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Credit Default Swap (CDS): l’azzardo

Scritto il alle 14:32 da lampo

Le precedenti puntate:

– Credit Default Swap (CDS): cosa sono e come funzionano;

– Credit Default Swap (CDS): un esempio concreto;

– Credit Default Swap (CDS): la speculazione;

Nell’ultima puntata vi avevamo lasciati in balia della curiosità, su cosa avvenne dopo il 2007.

Arriviamo subito al dunque!

Inizia a imperversare negli USA la crisi finanziaria, partita dal settore immobiliare e dal precedente periodo di facile e “spericolata” concessione dei mutui ipotecari, anche a chi, probabilmente, non sarebbe mai stato in grado di ripagarlo.

Si tratta della crisi dei mutui subprime.

Ma come ha fatto la crisi dei mutui subprime, un problema relativo ad un piccolo angolo del sistema finanziario USA, ad interessare l’intero sistema bancario mondiale?

E come vi hanno inciso i CDS?

Due belle domande, a cui alcuni ricercatori di Cambridge (USA) del National Bureau of Economic Research ([8]) hanno cercato di rispondere, ottenendo dei risultati molto interessanti.

Partiamo da un dato importante: i titoli garantiti dai mutui subprime costituivano SOLO IL 3% delle attività finanziarie USA!

Quindi parliamo di una quota apparentemente irrilevante, riconducibile ad una qualsiasi immobilizzazione derivante dal rischio assunto a conseguenza di una normalissima attività finanziaria (godeva, tra l’altro, della tripla AAA da parte delle agenzie di rating).

Questi ricercatori sono andati ad analizzare e misurare dal 2002 al 2008 i movimenti degli spread dei CDS delle 45 più importanti istituzioni finanziarie (principalmente banche) negli Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Svizzera, Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Portogallo (trovate l’elenco nella nota in fondo al post).

Prima di vedere due interessanti grafici estrapolati da tale ricerca, ricordiamo brevemente i punti salienti degli avvenimenti, dopo l’inizio della crisi.

Marzo 2008: la banca d’investimenti Bear Stearns, in concomitanza della crisi dei mutui subprime, inizia a traballare: si trova in una grave crisi di liquidità (ovvero solvibilità).

Rammento che era il gestore di due fondi speculativi, falliti, del valore di miliardi di dollari che avevano scommesso proprio in titoli legati a questa tipologia di mutui.

I clienti (anche i creditori e le controparti) non si fidano più… e incominciano i riscatti, cioè a chiedere indietro i loro soldi.

Come già sapete, si tratta del peggior scenario che una banca può attendersi: il titolo crollò del 50% a Wall Street ([9]), aggravando una situazione già drammatica.

Interviene immediatamente in soccorso la FED (la banca centrale americana).

Come?

Riducendo i tassi d’interesse e concedendo linee di finanziamento “a perdita” (sì avete letto proprio bene: perdita!).

Vi ricorda qualche intervento recente?

In pratica la situazione viene “risolta”, grazie ad una linea di credito concessa dalla stessa FED, con l’intervento della banca d’affari J. P. Morgan, che compra “in svendita” Bear Stearns. Si tratta di poco meno del 10% del valore massimo di borsa raggiunto il dal titolo, poco prima della crisi.

Un membro del dipartimento del Tesoro americano afferma ([10]):

“The Fed’s fear was that they didn’t adequately monitor counterparty risk in credit-default swaps — so they had no idea of where to lend nor where significant lumpy exposures may lie”.

Ovvero:

“La paura della FED era di non aver sorvegliato adeguatamente il rischio di controparte dei CDS – così non avevano idea né a chi prestare soldi, né dove erano situate le esposizioni”.

In pratica la FED,  in caso di grossi fallimenti come questo, era preoccupata che le banche non possedessero adeguati fondi per pagare le controparti dei CDS (vi ricordate il grafico alla fine del precedente post?).

Più semplicemente, non riusciva a quantificare esattamente quanti soldi sarebbero stati necessari per tale scopo, visto che si trattava di contratti tra privati.

