La Rivolta dei Forconi: volutamente nascosta dai media?
Cosa sta accadendo in Sicilia? E cosa è?
Rispondo all’appello di Francesco di Catania, un amico lettore che mi chiede di dare un po’ di visibilità a quanto sta accadendo in Sicilia. MI riferisco alla cosiddetta “Rivolta dei Forconi”, un movimento guidato (in tutto e per tutto) da un bel numero di autotrasportatori che si stanno ribellando al Decreto Monti. In primis la protesta prende di mira le accise sui carburanti, che vanno ad influire in modo determinante sul reddito di questa categoria di lavoratori.
Poi però, agli autotrasportatori si vanno a sommare molti “simpatizzanti”, indignati, disoccupati, pescatori e tutte quelle categorie che si sentivano poco difesi oppure troppo tartassati dalla nuova normativa fiscale.
Quanto ne è derivato è un blocco totale del traffico. Nulla di bellicoso, quindi non scene di guerriglia urbana, ma una protesta quasi silenziosa ma straordinariamente efficace.
Sempre Francesco mi scrive:
“Vedi Dream, oggi sono stato colto dal panico. Al supermercato sotto casa non c’era più acqua. No dico, bottiglie di plastica con l’acqua dentro! Finite! Esaurite! Fino a quando non sarà possibile l’arrivo dei nuovi ordini. E questo fatto mi fa molta paura…”
Oggi sembra che il fenomeno sia mosso da circa 100.000 persone. Ma il numero degli “indignati” aumenta.
Inutile dirlo, stiamo iniziando a vedere le manifestazioni viste ad Atene negli Ultimi mesi. E come si è esaurita l’acqua, ovviamente è anche esautita la benzina alle pompe. La Sicilia dunque si ferma.
Ascoltate la voce di questo agricoltore, in questo video pubblicato su YouTube. Trovo le parole veramente dure e drammatiche. La sua morale è molto cruda: la legge non ti permette di produrre ricchezza di nessun tipo. Quindi si è costretti a lavorare in quel canale parallelo che noi tutti conosciamo col nome di Mafia (non detto esplicitamente, ma più chiaro di così…). Ovviamente sono parole che non condivido ma che fungono da atto d’accusa contro un sistema che non può reggere a lungo.
Ecco, anche questa volta il blog spero possa aver portato a conoscenza di tutti un qualcosa che “stranamente” è ignorato.
Ma che potrebbe iniziare a muovere la gente, l’inizio di quel conflitto sociale che abbiamo ipotizzato molti mesi fa e che pian piano si sta concretizzando. Inutile dirlo, era inevitabile. E, inutile dirlo, siamo solo all’inizio…
http://www.youtube.com/watch?v=KVWVhDHnidU&feature=fvst
Stay Tuned!
DT
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Anche sul fronte taxi le analogie sono tante:
http://www.reuters.com/article/2011/07/18/us-greece-strike-taxi-idUSTRE76H1AC20110718
6 mesi fà
si segnalano pompe di benzina ormai vuote mentre altre hanno aumentato i prezzi.
Direi che si ottenuto l’effetto contrario.
Questa rivolta a me preoccupa molto, in primo luogo perche potrebbe essere pilotata da personaggi loschi, e in secondo luogo perche il passaggio successivo è chiaramente la repressione.
Francamente sono abbastanza perplesso da questo fenomeno, ma non per la giustezza delle recriminazioni che possonmo anche essere sacrosante, ma per l’obiettivo.
Se è pur vero che la Sicilia è soffocata dalla Mafia e da una serie secolare di inadeguatezze mi sarei aspettato che per prima cosa la rivolta (se tale è come pare) fosse in primis indirizzata verso quella classe dirigente regionale siciliana colpevole di decenni di ruberie, compromessi loschi e vessazioni nei confronti dei siciliani, e solo in seconda battuta verso il governo Monti.
