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I folli costi della guerra talebana
Afghanistan + Iraq = costi immani per gli USA e per i paesi della coalizione. Più il costo delle vite umane. La guerra non è certo finita e i conti reali non si possono fare. Ma…ne valeva la pena?
La cattura di Osama Bin Laden è stata vista dal mondo occidentale come una liberazione. Ma non dobbiamo illuderci, si è vinta una battaglia ma la guerra è ancora molto lunga. Intanto però possiamo farci due conti.
Risulta infatti che la guerra in Afghanistan è costata uno sproposito. Il grafico qui sotto è emblematico e si spiega da solo. Interessante anche notare che oggi, l’impegno economico è fortemente indirizzato all’Afghanistan che ha superato, a livello di onerosità bellica, lo stesso Iraq nell’anno 2010 e nel 2012 (stime) costerà 6 volte quanto costerà l’Iraq. Attenzione però, il grafico sotto esposto si riferisce agli USA. E poi ci sono i costi che TUTTE le altre nazioni hanno dovuto sostenere. Alla faccia del’austerity e con la soddisfazione dell’industria bellica. Cifre che però sono già contestate da più parti, compreso dal premio Nobel Stiglitz che stima il costo bellico ben oltre i 3 trilioni di dollari (contro i 1.3 trilioni nell’analisi sopra esposta).
Questo ha comportato anche un forte contributo all’aumento del debito pubblico.
Quindi è lecito farsi delle domande, e proprio come propone Stiglitz, è giusto chiedersi se tutto questo poteva essere gestito meglio. Infatti, senza la guerra in Iraq (e tutto quello che poi ha portato , compreso l’Afghanistan), a che prezzo sarebbe oggi il petrolio? E la crisi geopolitica internazionale, avrebbe raggiunti i livelli di allerta attuali? Domande a cui non possiamo rispondere nella realtà ma che, nella logica, ci portano a ragionare verso un petrolio molto meno caro ed un clima internazionale più sereno.
Se poi andiamo ad aggiungere al costo economico anche il ben più grave costo di vite umane, beh, credo che ci sia ben poco da aggiungere: oltre 100.000 civili e 7.000 forze della coalizione).
Ps: il costo per l’Italia dovrebbe aggirarsi sui 3 miliardi di Euro. Ma purtroppo, sia per l’Italia che per tutti gli stati impegnati nella lotta, i conti non si possono nacora fare, visto che la guerra è ancora apertissima. E proprio ieri è nuovamente stato alzato il grado di allerta antiterrorismo.
PPS: buttate un occhio anche agli eccellenti commenti, troverete materiale molto interessante…
Chissà oggi che mondo ci sarebbe senza aver avuto l’attacco all’Iraq…
STAY TUNED!
DT
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Se poi aggiungiamo che l’Afghanistan è ricco di materie prime, in particolare litio, fondamentale per l’industria automobilistica del futuro (batterie) e per l’elettronica. C’è anche ferro, rame, cobalto e oro.
La stima era di giacimenti per compressivi 1.000 miliardi di $.
Quindi la convenienza economica della guerra… e purtroppo ancora valida.
Un link di approfondimento:
http://www.nytimes.com/2010/06/14/world/asia/14minerals.html
Qui ho trovato un report dettagliato (finanziato dal Governo USA) delle risorse minerarie. Risale al 2007. Buona lettura.
http://pubs.usgs.gov/fs/2007/3063/fs2007-3063.pdf
ehm…questo non ho voluto sottolinearlo ma è ovvio che gli interessi sono tutti lì.
Mentre invece in Libia c’è una sabbia finissima che serve per fare le spiagge italiane, se non sbaglio… 😉
beh, per i costi folli non ci somo mica solo i talebani.
Comunque quello che ci differenzia sono le soluzioni. Troppi ufficiali? nessun problema, assumiamo soldati. Semplice no?
Solo che a forza di tirar la corda….
L’avevo letto…
Beh… poi diventeranno ufficiali anche quelli… e via dicendo. Mi ricorda il gioco dell’oca… solo che siamo sempre noi che paghiamo!
