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Debito sovrano: come andrà a finire?
Un flash ed una serie di soluzioni per il debito e l’economia italiana, ma anche uno sguardo a cosa potrebbe succedere per l’Eurozona
Appena rientrato, mi sono subito tuffato alla ricerca di qualche informazione che meglio mi facesse comprendere la situazione della saga sul debito pubblico soprattutto nell’area Euro.
E tra le tante cose, ho trovato uno scritto molto ben fatto, sintetico e concreto. L’autore è Francesco Daveri, professore dell’Università di Parma, docente di Politica Economica.
Da quanto si legge in queste interessanti righe scritte dal Prof. Daveri, sembra proprio che dopo gli utlimi sviluppi dell’ormai imminente default Grecia, in molti vedono l’Euro come una storia ormai all’epilogo. Invece non è così, per una serie molteplice di motivi. L’Euro secondo me, e anche secondo il Prof. Daveri, non finirà e fornirà le basi per una nuova ripartenza. Ovvio, prima però bisognerà passare dalla famosa fase di contrazione economica di cui tanto ho detto in passato, composta da sacrifici, austerity e tanti passi in avanti verso un’Unione Europea più vera. Sono cosciente del fatto che ci vorrà magari molto tempo, visto che oggi, l’Unione Europea è una vicenda di comodo che raggruppa stati con diverse culture, economie, dinamiche economiche. Ma non c’è altra strada. E allora? Occorre accettare la realtà, con una nuova sistemazione politico-economica che diventerà “alla tedesca”. Con o senza default Grecia (ipotizzato da alcune fonti per il 20 settembre, mah…)
Ma prima un flash sull’Eurogruppo terminato ieri. Sembra proprio che alla Grecia non vogliano dare dei soldi, ora, subito. Si preferisce aspettare, anche quelle tranche già promesse che però, a causa dell’opposizione di alcune triple AAA dell’Unione Europea, non vengono elargite se non in cambio di evidenti garanzie. Con una serie di teatrini degni della peggiore politica italiana. Papandreou cancella un volo prenotato verso New York per incontrare il FMI. Sfida politica? E da fonti elleniche, riportate da Linkiesta, sembra addirittura che il bilancio pubblico greco del 2009 sia stato manipolato in peggio per avere dalla BCE prestiti a tassi più convenienti.
Che dire, dicono che gli italiani sono ineguagliabili per manipolare i conti con una spiccata e talentuosa fanatisa. Questa volta i greci ci hanno probabilmente battuti. Ma torniamo all’articolo di Daveri.
La fase più recente della saga è cominciata ancora una volta con le notizie in arrivo dalla Grecia. Parlando con gli imprenditori riuniti a Salonicco, il ministro della Finanze Evangelos Venizelos ha annunciato che l’economia greca nel 2011 vedrà il proprio Pil ridursi per più del 5 per cento. La recessione greca sarà cioè probabilmente ben più aspra di quanto previsto (o sperato) dal governo greco e dalla troika composta dalla Commissione europea, dalla Bce e dal Fondo monetariom internazionale. Le misure di austerità introdotte nel 2010 (aumento dell’Iva e tagli agli stipendi dei lavoratori pubblici e alle pensioni) stanno producendo il risultato atteso di ridurre la spesa pubblica.
Ma assieme a questo effetto sta arrivando l’effetto recessivo delle misure. Il guaio è che una recessione più severa si mangia a catena le entrate fiscali e porta con sé nel baratro gli obiettivi di riduzione del deficit concordati con la troika come condizione per continuare a ricevere gli aiuti che danno ossigeno all’economia greca. E allora ecco arrivare l’ennesima correzione: con i primi mesi del 2012, a essere spremuti saranno questa volta i proprietari di casa, per quattro euro al metro quadro. Ma se la recessione peggiora ci vorranno ancora più aiuti per evitare il default del governo greco. Evento da non dare per scontato in presenza di crescente insoddisfazione dell’elettorato tedesco e dei vincoli a ulteriori decisioni che comportano oneri per il contribuente posti dalla Corte costituzionale.
E se la crisi greca si avvita ancora una volta, ecco un’altra buona ragione per l’ulteriore caduta dei valori di borsa delle banche francesi. Bnp Paribas, Societé Generale e Credit Agricole hanno già perso circa il 50 per cento del loro valore tra giugno e metà settembre 2011. I loro attivi sono ancora troppo esposti nei confronti del debito pubblico greco. A seguire, sono arrivate puntuali il declassamento del rating di due di esse da parte di Moody’s assieme alla dichiarazione di supporto del governo francese nei confronti delle tre banche e – possiamo scommetterci – con il solito grido di “dalli all’untore” nei confronti delle società di rating. Fino alla prossima volta.