Invece nessuna “ombra” sui soliti noti siciliani (piu’ o meno sempre gli stessi) e forconi nei confronti del governo nazionale. Un po’ troppo comodo direi.
Veramente incredibile non la sapevo questa cosa. Veramente chissà perchè i tg non ne parlano. Pensavo a Mentana, di solito lui se c’è da dire le cose non fa filtro (e a volte va giù di brutto soprattutto con l’economia).. Eppure nemmeno lui ha detto nulla.
Forse perchè è ancora circoscritta..
100 % d’accordo con le tue affermazioni.
Peraltro, da siciliano, condivido anche il timore che dietro questa movimento così capillare, che si è diffuso in maniera impressionante sui social network negli ultimi giorni, e che è praticamente riuscito a bloccare gli approvvigionamenti di caburante dell’isola, si celi anche una qualche forma di pressione di qualche losco “gruppo di interesse” (per usare un eufemismo) che vuole lanciare avvertimenti a qualcuno nel governo nazionale.
sembra che se la prendano soprattutto con il governo siciliano anche se uno dei leader del movimento sembra facesse parte dello stesso partito del governatore, quindi qualcosa non torna.
Oltretutto una delle loro richieste è quella di stampare moneta regionale.
In ogni caso proprio perche ci si vuole rivoltare contro i politici le manifestazioni gli consiglerei di farle direttamente davanti le loro case in modo da disagiare loro e non la popolazione.
Io non prendo volutamente posizione in quanto la mia “mission” era semplicemente quella di parlare di una manifestazione (più o meno organizzata) di protesta che sta prendendo piede in Sicilia e di cui si legge poco.
in realtà io sono convinto che sarà proprio la malavita a beneficiare da questa situazione. Ma sono pareri personalissimi.
Meglio sarebbe sentire il parere di qualche siciliano che conosce meglio la situazione e che vuole raccontarci come stanno realmente le cose…
🙂
Finché le manifestazioni si svolgono in maniera così “pacifica”, indipendemente dai gruppi di interesse che ci sono dietro (perché indubbiamente ci sono ed è normale che sia così) non mi preoccuperei più di tanto.
Quello che mi spaventa è l’eventuale degenerazione in guerriglia sociale… che di solito va sempre a scapito delle fasce più deboli ed indifese.
Sul ruolo dei mass-media non commento: sapete già la mia opinione.
Devono smetterla di prendere finanziamenti da parte dello Stato… e quindi dei contribuenti (che pagano così due volte). 😳
…ieri ho visto un servizio relativo alla protesta dei camionisti sui canali della Rai; non c’era l’enfasi che emerge dal post, ma è stato chiaramente detto che erano in difficoltà gli approvvigionamenti per la mancanza di carburanti…
Purtroppo quando avvengono queste cose in Sicilia diventa troppo facile l’accostamento con la malavita organizzata e i fatti storici tendono ad avallare questo connubio.
Voglio invece pensare che questa volta sia un movimentio spontaneo dettato dalle reali necessità e/o criticità.
Quando, però, leggo degli stratosferici emolumenti e appannagi che i dirigenti della Sicilia, come Regione autonoma, si sono assegnati e degli elevati scostamenti dai costi standard che hanno tutti i servizi sociali, cala il mio entusiasmo a parteggiare per i dimostranti.
Sarei molto di più dalla loro parte se si impegnassero in dimostrazioni contro il malverso sistema che li amministra, anzichè, come loro prassi, prendersela sempre con il governo centrale.
Guarda…io non mi trovo in Sicilia adesso, quindi non ho una contezza diretta della situazione. Però, stando a quello che mi raccontano, si è creato una sorta di blocco dei trasporti in tutta l’isola. E soprattutto oggi, in conseguenza di due giorni di blocco, un panico alle pompe di benzina, molte delle quali avrebbero proprio chiuso per esaurimento del carburante.