Mentre gli Americani vengono derubati alla pompa di benzina, Exxon Mobil registrerà questa settimana un incremento del 60% nei suoi profitti netti del quadrimestre, arrivando a 10 miliardi di dollari. Royal Dutch/Shell avrà invece un 30% d’aumento.
Nel 1975 lo scrittore britannico Anthony Sampson utilizzò il termine ‘Le Sette Sorelle” per indicare, per mezzo di un nome collettivo, un ombroso cartello petrolifero che, nel corso della sua storia, è riuscito a eliminare tutti i suoi competitori e a controllare le risorse petrolifere mondiali. La definizione di Sampson, le ‘Sette Sorelle’, venne però prima pronunciata dal dirigente petrolifero italiano Enrico Mattei.
Negli anni ’60 Mattei iniziò a negoziare con l’Algeria, la Libia e altri paesi dell’OPEC che volevano vendere il loro petrolio in tutto il mondo senza dover aver a che fare con le ‘Sette Sorelle’. L’Algeria ha avuto una lunga storia di sfide con Big Oil e fu guidata dal presidente Houari Boumedienne, uno dei più grandi leader del socialismo arabo di tutti i tempi, che fece conoscere la sue originali idee per un “Nuovo Ordine Economico Internazionale” nei suoi discorsi accorati alle Nazioni Unite, in cui incoraggiava la formazione di un cartello dei paesi produttori all’interno dell’OPEC per avviare un’emancipazione del Terzo Mondo.
Nel 1962 Mattei morì in un misterioso incidente aereo. L’ex agente d’intelligence Thyraud de Vosjoli è sicuro del fatto che i servizi francesi vi fossero coinvolti. William McHale del Time, che seguì Mattei nel tentativo di rompere il cartello del petrolio di Big Oil, morì anche lui in questo strano incidente.
Una nuova ondata di fusioni che avvenne alla fine del millennio ha trasformato le ‘Sette Sorelle’ di Sampson – Royal Dutch/Shell, British Petroleum, Exxon, Mobil, Chevron, Texaco e Gulf – in un cartello ancora più ristretto che, nel mio libro “Big Oil & Their Bankers…” indico col nome dei “Quattro Cavalieri”: Exxon Mobil, Chevron Texaco, BP Amoco e Royal Dutch/Shell.
Alla fine del XIX secolo, John D. Rockefeller era ormai conosciuto come “il Mercante Illuminato” in un periodo in cui il petrolio stava fornendo l’alimentazione alle lampade dei comodini in ogni casa americana. Rockefeller comprese che era la raffinazione del petrolio per ottenerne i derivati, e non tanto la vera e propria produzione di greggio, che avrebbe consentito il controllo dell’industria mondiale.
Nel 1895 la sua Standard Oil Company possedeva il 95% di tutte le raffinerie degli Stati Uniti mentre stava espandendo le sue operazioni oltremare. Riassumendo la sua volontà di creare un nuovo monopolio petrolifero, Rockefeller una volta affermò: “È venuto il tempo delle associazioni. L’individualismo non esisterà mai più.”
Standard Oil Trust di Rockefeller iniziò a illuminare il Nuovo Mondo per mezzo dei finanziamenti di Kuhn Loeb e della famiglia di bancari Rothschild. Mentre i Rockefeller stavano lavorando a formare la struttura del mercato energetico dalla parte americana, i Rothschild stavano consolidando il loro controllo sulle risorse petrolifere del Vecchio Mondo.
Dal 1892 Shell Oil, sotto la direzione di Marcus Samuel, iniziò a spedire il greggio South Sea attraverso il canale di Suez per fornire le industrie europee. Shell prese il nome dall’abbondanza di conchiglie che contornavano le spiagge dell’arcipelago controllato dagli olandesi che oggi prende il nome d’Indonesia. La famiglia Samuel controlla la più grande merchant bank di Londra, Hill Samuel, così come la trading house Samuel Montagu.
Nel 1903 la svedese Nobel e la francese Far East Trading controllata dai Rothschild –finanziate entrambe dal re Guglielmo III – si unirono a Shell Oil dei Samuel e degli Oppenheimer per formare l’Asiatic Petroleum Company.
