sempre meglio quanto sia ormai lontano il famoso target inflazione della BCE pari al 2% che anzi tende ad allontanarsi sempre di più.
Però bisogna anche dire le cose come stanno. Questi sono i dati usciti ieri.
Grafico Inflazione Eurozona
E’ molto evidente che la deflazione è “importata” dalla deboleza del prezzo del petrolio. Quindi una deflazione che non è poi nemmeno così negativa. Infatti non dimentichiamo mai che la vera inflazione è quella CORE che in Germania è abbastanza stabile (e pur sempre molto lontana dai target BCE) ed in Italia rest pur sempre sopra lo zero.
Inflazione CORE in Italia e Germania
Ovviamente, ora, tutti spingono su Draghi e sul suo QE. Scrive su La Stampa la giornalista Tonia Mastrobuoni:
Nella lista dei pro e dei contro che Mario Draghi starà scandagliando ogni giorno per decidere se partire già tra due settimane con il quantitative easing o aspettare la riunione di marzo, è entrata ieri una novità enorme. Ed è un punto a favore di un’anticipazione. L’inflazione nell’eurozona è caduta per la prima volta dall’ottobre del 2009 sotto lo zero, si è attestata a -0,2 per cento. (Stampa)
A dire il vero quanto è stato ufficializzato ieri era arcinoto. Ma la VERA questione è sempre un’altra. Siamo sicuri che sia REALMENTE la cosa giusta partire con un quantitative easing? Draghi sicuramente è preso tra l’incudine e il martello. Sente la necessità di dover fare qualcosa per la ripresa economica, emulando le esperienze di USA e Giappone, pur sapendo che la BCE è la banca centrale di un agglomerato di stati e NON di uno stato. Senza poi dimenticare che c’è la questione Grecia che inquieta e crea tanti dubbi. Il rischio è che si finisca a combattere delle problematiche con le medicine sbagliate. A quel punto ci ritroveremo anche a dover affrontare gli effetti collaterali.
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giuro non l’ho scritto io….
http://www.zerohedge.com/news/2015-01-08/2015-everything-can-be-fixed-printing-more-money
Aggiungici anche questo ma sono illusioni in questa fase storica se non crolla il baraccone da solo.
http://www.zerohedge.com/news/2015-01-09/world-without-big-banks-part-i
Ma la Grecia non è stato un esperimento sufficiente? Al di là dei meccanismi usati (la tecnica è ininfluente) l’esito non è il medesimo? L’europa in senso lato non si è forse fatta carico del debito greco (come avverrebbe con il qe)? A quanto sono serviti in grecia la compressione dei tassi e le c.d. riforme?
peanuts! C’è un bel bailamme. Il prezzo del petrolio in ribasso, si dice, sara’ positivo per l’economia in quanto stimolerà i consumi. Quindi un fenomeno deflattivo assoluto, si dice, è positivo. Quindi perchè se scendono i prezzi di altri asset di consumo non dovrei essere positivo? Ah l’aspettativa di inflazione…rallenta i consumi.
Da consumatore dovrei considerare che l’acquisto di beni primari indifferibili non hanno aihmè la possibilità di essere influenzati dalle aspettative di inflazione…quindi…è solo sui beni voluttuari che l’aspettativa potrebbe avere una qualche influenza. Ma le statistiche dicono che lì l’inflazione c’è eccome. (tralascio le personali considerazioni sulle utilità marginali di questi consumi).
Il problema semmai sono le dinamiche salariali. Quantità e remunerazione del lavoro sono le discriminanti dell’inflazione. Ma non mi sembra che questo sia il focus in giro per il mondo..anzi dalle delocalizzazioni selvaggie, alle defiscalizzazioni, all’incremento della produttività e un processo di tutela sociale globalmente rivisto al ribasso unitamente all’overcapacity si sta andando esattamente dalla parte opposta. Basterebbe guardare indietro di qualche anno, statistiche alla mano per chiarirsi il ‘problema’. A valori costanti i prezzi alla produzione scendono dell’1,5/2% all’anno nonostante l’aggiunta di oneri per servizi e fiscali sempre nuovi. Anche a fronte di bassa inflazione significa solo una cosa: Concentrazione delle produzione in sempre meno attori (magari con incremento dei margini in situazioni di pseudomonopolio) diminuzione del valore proquota della componente ‘lavoro’, pressione sistematica sull’aspettativa degli stipendi (e non sull’inflazione). E l’europa non può pretendere di riequilibrare questa dinamica globale con un intervento alla fine monetaristico ‘locale’, il problema è li’: se accetto la concorrenza globale le REGOLE devono essere globali. E non lo sono.
E’ il motivo per cui , come già sta avvenendo, se chiudo i rubinetti la crescita si ferma (Usa, Uk, Jap), se non dilato i deficit pubblici la crescita si ferma etc ma se non inverto le dinamiche di distribizione della ricchezza (che non necessariamente è un valore monetario) assisteremo ad un unico fenomeno: pubblicizzazione dei debiti e concentrazione del potere e ricchezza. Ed il contadino è preoccupato di ciò: è forse per questo che non spende?