Ma soprattutto, come ho già scritto, la cosa che mi ha sorpreso è – oltre, evidentemente, all’efficacia del blocco – la viralità della campagna di propaganda su facebook e vari social tra i siciliani. In pratica dal nulla, negli ultimi tre, quattro giorni ho cominciato a vedere articoli, ricevere inviti a gruppi etc etc…nonstante, appunto, la quasi totale indifferenza dei media nazionali (non di quelli locali, ovviamente).
Magari si sono soltanto organizzati molto bene: possibile! Anche considerando che le ragioni sono, a mio avviso, in parte fondate (soprattutto sullo scandalosa differenza di prezzo dei carburanti tra nord e sud, che si aggiunge al cronico gap infrastrutturale) e che le proteste alle quali aderisce la categoria degli autotrasportatori sono, storicamente, sempre state molto dirompenti. Io però mi riservo il beneficio del dubbio…anche perchè sospetto che, con l’aria che tira (anche in Regione Sicilia), il rischio anche solo di strumentalizzazione per ricattare il governo sia molto alto.
C’è di peggio…
Ad esempio, la DEMONIZZAZIONE DELL’UNGHERIA.
Cos’ha fatto di così grave il governo di questa nazione?
Ecco qui un estratto nelle leggi con tanto di modifica della costituzione tratto da “L’Informazione Cattolica”:
Con legge dello Stato, si è limitato notevolmente lo strapotere della banca centrale sottoponendola al controllo delle istituzioni liberamente elette dal popolo, tutto ciò è stato salutato da quasi tutti gli organi di regime europei come un rischio per la democrazia in Europa ma in verità le oligarchie temono l’espandersi di un fenomeno di rifiuto delle imposizioni e delle intromissioni di Bruxelles nella vita delle nazioni. (MICA MALE, EH!?)
Un’altra misura seria è stata la ristatalizzazione dei fondi pensione e le maxitasse imposte ai grandi gruppi stranieri attivi in settori chiave quali distribuzione alimentare, telecomunicazioni e credito (questi gruppi hanno presentato ricorso in sede comunitaria). (GROSSO RISCHIO PER LA DEMOCRAZIA, VERO!?)
Infine, il governo ha limitato i margini di manovra della Banca centrale europea, attirandosi ulteriori e copiose critiche dall’Ue, che chiede a Orban di ripensarci. La risposta è stata bella e perentoria: «Non c’è nessuno al mondo che possa dire ai deputati eletti dal popolo ungherese quali leggi possono o non possono votare», ha tagliato corto il primo ministro. (NOI INVECE ABBIAMO IL SIG. GOLDMAN SACHS MONTI CHE TUTTI I MEDIA CONSIDERANO UN ILLUMINATO CAMPIONE DELLA DEMOCRAZIA)
Appena rientrato.
Le ultime notizie riguardano il sequestro degli operai della raffineria di Gela, i quali sono costretti a rimanere in fabbrica da due giorni.
L’espansione a macchia d’olio della rivolta, che da domani coinvolgera anche i comuni piu piccoli, per un blocco assolutamente capillare dell’isola.
E’ ormai chiaro che questa rivolta intende puntare alla totale autonomia dell’isola, uscendo dalla nazione Italia e dall’Europa. Quindi la considero pura follia.
I cittadini sono sicuro che non abbiano ancora capito quale sia lo scopo ultimo di chi manovra il tutto.
Rivolte e secessione erano già state pronosticate oltre sei mesi fa come conseguenza dell’evoluzione della crisi dell’Europa, e in assenza di un’azione concreta di difesa da parte dell’Europa. Devo dire che io pensavo alla tanto sbandierata secessione del Nord, dimenticando che Siciliani (e forse anche Sardi) sono altrettanto autonomisti, ma più concreti e ben più motivati.
Va annotato che queste sono le conseguenze delle misure di austerity.
E tra le tante guerre in corso (Eu vs USA, banche vs stati, 99% vs 1%, ecc.) potrebbe essercene un’altra di cui credo non abbiamo mai parlato: Mafia doc vs mafia GS. Una lotta di potere sul territorio: se esiste davvero un progetto di dominio da parte di GS, è naturale che la Mafia si ribelli al braccio italiano di GS.