Nel 1927 Royal Dutch Petroleum scoprì un giacimento petrolifero a Seria, al largo delle coste del Brunei, il cui sultano sarebbe diventato l’uomo più ricco al mondo grazie alla sua lealtà verso la corona olandese. I sovrani britannici e olandesi che controllavano Royal Dutch fusero la loro compagnia con la Shell Oil, degli Oppenheimer e dei Samuel, e la Far East Trading, dei Nobel e dei Rothschild: così nacque Royal Dutch/Shell. La Regina Beatrice della casata olandese degli Orange e Lord Victor Rothschild sono i due più grandi detentori di quote azionarie.
Nel 1872 Il barone Julius du Reuter ottenne una concessione di 50 anni per l’estrazione in Iran. Nel 1914 il governo britannico prese il controllo dell’Anglo-Persian Company e la rinominò prima Anglo-Iranian, poi British Petroleum e alla fine BP. La casata britannica degli Windsor controlla una grande posta in BP Amoco, mentre la monarchia del Kuwait ne possiede il 9,5%.
Nel 1906 il governo degli Stati Uniti ordinò lo smantellamento di Standard Oil Trust dei Rockefeller, visto che aveva violato lo Sherman Anti-Trust Act. Il 15 maggio del 1911 la Suprema Corte statunitense dichiarò: “Sette uomini e una macchina aziendale hanno cospirato contro i nostri cittadini. Per la sicurezza della Repubblica decretiamo che questa pericolosa cospirazione termini il 15 di novembre.”
Ma l’interruzione delle attività di Standard Oil all’interno dei confini nazionali servì solamente per incrementare il capitale della famiglia Rockefeller, che deteneva il 25% di quote di ciascuna compagnia. Presto le nuove compagnie iniziarono a fondersi.
La nuova Standard Oil of New York si unì a Vacuum Oil per formare Socony-Vacuum, che divenne Mobil nel 1966; Standard Oil of Indiana si fuse con Standard Oil of Nebraska e Standard Oil of Kansas e nel 1985 divenne Amoco. Nel 1972 Standard Oil of New Jersey divenne Exxon. Nel 1984 Standard Oil of California si unì a Standard Oil Kentucky per formare Chevron. Standard Oil of Ohio (Sohio) trattenne il marchio Standard fino a che non venne acquistato da BP, che comprò anche la recentemente costituita Atlantic Richfield (ARCO). I Rockefeller riuscirono così a possedere una larga fetta delle quote di BP.
Nel 1920 Exxon, BP e Royal Dutch/Shell dominavano il mercato mondiale del petrolio in piena espansione, con le famiglie Rockefeller, Rothschild, Samuel, Nobel e Oppenheimer, assieme ai sovrani britannici e olandesi, che ne detenevano la gran parte delle quote. Due altri ‘piccoli figli’ dei Rockefeller, Mobil e Chevron, non erano molto distanti dalle Tre Grandi. La famiglia texana dei Murchison – sostenuti dai Rockefeller – aveva il controllo di Texaco, assieme alla famiglia Mellon.
Il primo tentativo messo in atto dalle Sette Sorelle per soffocare la competizione avvenne nel 1928 quando Sir John Cadman di British Petroleum, Sir Henry Deterding di Royal Dutch/Shell, Walter Teagle di Exxon e William Mellon di Gulf si riunirono al castello di Cadman vicino Achnacarry, in Scozia. In quel luogo raggiunsero un accordo per dividersi le riserve e i mercati petroliferi.
L’Accordo di Achnacarry divenne ben noto agli insider dell’industria del petrolio come l’accordo “Va Bene Così”, perché il suo obbiettivo era quello di mantenere lo status quo tramite il quale le Sette Sorelle stavano controllando il petrolio del mondo per mezzo di accordi per la ripartizione del mercato, la condivisione degli impianti di raffinazione e di stoccaggio, e accordandosi per limitare la produzione in modo da tenere i prezzi alti.