LE PUNTATE PRECEDENTI
Con il procedere delle varie puntate della saga, la sensazione che l’euro sia (o sia diventata) una coperta troppo corta è divenuta palpabile. Con il senno di poi, oggi sembrerebbe facile concludere che l’idea di fare un’unione monetaria – una grande unione monetaria – tra paesi molto diversi, dotati di differenti istituzioni nazionali di supervisione dell’attività bancaria, senza un solido meccanismo di aiuti di emergenza e senza un insieme di regole fiscali più credibile di quello sancito nel Trattato di Maastricht sia stata – diciamolo – un imprudente salto nel buio. Un esempio dei danni che l’ottimismo della volontà può arrecare quando lo si fa prevalere sul pessimismo della ragione.
Sull’altro lato dell’oceano Atlantico, peraltro, gli americani ci avevano avvertiti che l’euro era uno strano animale. Ci avevano detto che non si era mai vista un’unione monetaria tra paesi che mettevano l’autonomia politica nazionale in cima alle loro agende politiche. Abbiamo pensato che avessero paura di perdere il monopolio del dollaro come valuta di riserva nelle transazioni internazionali, la fonte ultima di finanziamento del loro tenore di vita. Comunque, per dieci anni, a dispetto dello scetticismo americano, l’euro ci ha portato almeno un beneficio, molto evidente nella figura riportata sotto: la riduzione e la convergenza dei tassi di interesse e un forte impulso verso una maggiore disponibilità di credito in tutta Europa. L’occasione è stata però largamente sprecata dai singoli Stati: i governi si sono goduti il bonus del minor costo del debito e hanno continuato a fare quello che facevano prima della corsa verso l’euro.
Hanno creduto che l’euro – quasi come la caduta del Muro di Berlino – fosse la “Fine della Storia”. E invece era solo l’inizio, l’inizio di una nuova fase in cui tra i paesi europei cominciava la gara delle riforme: senza lo strumento del cambio solo chi fa le riforme necessarie a mantenere la competitività riesce a vincere sui mercati europei e mondiali. L’euro ha quindi finito per accrescere le differenze tra i paesi dell’Unione, tra quelli che stanno in piedi con le loro gambe perché hanno fatto le riforme e quelli che non ce la fanno perché non hanno adattato le loro istituzioni a una società invecchiata, ma globale. I primi crescono in modo equilibrato, gli altri no: spagnoli, irlandesi e greci sono cresciuti ma alimentando gravi squilibri, italiani e portoghesi non sono cresciuti affatto.
A far scoppiare la bomba è stata la crisi finanziaria del 2008-09. La crisi – o meglio le risposte alla crisi – hanno provocato un rapido peggioramento dei conti pubblici anche nei paesi rigoristi dal punto di vista fiscale, il che ha accresciuto l’attenzione dei contribuenti verso il “bang for the buck”, verso i ritorni e i costi sociali della spesa pubblica. Fino a che la spesa pubblica è inefficiente ma non provoca un insopportabile fardello fiscale, spiegare a un tedesco che occorre salvare un paese come la Grecia per consentire che l’unione monetaria continui a funzionare potrebbe non essere troppo difficile per un buon politico (Helmut Kohl riuscì a far digerire ai suoi concittadini un inverosimile cambio uno a uno tra il marco occidentale e quello orientale). Ma le cose si complicano quando il debito pubblico aumenta rapidamente (dal 65 per cento del Pil del 2007 all’84 per cento del 2011 in Germania). E così l’opinione pubblica tedesca ha cominciato a pensare seriamente all’ipotesi di sbarazzarsi dei “deficit sinner” – dei peccatori del deficit, a cominciare dai greci ma per arrivare forse agli italiani – come ci hanno fatto capire le dimissioni del banchiere centrale tedesco Jurgen Stark dal consiglio della Bce.
SALVARE LA GRECIA E RIFONDARE L’UNIONE
Il problema o la fortuna, a seconda dei punti di vista, è che l’euro è una strada a senso unico. Chi ha provato a fare i conti del costo del break up (lo hanno per ora fatto in modo un po’ sbrigativo tre economisti di Ubs) ha tirato fuori numeri da capogiro come 6-8 mila euro per ogni tedesco solo nel primo anno, il 15-20 per cento del Pil tedesco. Al di là dei numeri precisi, conta la logica del ragionamento: già nella fase di transizione verso la nuova situazione, si verificherebbero massicce fughe di capitale verso la Germania e gravi insolvenze nei paesi più deboli dell’area euro orfana della Germania, con un drammatico apprezzamento del neo-marco rispetto all’euro. Implicazioni più ovvie per i tedeschi? Almeno due: le aziende tedesche non esporterebbero più frigoriferi e automobili nel resto dell’Europa e nel mondo e le banche tedesche si troverebbero piene di titoli del debito denominati nella valuta sbagliata (l’euro). Se dunque fosse la Germania a lasciare l’euro, ogni cittadino tedesco si troverebbe a sborsare un sacco di soldi per ricapitalizzare il sistema bancario e per salvare la Miele e la Volkswagen.