(Non datemi del complottista, sono ipotesi…) 🙂
P.S.: auguro ai cittadini siciliani che la situazione si risolva al meglio.
Premessa: nessuna persona ragionevole – a maggior ragione chi, come me, si sente umanamente coinvolto – dovrebbe, ne potrebbe, negare i grandi problemi della Sicilia e anche le grandi responsabilità del popolo siciliano, che è principalmente vittima di se stesso prima che della propria mediocre (quando non corrotta e collusa) classe dirigente locale. Dunque, sgomberiamo subito il campo da ogni facile equivoco: non è mia intenzione giustificare, biasimare, o lanciare recriminazioni contro alcuno. Cerco solamente di fare una analisi lucida e di far capire di cosa stiamo parlando.
Certo: non si può non iniziare rimarcando che la Sicilia è – ed è sempre stata – una terra particolare.
E’ stata definita “ultimo avamposto dell’ancien régime”. In pratica, in Sicilia, il regime del latifondo è stato superato soltanto negli anni ’50 del ‘900, dopo la seconda guerra mondiale.
La cultura della partecipazione, o dell’interesse, al buon governo della cosa pubblica è guardata con disincanto da molti siciliani. Forse perchè, fin dall’antichità, la Sicilia è stata – e probabilmente nell’inconscio collettivo dei propri abitanti continua, in un certo senso, ad essere considerata – ininterrottamente governata da invasori stranieri che ne occupavano temporaneamnete il territorio e ne saccheggiavano le risorse con la complicità dell’aristocrazia locale. Nemmeno l’occupazione da parte dello monarchia sabauda, dopo la consegna di Garibaldi dei territori conquistati, dal punto di vista della popolazione locale, è stata vista in una logica diversa.
In questo humus di nobiltà locale – latifondista e parassitaria – e governanti stranieri di passaggio – che ovviamente se ne infischiavano dei problemi della gente comune, dei “sudditi” – probabilmente “attecchiva” il primo “germoglio” di organizzazione mafiosa: inizialmente un’organizzazione di autogoverno dei ceti rurali e di amministrazione rudimentale della giustizia tra queste fasce e, allo stesso tempo, di gestione dei possedimenti terrieri per conto dell’aristocrazia che viveva nelle grandi città della costa (Palermo, Catania) sperperando i frutti della rendita fondiaria. E’ superfluo sottolineare come tutto questo abbia influito, e continui ad influire sulla mentalità tipica locale. In particolare per quanto riguarda la gestione delle risorse pubbliche, amministrate dalla classe politica locale – la nuova aristocrazia – quasi come si trattasse di interessi privati, nell’indifferenza o nell’ignoranza della (a dire la verità, non stragrande) maggioranza della popolazione.
In queste condizioni, dopo la parentesi fortemente centralista e repressiva del regime fascista, matura il paradosso di una regione “autonomista” – che nell’immediato dopoguerra ottenne, si dice grazie alle pressioni della “cosa nostra” americana sul governo USA, l’approvazione immediata dello statuto speciale, con decreto luogotenenziale, prima della Costituzione italiana! – ma che spende sistematicamente (in prevalenza a vantaggio di una esigua minoranza) più di quanto produce.
Una Regione nella quale lo Stato italiano avrebbe potuto – e dovuto – favorire investimenti massicci sullo sviluppo infrastrutturale e sulla competitività dei settori che ne costituiscono un potenzialmente punto di forza dirompente (a vantaggio di tutta l’economia italiana) come il turismo e i servizi contigui (clima temperato, bellezza naturali uniche, secondo patrimonio archeologico sulla terra); e che invece ha ricevuto l’elemosina e l’umiliazione dell’assistenzialismo come “tranquillante”, per perpetuare il “pactum scelleris” tra amministratori locali, malavita, e politica centrale (Andreotti docet). Nella totale indifferenza dei politici del nord (questo va detto, senza voler annacquare le responsabilità dei siciliani, per carità).