Big Oil firmò altri tre accordi nei successivi sei anni: il “Memorandum d’Intesa per i Mercati Europei” fu seguito nel 1932 da “Punti di Accordo sulla Distribuzione” e nel 1934 dal “Memorandum Breve sui Principi”.
Tra il 1931 e il 1933 i Quattro Cavalieri tagliarono in modo spietato il prezzo del greggio East Texas da 0,98 dollari a 0,10 dollari al barile. Molti wildcatters (ndt: erano i proprietari di pozzi non troppo redditizi al di fuori dei grandi giacimenti, in zone generalmente remote) texani furono buttati fuori dal mercato. Quelli che rimasero furono forzati a ridurre le loro quote di produzione sotto la minaccia delle aziende più grandi – quote che ancora sussistono fino ai nostri giorni. Sono queste quote, e non “gli ambientalisti”, che servono per tenere gli Stati Uniti dipendenti dal petrolio del Golfo Persico, dove Big Oil domina il gioco.
Nel portare l’industria petrolifera a una dimensione internazionale – che richiede miliardi di capitale, i Quattro Cavalieri fecero tutto il possibile per mantenere intatto il loro controllo. Tolsero anche il lavoro a migliaia di lavoratori in Texas e in Louisiana.
John D. Rockefeller non controllava le riserve petrolifere. Investì così in modo massiccio nella raffinazione del petrolio e per la realizzazione di accordi con le ferrovie controllate dai Morgan al fine di tagliare i costi di spedizione. Gli wildcatters texani dovevano invece pagare molto di più per spedire il loro petrolio. Non avevano neanche la più remota conoscenza di come raffinare il greggio, né i capitali per comprare le costose raffinerie. Tutti i loro averi erano indirizzati alle attrezzature per la perforazione, che avevano comunque un costo notevole..
Oggi la fortuna della famiglia Rockefeller è ancora principalmente investita nelle operazioni downstream (ndt: tutte le operazioni successive all’estrazione) come il petrolchimico e le quella delle materie plastiche, così come nelle industrie che dipendono dal petrolio, tra cui la bancaria, l’aerospaziale e quella della costruzione di autoveicoli.
Negli anni ’80 il direttore di lungo corso della Chase Manhattan David Rockefeller investì 35 miliardi di dollari a Singapore, che da allora divenne un importante centro di raffinazione e di stoccaggio. La più grande raffineria di Royal Dutch/Shell è a Pulau Bukom.
Nel 1991, quando le Tigri Asiatiche iniziavano a ruggire, Exxon Mobil introdusse la benzina senza piombo in Thailandia, Malesia, Honk Kong e Singapore. Veniva prodotta nella gigantesca raffineria di Jurong, sempre in Singapore.
I Quattro Cavalieri hanno fatto i loro soldi principalmente nel downstream. Sono i più grandi raffinatori e venditori di greggio al mondo in tutte le sue forme. RoyalDutch/Shell è sia il più grande raffinatore che il maggior venditore di greggio, e al momento fornisce un decimo dei barili di prodotto raffinato in tutto il mondo. La sua politica aziendale ha avuto grande beneficio da questa scelta, che le ha fruttato una serie di record nei suoi profitti a partire dal 1988 e per molti anni a venire. Il 77% dei profitti di Shell derivano oggi dal petrolchimico.
Shell possiede anche il più grande impianto di raffinazione al mondo ad Aruba, un’isola delle Antille Olandesi, proprio davanti le coste venezuelane. Nel 1991 Shell vendette una raffineria ormai datata sulla vicina isola di Curacao mentre stava rinnovando gli impianti di Aruba. Il completamento di questo grande stabilimento fece sì che il greggio venezuelano diventasse sempre più importante per la fornitura di petrolio mondiale. Anche il greggio che viene dalle nazioni africane, come Nigeria e Angola, viene raffinato agli impianti della Shell a Aruba, che sono collocati proprio nei pressi dell’enorme raffineria “Lago” della Exxon Mobil, vicino al lago venezuelano di Maracaibo, da dove deriva la maggior parte del greggio del Venezuela.