Che cosa rimane ai tedeschi e all’Europa allora? Rimane una strada obbligata: quella di mettersi con pazienza e poco alla volta a rifondare “alla tedesca” il funzionamento dell’Unione Europea, non solo quella monetaria. Se riuscirà a ottenere da tutti i partecipanti all’Unione le riforme desiderate, a quel punto diventerà irrilevante la nazionalità di chi sarà a capo dell’Unione riformata e le resistenze dei contribuenti tedeschi potranno essere superate e la Costituzione tedesca opportunamente emendata. Ma è bene tenere a mente che tutto ciò non potrà avvenire prima di aver spento l’incendio, cioè avendo prima – subito – garantito un rinnovo di aiuti pluriennali che eviti alla Grecia la prosecuzione della strategia di lento suicidio economico a cui sta andando incontro nell’attuazione del suo programma di aggiustamento fiscale. Se non si salva la Grecia oggi, non ci sarà nessun trattato europeo da riscrivere domani. (Source)
Intanto, se avete 30 minuti di tempo, buttate un occhio anche a questo video. Il personaggio forse a molti non starà troppo simpatico, essendo un ex Ministro di passate legislature, ma ci dà una lettura della realà molto concreta, semplice ed efficace.
La morale è semplice: chi crede ci sia la “ricetta facile” si sbaglia di grosso…
Ah… ben ritrovati a tutti!
😀
STAY TUNED!
DT
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Mah io sono piu’ pragmatico… Se l’Europa non si sfaldera e’ solamente perche’ ci sono decine di migliaia di parassiti che ci stanno mangiando e sfortunatamente sono tra quelli che promulgano le leggi, praticamente se non falliranno e i popoli incarogniti non li inseguiranno rimarranno al timone… Guardati questo articolo sui debiti europei su zero:
http://www.zerohedge.com/news/european-sovereign-debt-cant-we-all-just-net-along
Ben tornato DT. Mancano le tue analisi. Concordo con te sul fatto che per tenere in piedi l’euro e rifondare l’europa, l’unica soluzione possibile sia una soluzione “tedesca” come guida. Sul piano politico la vedo difficile se non impossibile. Il rischio che corriamo è quello di imbarcaci in una soluzione di esproprio di capitali e redditi Italiani reali per salvare banche e finanzieri euro-anglosassoni pareggiando anche i conti di qualche delocalizzatore confindustriale. Ritrovarci poi fuori dall’europa e senza il salvagente del patrimonio pubblico strategico e privato che, ricordiamolo sempre, è un buon boccone. Fa gola a tutti ma serve a noi. C’è troppa gente che vuol correre, anche in Italia, al capezzale dell’ammalata. Visto il passato, non so quanto sia disinteressata. Sul piano economico e strategico, l’intervento in Libia è stato contro gli interessi italiani e questo è un fatto, anche europeo. La realtà bisogna guardarla in faccia. Tutta la serie di interventi di destabilizzazione “democratica” in Nord-Africa ci hanno piazzato una bomba sotto i piedi e siamo anche fortunati rispetto agli Israeliani. Sì, l’europa e l’euro sono una soluzione ma non esiste ancora l’Europa che non è un problema risolvibile con soluzioni finanziarie ma politiche.
E’ quello che penso da sempre, saranno gli euro-burosauri politici e non a “salvare” l’europa e a continuare a costruirla a loro misura e dimensione. Te li vedi a casa e senza stipendio ad imparare un lavoro? E’ una cosa che psicologicamente destabilizza. Un dramma umano. Penso che anche su questo terreno alcuni partner europei abbiano esaurito la pazienza…
appena scoperto legendo zerohedge
http://graphics.thomsonreuters.com/F/09/EUROZONE_REPORT2.html
Reuters mappa interattiva del debito sovrano Europeo
Mi sa che la situazione e’ bruttina
Infine vorrei condividere alcune idee per tentare di salvare il nostro paese dal declino. In fondo dire che tutto va male nn e’ utile, bisogna essere propositivi e nel mio piccolo lancio un po’ di idee per stimolare il dibattito. Sempre che DT sia d’accordo. Dt puoi sempre cancellare il post se non ti sembra opportuno.