Un’isola che da decenni, se non secoli, patisce il salasso delle proprie risorse umane migliori. Proprio quelle che potenzialmente magari sarebbero in grado di invertire la tendenza plurisecolare, e che invece sono costrette sistematicamente ad emigrare altrove, in cerca di opportunità ambiziose e/o redditizie. Dove il merito (a causa di un pervasivo e soffocante sistema di raccomandazioni) e l’impegno dell’individuo vengono costantemente mortificato. Fino a spingere verso una “fatalistica” rassegnazione o, in alternativa, all’abbandono. Nonostante questo incessante esodo, dagli anni settanta in poi, con la fine del boom economico, il tasso di disoccupazione reale è stato costantemente orbitante attorno al 15-20 % circa (depurando il dato dal lavoro sommerso).
Un territorio nel quale, ancora oggi – nonostante la forte reazione della società civile negli anni ‘90 e gli impressionanti miglioramenti dell’ultimo ventennio – la mafia convive con lo Stato italiano. Dove il commerciante e l’imprenditore, anche se disonesto, è costretto a pagare le tasse: alla mafia! Se onesto (come tanti), spesso le paga una seconda volta: allo Stato che lo ha abbandonato, chiedendogli di farsi danneggiare i beni dell’azienda su cui ha investito i risparmi e il lavoro di una vita, se vuole fare l’eroe e non accettare il ricatto.
Una popolazione, che pur con tutta le sua colpevole negligenza e acquiescenza ad un sistema di cui è la prima vittima (assieme ai contribuenti onesti di tutta Italia), continua a sopportare la frustrazione del paradosso di una regione che, pur essendo il primo approdo del 70% del petrolio che l’Italia importa e la più remota rispetto ai maggiori mercati europei d’esportazione, ha i prezzi di carburante più alti e le infrastrutture più arretrate.
Comunque la si voglia giudicare, nel bene e nel male, questo è la Sicilia che si affaccia nel ventunesimo secolo. Paglia secca pronta ad infiammarsi. E non è detto che la luce della fiammata (che potrebbe propagarsi anche al resto dell’Italia) sia necessariaente benigna. Io, come ho gia scritto prima, sono piuttosto critico e diffidente nei confronti di questa protesta. Ciò non toglie che, strumentale o no che sia, in Sicilia abbia terreno fertile per attecchire. E in questi giorni, a giudicare dalle reazioni che ho visto sui social network, questo mi è parso chiaro.
Mi scuso se, condividendo questa lunga riflessione, ho annoiato qualcuno.
Non mi sembra che era solo quello, c’erano anche misure di accentramento del potere nelle mani del premier. Però concordo, è stato enfatizzato il pericolo per la democrazia perchè quello che dava fastidio a certa gente era quello che hai indicato tu (anche perchè il pericolo per la democrazia derivante dall’ESM e dal trattato di Lisbona non è trascurabile).
sono daccordo con te quasi su tutto ( sono e vivo attualmente in sicilia), in particolare sulla fine del feudalesimo in sicilia e sulla nascita della mafia che è nata proprio dall’esigenza di mantenere il controllo sui territori degli aristocratici mentre loro andavano a fare la dolce vita a Palermo. Costoro non hanno mai sopportato l’unificazione che gli faceva perdere potere, ed hanno a piu riprese richiesto l’autonomia. Il problema è che questa aristocrazia non è mai morta, tanto da creare un partito, autonomia siciliana, che attualmente la governa. Se il braccio mafia ultimamente abbia preso il sopravvento non posso dirlo, ma è un dato di fatto che viene fatta sempre la stessa richiesta ormai da secoli, anche perche essendo stata terra di conquista e sfruttamento per secoli si ribella geneticamente. Cambiare la sicilia vi assicuro che non è per niente semplice, ma guardate che il problema si è espanso in tutta Italia, vi voglio solo ricordare l’ultimo encomio a De Falco, persona che si è comportata al momento del disastro egregiamente, ma sapeva come tutti del passaggio sotto costa delle navi. Tutti sapevano ma nessuno a fatto niente, direi che questo tipo di cultura non è solo del sud.