Le attività di Royal Dutch/Shell sono attualmente incentrate sullo sviluppo del mercato del gas naturale e investono in modo massiccio negli impianti di Middle Distillate Synthesis (MDS) che convertono il gas naturale liquefatto in prodotti liquidi high-grade. Dal 1996 hanno costruito impianti di MDS in Malesia, in Nigeria e in Norvegia. Nel 1993 Shell si è unita a Mitsubishi e Exxon Mobil in un progetto per il gas di 3 miliardi di dollari in Venezuela e ha avviato un’espansione del settore petrolchimico di 1,1 miliardi di dollari in Brasile. Lo stesso anno BP Amoco ha scoperto alcuni giacimenti petroliferi nella vicina Colombia.
Nel 1969 Exxon possedeva 67 raffinerie di petrolio in 37 pesi. Nel 1991 oltre il 60% dei profitti di Exxon venivano da operazioni downstream. Solo nel primo quadrimestre di quell’anno, Exxon registrò 2,4 miliardi di dollari di utile, il più alto livello mai registrato da quando Rockefeller fondò Standard Oil of New Jersey nel 1882. Non è stata una coincidenza il proseguimento della Guerra del Golfo durante tutto questo tempo, con Exxon che poteva così soddisfare la gran parte delle richieste delle forze armate USA e dei suoi alleati.
Nei primi anni ’90 Exxon rilevò la divisione delle materie plastiche di Allied Signal e inaugurò una joint venture sia con Dow che con Monsanto nel settore degli elastomeri termoplastici. Secondo i dati del ‘10K report’ Exxon Mobil, consegnato alla SEC nel 2001, la compagnia ha avuto un utile netto di 16 miliardi di dollari nel 2000. Nel periodo 2003-2006, durante l’occupazione dell’Iraq, la compagnia ha battuto con regolarità ogni primato per quanto riguarda l’utile quadrimestrale di qualsiasi azienda nella storia degli Stati Uniti.
Negli ultimi tempi i Quattro Cavalieri sono tornati verso l’upstream (ndt: l’estrazione vera e propria), diventando così i quattro più grandi venditori al dettaglio di gas negli Stati Uniti. Possiedono tutti i più grandi gasdotti del mondo e la gran parte delle petroliere. Royal Dutch/Shell ha 114 navi nella sua flotta. Di recente la compagnia ha aggiunto altri sette giganteschi natanti per il trasporto di gas naturale liquido. Shell ha 133.000 persone impiegate in giro per il mondo e nel 1991 aveva un capitale di 105 miliardi di dollari. La piattaforma petrolifera di Shell, Bullwinkle, nel Golfo del Messico è più alta di qualsiasi altro edificio in tutto il mondo.
Exxon Mobil è leader nella produzione di lubrificanti e i suoi scienziati hanno inventato la gomma butile. Svolge le proprie operazioni in 200 nazioni ed è la prima azienda che opera nel difficile mare di Beaufort, dove ha costruito 19 isole d’acciaio per poter effettuare le perforazioni. Exxon possiede la maggior parte del territorio dello Yemen (5,6 milioni di acri), dell’Oman e del Ciad. Il suo capitale nel 1991 ammontava a 87 miliardi di dollari.
L’ultima ondata di fusioni dell’industria petrolifera iniziò nei primi anni ’60. Otto delle venticinque maggiori compagnie degli anni ’60 si fusero prima del 1970. Exxon rilevò Monterey Oil e Honolulu Oil. Chevron riunì a sé Standard Oil of Kentucky. Atlantic Oil si fuse con Richfield Refining per formare ARCO, che poi si divorò Sinclair. Marathon Oil comprò le azioni di Plymouth Refining.
Un’altra ondata di fusioni fu realizzata negli anni ’80. Chevron rilevò Gulf nel 1984. Texaco acquistò Getty Oil. Mobil comprò Superior Oil. BP prese sia Britoil che Sohio (Standard Oil of Ohio). ARCO rilevò City Services. US Steel acquistò Marathon Oil. La scoperta del petrolio nel Mare del Nord avvenuta nel 1984 consolidò la posizione di Big Oil – specialmente quella di Royal Dutch/Shell e di Exxon – la cui joint venture, Shell Expro, ottenne le prime concessioni.