Inoltre succedeva spesso, che, in caso di riscatto (verificarsi dell’evento creditizio), il valore complessivo dei CDS emessi superasse di alcune volte il valore del sottostante.

Ricordo infatti che in caso di verifica di un evento creditizio come questo, il venditore del CDS deve pagare… e quindi poi portare a bilancio delle perdite. Ma portare a bilancio tali perdite, può aggravare la situazione, rendendo difficoltoso, ad esempio, effettuare pagamenti già previsti a bilancio ad una terza società, che a sua volta può trovarsi in difficoltà per il mancato pagamento e creare disagio ad un suo creditore… e via dicendo.

Considerare solo che gli emittenti, nel frattempo, si stavano pian piano avvicinando alla cifra del migliaio… principalmente banche ed assicurazioni.

Meglio quindi intervenire subito, gettare un po’ di acqua sul fuoco, prima che divampi l’incendio, ovvero l’innescarsi di una reazione a catena, del tutto imprevedibile, tipo reazione nucleare.

Ma come mai la FED non disponeva completamente delle informazioni necessarie per stabilire con precisione l’ammontare degli interventi da compiere?

Perché il mercato di tali strumenti era poco trasparente nelle transazioni effettuate. I contratti di CDS passavano di mano parecchie volte (anche 10-12) rispetto ai primi due soggetti che lo avevano stipulato. Per cui diventava difficile avere un quadro generale e preciso.

Inoltre, giusto per complicare tale mercato ancora di più, si erano diffusi rapidamente dei nuovi contratti CDS che “assicuravano” contro più sottostanti (i multi-name CDS). Per fare un esempio è come se il nostro investitore Gamma volesse con un unico contratto CDS assicurarsi sui Titoli di Stato che ha comprato dall’Italia, dalla Francia e dalla Spagna.

Si incominciò, purtroppo troppo tardi e a crisi già in corso, a capire l’importanza di tracciare tutte le transazioni di questi particolari strumenti finanziari, che avvengono su mercati non regolamentati (OTC).

Se ne occupa l’americana Depository Trust & Clearing Corporation (DTCC) assieme alle sue sucursali, sparse in giro per il mondo.

In particolare per i CDS, esiste dal novembre del 2006 ([11]), un database centralizzato, con tutta la conseguente struttura informatica, che ha iniziato a tenere traccia di tali transazioni: la DTCC Deriv/SERV’s global Trade Information Warehouse.

Infatti uno dei servizi forniti mediante tale database è:

“…is to caculate payments due on registered contracts, including cash payments due upon the occurrence of the insolvency of any company on which the contracts are written.”

Cioè:

“… calcolare, in base ai contratti registrati, i pagamenti dovuti, inclusi quelli in contanti causati dal verificarsi dell’insolvenza delle società a cui i contratti scritti si riferiscono.

Però ci vuole tempo, per coinvolgere tutti gli emittenti di CDS a “tracciare” le informazioni delle loro transazioni, mediante tale piattaforma informatica (qualche anno).

Ma torniamo alla nostra cronistoria.

Ma siamo sicuri che l’intervento della FED sia effettivamente servito?

Passano pochi mesi: settembre 2008.

Fallimento della grossa banca d’affari Lehman Brothers.

Conoscete già la storia… è inutile che vi racconto com’è andata.

Cito solo un aspetto poco considerato all’epoca, almeno dai nostri mass-media.

L’azienda, in realtà, stava male già da parecchio tempo, e sempre a causa dei mutui subprime.

Difatti, l’anno prima, aveva chiuso la divisione che si occupava di tali prodotti: la BNC Mortgage([12]).

Appena un mese dopo che Bear Stearns avvisa i propri clienti che i loro soldi investiti nei due fondi speculativi pieni di mutui subprime… erano, come dire,  stati “spazzati via”.

Pensate poi, che al momento del fallimento della Lehman, l’ammontare del controvalore dei CDS in circolazione era molto variabile, oscillante fra i 72 e i 400 miliardi di dollari ([13])!