Qua bisogna agire subito e con decisione se vogliamo avere una minima possibilita’ di salvarci.
Innanzitutto a casa sto governo di pagliacci.
Poi avrei alcune proposte per ridurre la spesa pubblica e allo stesso tempo tentare di rialnciare l’economia italiana favorendo la meritocrazia piuttosto che il nepotismo.
1) Tagliare spesa pubblica a partire dai costi della politica (tanto per iniziare via il vitalizio per tutte le nuove legislature e tassazione del 50% almeno sui vitalizi che nn si possono eliminare, ma qua gli sprechi sono enormi e talmente elvati che probabilmente da soli basterebbero a raggiungere il bilancio). I POLITICI DOVREBBERO SERVIRE IL PAESE NON SFRUTTARLO FINO ALL’OSSO. Dovrebbe essere un sacrificio non un privilegio essere al governo del paese.
1b) Eliminazione di sussidi assurdi tipo CIP6 (con il quale si incentiva la produzione elettrica da fonti fossili estremamente inquinanti come i residui della raffinazione che di rinnovabile nn hanno niente) ma ce ne sono tantissimi altri (sussidio al trasporto su gomma, incentivi al solare piu’ alti del mondo, ecc. ecc. solo per rimanere in ambito energetico che conosco un pochino).
2) riforma dell’universita’ con accorpamento di alcune aree (ormai qualsiasi bischerata con un nome apparentemente intellettuale e’ degna di ricevere una cattedra in universita’), riduzione degli esborsi per la ricerca a pioggia a tutti gli atenei. Cercando di creare poli universitari di eccellenza sia al nord che al centro che al sud. Incentivi solo a coloro che se li meritano (si possono usare per esempio numero di paper internazionali e altri indici riconosciuti a livello internazionale)
3) Incentivi per le imprese gestite da giovani (sotto i 40anni almeno), per esempio meccanismi di esenzione da alcune tasse per i primi anni di attivita’. Lo so che sembrerebbe concorrenza sleale ma almeno si incentiverebbe un po’ di competizione con cervelli giovani.
4) liberalizzazione delle professioni con eliminazione di alcuni albi la cui utilita’ e’ per lo meno discutibile (basta con i notai che esistono solo da noi !!!). Liberalizzare tassitti e farmacisti puo’ anche andare bene ma secondo me conviene partire da qualcosa piu’ in alto.
5) ritorno dell’IVA al 20%, con esenzione Iva su molti beni tipo quelli necessari per le famiglie neoformate, penso al regno Unito dove molti beni che servono ad accudire i neonati sono esenti IVA. In fondo se vogliamo mantenere il nostro sistema pensionistico Bismarkiano dobbiamo fare figli, e farne tanti. Sulle pensioni non mi esprimo visto che non sono in grado di trovare una soluzione che non penalizzi le fasce piu’ deboli. D’accordo con sistema contributivo (non mi esprimo sul calcolo) e innalzamento dell’eta’ pensionabile.
6) Riforma della finanza, con l’apertura del mercato a veri professionisti (qua magari parlo un po’ a mio favore), ma vedo come funziona negli USA e in effetti non ci sono paragoni con il sistema italiano inefficiente e quasi totalmente in mano a poche banche tradizionali. Almeno la figura del consulente finanziario indipendente potrebbero istituirla.
7) Lotta dura all’evasione, ma non solo contro i soliti artigiani e le aziendine a conduzione familiare, tipo bar e parrucchieri.
8) Avrei anche altre proposte ma quelle citate sarebbero le priorita’
Ovviamente non ho numeri alla mano ma secondo me ci si potrebbe fare a rientrare.
Ecco se qualcuno mi presenta un piano cosi’ io gli do il voto subito.
Scusa l’intromissione
Con rinnovata stima continua cosi’!
Ciao DT
Ma quale intromissione, figurati. Proprio su questo argomento uscirà un post domani mattina. Ottimo il tuo piano…. 😉 Sei quasi meglio di Silvio… anzi… di Silvio e Giulio messi insieme… anzi…togliamo il quasi…
ps: io cancellarti? e perchè mai?
Finalmente su “In Onda” con Passera e Porro si sente articolare qualche buon ragionamento (non interrotto subito) sulla crisi globale, sull’Italia e sui problemi europei.
grande Amato, con i suoi 30.000 euro AL MESE di pensione puo’ dire di aver contribuito al debito pubblico italiano. si ad aumentarlo…