Nel 1985 Shell acquistò gli interessi in Colombia dell’Occidental Petroleum. Nel 1988 rilevò gli asset che Tenneco aveva in quel paese. Gli anni ’90 videro Amoco (Standard Oil of Indiana) agganciare i suoi vagoni a BP per formare BP Amoco. Nel 1999 BP Amoco rilevò ARCO, trasferendo alla compagnia il 72% delle quote di Alaskan Pipeline.
Exxon rilevò Texaco Canada e, in Messico, la Compania General de Lubricantes nel 1991. Conoco fu acquistata da DuPont. Nel marzo del 1997 Texaco e RD/Shell decisero di unificare le proprie attività per la raffinazione.
L’ultima notevole ondata di consolidamento ha visto Exxon fondersi con Mobil nel novembre del 1999. Lo stesso anno Chevron acquistò la thailandese Rutherford-Moran Oil e l’argentina Petrolera Argentina San Jorge. Nel luglio 2000 Chevron unì la propria sezione petrolchimica e quella di Phillips per formare Chevron Phillips Chemical Company. Sempre nello stesso anno Chevron si legò a Texaco.
Il 30 agosto del 2002 la fusione di Conoco con Phillips Petroleum provocò la creazione di Conoco Phillips, che nel 2005 rilevò il titano del carbone Burlington Resources. Nel 2002 Royal Dutch/Shell acquistò le già consolidate Pennzoil/Quaker State così come la più grande compagnia petrolifera indipendente britannica, Enterprise Oil. Nel 2005 Chevron rilevò Unocal. E i Quattro Cavalieri hanno continuato al galoppo.
I Quattro Cavalieri si sono anche scambiati i dirigenti con le megabanche internazionali; Exxon Mobil ha condiviso membri del CDA con JP Morgan Chase, Citigroup, Deutsche Bank, Royal Bank of Canada e Prudential. Chevron Texaco ha avuto intrecci con Bank of America e JP Morgan Chase. BP Amoco ha condiviso dirigenti con JP Morgan Chase. RD/Shell ha legami di questo tipo con Citigroup, JP Morgan Chase, N. M. Rothschild & Sons e Bank of England.
L’ex direttore di Citibank, Walter Shipley, prese posto nel CDA di Exxon Mobil, così come fece Wayne Calloway di Citigroup e Allen Murray di JP Morgan Chase. Willard Butcher di Chase aveva un seggio nel consiglio di Chevron Texaco. L’ex direttore della Fed, Alan Greenspan, veniva dal Morgan Guaranty Trust e ha preso posto nel CDA di Mobil. Il direttore di BP Amoco, Lewis Preston, riuscì anche a diventare presidente della Banca Mondiale.
Altri dirigenti di BP Amoco comprendono Sir Eric Drake, il numero 2 nella più grande azienda portuale mondiale, P&O Nedlloyd, e dirigente di Hudson Bay Company e di Kleinwort Benson. William Johnston Keswick, la cui famiglia controlla la fornitura di elettricità a Hong Kong tramite Jardine Matheson, siede anche lui nel CDA di BP Amoco. Il figlio di Keswick è un dirigente a HSBC. La Hong Kong connection è ancora più robusta a RD/Shell.
Lord Armstrong di Ilminster ha preso posto nel CDA di RD/Shell, N. M. Rothschild & Sons, Rio Tinto e Inchcape. Il proprietario di Cathay Pacific Airlines e uomo interno a HSBC, Sir John Swire, era un dirigente di Shell, così come Sir Peter Orr, che si unì a Armstrong nel CDA di Inchape. Il direttore di Shell, Sir Peter Baxendell, si è unito a Armstrong nel CDA di Rio Tinto, mentre Sir Robert Clark di Shell siede nel CDA di Bank of England.
