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RATING, ora tocca alle banche della Spagna: downgrading by Fitch e S&P

Scritto il alle 09:54 da Danilo DT

Ma occhio al debito privato: potrebbe diventare ingestibile

Dopo le tegole di Moody’s più che attese, S&P e Fitch continuano con un “accanimento” contro la Spagna. Proprio quel paese che fino a qualche tempo fa aveva anche un CDS maggiore del nostro (Italia), aveva uno spread sul Bund più pesante ma…chissà come mai…aveva ed ha un rating ben maggiore.
Che la Spagna non sia il massimo dello splendore economico, l’ho detto in passato, l’ho toccato con mano, ho avuto modo anche di notarlo e “provarlo” nella Gran Via a Madrid. Insomma, se poi andiamo a sommare il problema della disoccupazione e del mercato immobiliare, c’è ben poco da stare allegri.

Quindi ieri altra tegola su Madrid.

(Reuters) – Ratings agencies Fitch lowered its ratings on four big Spanish banks while Standard & Poor’s cut its rating for the industry as a whole on Monday following recent sovereign downgrades and on concerns of funding difficulties and a weak economy. (…) Meanwhile, Fitch cut the euro zone’s largest bank Santander (SAN.MC) to “A” with a negative outlook on the back of a Spanish sovereign downgrade January 27 as well as BBVA (BBVA.MC), Bankia (BKIA.MC) and CaixaBank (CABK.MC).

E’ un déjà vu. Ma la cosa che deve preoccupare è, oltre la vicinanza e la ovvia correlazione con l’economia portoghese, il forte debito privato.
Guardate questo grafico. Alla faccia del deleveraging. Il rapporto tra il debito PRIVATO e il PIL si avvicina al 100%.

Ma scusate… visto che il debito è sempre debito, come mai questo dato non salta fuori facilmente nelle valutazioni sulla solidità di un paese come la Spagna? Non potrebbe saltare in testa a nessuno l’ipotesi che il sistema creditizio retail potrebbe avere serissimi problemi nei prossimi anni?

Intanto qualcosa si muove e il governo approva la riforma del lavoro. Un primo passo (che probabilmente faremo anche noi) verso una maggiore competitività. Ma la strada è molto lunga…

Last Friday, the Government Cabinet approved the new labour reform. It was published on Saturday in the Official Sources (BOE) and it can be applied from today, Monday. The new labour reform comes with the aim of addressing some of the big problems of the labour market: (1) high unemployment rate versus other developed countries, particularly among the young; (2) the lack of flexibility in adjusting labour conditions, which makes unemployment (firing workers) the almost only way for companies to adjust; (3) the huge divergence between temporary employment and permanent jobs. Cutbacks are always done through the temporary employment. (Source: Santader)

Boh, io intanto ve l’ho detto. Ognuno faccia ciò che crede…

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DT

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2 commenti Commenta
paolo41
Scritto il 14 Febbraio 2012 at 14:18

purtroppo, restando nell’euro e non potendo più svalutare la moneta, i paesi periferici saranno costretti, chi più chi meno, a svalutare i costi del lavoro e i prezzi di vendita, riducendo i margini dei prodotti.
E’ una politica suicida che può essere fermata solo in tre modi:
1.barrierare l’importazione di beni che arrivano in dumping e convincere il cittadini a comprare il più possibile il “made in Italy”
2.introdurre una riforma fiscale che dia più respiro ai redditi più bassi e diminuisca nel frattempo gli oneri sul costo del lavoro per le aziende
3.investire in infrastrutture e alimentare in tutti i modi possibili la competitività delle aziende tramite agevolazioni negli investimenti industriali.
Non ci sono alternative: se vogliamo la crescita dobbiamo investire !!!!!!

gainhunter
Scritto il 14 Febbraio 2012 at 20:41

“Ma scusate… visto che il debito è sempre debito, come mai questo dato non salta fuori facilmente nelle valutazioni sulla solidità di un paese come la Spagna?”

Ecco, e poi basta ricordare da dove è uscita questa crisi. Dai debiti pubblici o dai debiti privati?
Inoltre un economista faceva notare che se con tutte le misure adottate dai governanti europei questa crisi non è stata per niente risolta, forse è perchè si continua a concentrarsi sui debiti pubblici quando il problema è altrove.

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