Per riuscire a ripristinare la fiducia ([14]), l’International Swaps & Derivatives Association (ISDA), l’organismo che si occupa di vigilare sul contenuto di tali contratti e di determinare, attraverso apposite commissioni, se un evento creditizio avvenuto genera o meno il pagamento della controparte, ha dovuto organizzare una sessione di scambio (trading) di tali strumenti… domenicale!

Altra chicca.

Provate ad indovinare un anno prima (2007) quali erano le aziende finanziarie americane “most admired” (più ammirate) nella classifica Fortune?

Sì, proprio loro ([15]):

Lehman Brothers (1°) e Bear Stearns (2°)!

Dobbiamo spiegarvi perché, poco dopo, è stata salvata anche la più grande compagnia assicurativa al mondo: American International Group (AIG)?

Vi lasciamo immaginare…

Ma, dopo questo breve ritorno al passato, riprendiamo la ricerca.

Eccovi un grafico che visualizza in maniera chiara l’evoluzione degli spread dei CDS del complesso di banche analizzate, e la distinzione fra banche USA ed europee.

Pag. 29 - Evolution of Spreads on Credit Default Swaps (median, basis points)

E’ interessante subito notare quello che affermavamo nel precedente post: l’aumento improvviso dello spread dei CDS ha egregiamente segnalato che “qualcosa di grosso” stava accadendo.

Guardate i picchi in prossimità del salvataggio di Bear Stearns e del fallimento di Lehman Brothers.

Interessante poi notare come siano state contagiate immediatamente anche le banche europee (seppur in misura inferiore).

Dimostrazione della notevole interconnessione dei mercati finanziari.

Prima di mostrarvi il prossimo grafico un ripasso sulla definizione del TED spread, più volte citato da DT nei suoi articoli.

E’ la differenza fra il tasso di interesse con cui le banche si finanziano sul mercato prestandosi soldi fra di loro (in questo caso il LIBOR a 3 mesi) e il tasso di interesse dei Titoli di Stato USA (i Treasury bill, sempre a 3 mesi).

Misura principalmente il grado di rischio (di diffidenza) delle banche nel prestarsi soldi, visto che i titoli governativi USA vengono considerati, per definizione, sicuri (!).

In pratica meno si fidano fra di loro… e più aumenta il TED spread (siccome aumenta il tasso di interesse con cui si prestano soldi).

Vediamo nel seguente grafico cosa è avvenuto.

Pag. 33 – CDS spreads and Costs of Funding (basis points)

Notate come, a seguito della crisi subprime, le banche hanno incominciato a non fidarsi più fra di loro, innescando un aumento di tale spread, il cui culmine è stato raggiunto dopo il fallimento della Lehman Brothers.

Notate qualche analogia con il recente aumento del TED Spread europeo?

Ci fermiamo qui, sperando di aver chiarito molti dubbi.

La prossima volta proveremo a rispondere ad alcune domande:

La speculazione sui CDS ha influito sulla crisi dei titoli di stato governativi, in particolar modo in Europa? E sulla Grecia?

La variazione dello spread dei CDS è ancora indice di aumento o diminuzione del rischio sul sottostante?

Poi una piccola sorpresa.