Come risultato della fobia deregolatoria, negli Stati Uniti le compagnie non devono più comunicare i principali azionisti alla SEC. In base ai ‘10K reports’ compilati nel 1993 dai Quattro Cavalieri, l’azione combinata dei Rothschild, dei Rockefeller e dei Warburg controlla ancora Big Oil. I Rockefeller esercitano il controllo attraverso le megabanche di New York e il Banker’s Trust, che nel 1999 fu acquistato dalla Deutsche Bank, controllata dai Warburg, nel suo tentativo di diventare la più grande banca al mondo.
Nel 1993 Banker’s Trust era il primo azionista di Exxon. Chemical Bank era il quarto e J.P. Morgan era il quinto. Entrambe fanno ora parte di JP Morgan Chase. Banker’s Trust era anche il maggior azionista di Mobil. BP indicava Morgan Guaranty come il più grande detentore nel 1993, mentre Amoco aveva Banker’s Trust come secondo più grande azionista. Banker’s Trust era anche il quinto più grande azionista di Chevron, mentre Texaco indicava J.P. Morgan come il suo quarto più gran detentore e Banker’s Trust il nono.
E così Deutsche Bank e JP Morgan Chase – le banche dei Warburg e dei Rockefeller – hanno incrementato le loro quote in Exxon Mobil, BP Amoco e in Chevron Texaco. Bank of America controllata dai Rothschild e Wells Fargo esercitano il controllo sulla West Coast attraverso Big Oil, mentre Mellon Bank riveste ancora un ruolo di primo piano. Wells Fargo e Mellon Bank erano entrambi tra i dieci più grandi azionisti di Exxon Mobil, Chevron Texaco e BP Amoco nel 1993.
Le informazioni su RD/Shell sono difficili da ottenere dato che sono registrati in Regno Unito e in Olanda e per questo non devono compilare i ‘10K reports’. È posseduta al 60% dall’olandese Royal Dutch Petroleum e per il 40% da Shell Trading & Transport del Regno Unito. La compagnia ha solamente 14.000 azionisti e pochi dirigenti. Coloro che l’hanno indagata sono concordi dell’affermare che Royal Dutch/Shell è ancora controllata dalle famiglie Rothschild, Oppenheimer, Nobel e Samuel assieme alla casata britannica dei Windsor e alla casata olandese degli Orange.
La Regina Beatrice della casa olandese di Orange e Lord Victor Rothschild sono i due più grandi detentore di quote di RD/Shell. La madre della Regina Beatrice, Juliana, è stata la donna più ricca del mondo and una finanziatrice di movimenti radicali di estrema destra. Il Principe Bernhard, che ha sposato nel 1937, è stato membro della gioventù hitleriana, delle SS e un impiegato di I. G. Farben. Siede alla direzione di più di 300 compagnie europee e ha fondato i Bilderberg.
Nel momento un cui tu sei derubato, è sempre utile identificare il delinquente. Se solo potessimo convincere i poliziotti a schiaffarlo dentro…
alcune cose le sapevo, ma quanto hai postato è da 30eLode. Complimenti e…au revoir
Interessante… ma mettiamoci magari anche la fonte:
http://wwwblogdicristian.blogspot.com/2011/05/i-quattro-cavalieri-dietro-le-guerre.html
… e alla fine arriviamo all’articolo originale:
Dean Henderson is the author of Big Oil & Their Bankers in the Persian Gulf…
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=24507
e io che credevo l’avesse scritto 7 voice quando dice …
nel mio libro “Big Oil & Their Bankers
…sono proprio un boccalone. Sta a vedere che le Twin Towers son crollate da sole 🙁
è il concetto che conta , chi l’ha scritto ? era ovvio non io ! io non ho la pazienza di scrivere un romanzo !
7voice@finanza,
Beh comunque è interessante sapere certe cose..
Comunque questo sistema è tutto marcio, poche persone controllano la vita di tutte le altre. 🙁
hironibiki@finanza,
intendevo che è interessante quello che hai postato 7voice.. Perchè effettivamente rileggendo il mio commento non si capiva
Contando le riserve di petrolio stimate in Iraq (115.000 Milioni di barili) resta comunque un ottimo affare. Gli investimenti sono fatti dai cittadini ed i guadagni dai soliti noti. Non male direi