Lampo

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[8] National Bureau of Economic Research (USA) – Barry Eichengreen, Ashoka Mody, Milan Nedeljkovic, Lucio Sarno – How the Subprime Crisis Went Global: Evidence from Bank Credit Default Swap Spreads (Aprile 2009). Gli spread considerati avevano una durata di 5 anni, i più scambiati a livello mondiale. L’elenco di istituzioni finanziarie considerate (in ordine alfabetico): Abbey, ABN AMRO, AIG, Allianz, American Express, AXA, Banco Comerc. Port., Banco Santader. Bank of America, Barclays, Bear Sterns, BNP Paribas, Chubb, Citibank, Commerzbank, Credit Agricole, Credit Suisse, Deutsche Bank, Dresdner Bank, Fed. Mortgage, Freddie Mac, Goldman Sachs, Hannover Rueckversicherung, Hartford, HBOS, HSBC, HVB, ING, JP Morgan, LCL, Lehman Brothers, Lloyds TSB, Merrill Lynch, Met Life,    Monte dei Paschi, Morgan Stanley, Münchner Hypoth., Rabobank, RBS, Safeco, Société Générale, Standard Chartered, UBS, UniCredit, WachoviaAbbey, ABN AMRO, AIG, Allianz, American Express, AXA, Banco Comerc. Port., Banco Santader. Bank of America, Barclays, Bear Sterns, BNP Paribas, Chubb, Citibank, Commerzbank, Credit Agricole, Credit Suisse, Deutsche Bank, Dresdner Bank, Fed. Mortgage, Freddie Mac, Goldman Sachs, Hannover Rueckversicherung, Hartford, HBOS, HSBC, HVB, ING, JP Morgan, LCL, Lehman Brothers, Lloyds TSB, Merrill Lynch, Met Life,    Monte dei Paschi, Morgan Stanley, Münchner Hypoth., Rabobank, RBS, Safeco, Société Générale, Standard Chartered, UBS, UniCredit, Wachovia.

[9] Corriere della Sera – Crolla Bear Stearns, panico a Wall Street (14 marzo 2008).

[10] Bloomberg – Hedge Funds in Swaps Face Peril With Rising Junk Bond Defaults (20 maggio 2008).

[11] Depository Trust & Clearing Corporation – DTCC Addresses Misconceptions About the Credit Default Swap Market (comunicato stampa 11 ottobre 2008).

[12] Bloomberg – Lehman Brothers Shuts Down Subprime Unit, Fires 1,200 (Update4) (22 agosto 2007).

[13] Journal of Economic Perspectives – René M. Stulz – Credit Default Swaps and the Credit Crisis – (Volume 24, Numero 1, Inverno 2010, pag. 73-92).

[14] International Swaps & Derivatives Association (ISDA) – Lehman Risk Reduction Trading Session and Protocol Agreement (14 settembre 2008).

[15] CNN Money – Fortune – America’s Most Admired Companies 2007.

 

4 commenti Commenta
Scritto il 12 Dicembre 2011 at 14:37

Un grande plauso a lampo che sta sviscerando un argomento ostico ma tremendaemnte interessante, con grande spirito di analisi e eccellente qualità interpretativa. 😀

lampo
Scritto il 12 Dicembre 2011 at 15:17

Dream Theater,

Esagerato… faccio quel che posso… sperando che sia utile a qualcuno… 😉

Scritto il 12 Dicembre 2011 at 15:38

Bellissimo ed in tema con la newsletter ricevuta oggi da Weiss, potete leggerla qui:
http://www.moneyandmarkets.com/new-danger-of-a-systemic-collapse-48351?FIELD9=2
Riporto solo le frasi finali:

Here’s a timeline of the four most important government actions:
April 2010 — the first Greek bailout. What did it do? Nothing! My Debt Danger Index was rising at a steady pace before the bailout announcement … and it continued to do so after the announcement.
May 2010 — the $1 trillion European bailout fund (EFSF). Now, THIS was supposed to be the be-all, end-all Mother of All Bailouts. Instead, it was the cue for a whole new wave of the crisis … and my Debt Danger Index promptly resumed its steep rise.
July 2011 — the second Greek bailout. Finally a solution? Of course not! Instead of reducing the Debt Danger Index, it merely helped drive it sharply higher.
This past Friday, December 9, 2011 — Europe’s “new fiscal pact.” The grand bargain that markets were praying for? Far from it!
The European Central Bank will NOT provide the money printing that investors were hoping for.
England will NOT sign on to the deal.
And even most of the countries that DO join the pact — including big movers and shakers like France and Germany — are merely making the same old promises that they’ve already broken repeatedly in the past.

Bottom line: The European sovereign debt crisis is barely beginning. It will strike our shores directly and massively in 2012. And you must do everything possible to prepare.

Scritto il 12 Dicembre 2011 at 16:16

😀

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