Infine direi di non sottovalutare la rivolta siciliana, sia perche questa potrebbe espandersi al resto dell’Italia, sia perche potrebbe essere l’evento che fa deflagare i mercati.
Mi auguro di avere torto.
La tua analisi l’ho letta con estremo piacere ed interesse.
La noia affligge solo le persone poco curiose… rare in un blog 😉
Per quanto riguarda la Sicilia… la conosco solo attraverso i tanti romanzi e testi storici che ho letto… da Pirandello a Camilleri. Per cui, proprio perché si tratta, come dici tu di un popolo che si è abituato agli invasori stranieri, credo che le motivazioni apparenti della rivolta… in realtà sono la maschera di ben peggiori interessi.
Certamente vedersi iniziare a sfaldare, sulla base di questi problemi facilmente risolvibili da una vera politica attenta ai bisogni del Paese (soprattutto in termini di riduzione della spesa pubblica… partendo dagli sprechi di cui tale Regione è esemplare…) nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia… mi lascia molto amaro in bocca. 🙄
Anche perché immaginate cosa scriveranno sui libri di storia dei nostri figli o nipoti 😕
Eccellenti commenti.
Personalmente io adoro la Sicilia in quanto, proprio come ricordava Atoomm, è terra di rara bellezza, con un clima spettacolare, cultura, storia, veramente una miniera che non merita la posizione che oggi subisce, e resta una terra dalle potenzialità turistiche UNICHE. Tanto Uniche quanto mal sfruttate.
Innegabile ancor oggi la corruzione e la malavita. E per certi versi, comprensibile ormai lo stato di totale apatia del popolo sicuro. Che sia la volta, questa che… qualcosa si inizi a muovere, anche in Sicilia?
Apprezzo e ringrazio per la fotografia della storia siciliana (per niente noiosa).
C’è una cosa che non mi quadra: la Sicilia è una regione autonoma, eppure si cercano investimenti da parte dello stato e si accusa lo stato di averla abbandonata (pur con tutti i finanziamenti per il Sud da parte dell’Italia e anche dell’Europa). Non sto dicendo che è colpa solo della Sicilia, probabilmente è anche lo stato che non ha MAI funzionato, neanche come controllore.
A parte questo, come se ne esce? Con più autonomia (che vorrebbe dire dare ancora più potere alla mafia) oppure togliendo l’autonomia e dando la competenza degli investimenti allo stato (e quindi tagliando gli sprechi delle amministrazioni locali)? In teoria il governo tecnico dovrebbe essere esente da collusioni con la malavita…
i blocchi ormai stanno paralizzando anche la Calabria, sembra che vi sia anche un blocco a Pescara nord.
I valsusini sembrano apprezzare la rivolta, è possibile quindi che si espanda anche al Piemonte.
Eh… potrebbe essere un inizio del famoso conflitto sociale… vedremo…
Infatti il paradosso dell'”autonomismo” alla siciliana è questo: non è che siano mancati trsferimenti dallo Stato alla Regione (anzi, forse, alla lunga sono stati persino fin troppo onerosi per i contribuenti italiani). Il problema è che fin da subito si è creata una convergenza di interessi tra il famoso “tavolino a tre gambe” di Provenzano (amministratori locali, cosa nostra, imprenditori collusi che per decenni si sono accordati per assaltare la diligenza e spartirsi la fetta più consistente della torta), politica centrale (ricordiamo che la Sicilia è un serbatoio di voti di 3,5 milioni di persone, in larga parte controllato, soprattutto in passato, dalla mafia), totale indifferenza e l’assenza di controllo da parte dei politici del nord (secondo il discutibile principio della incompetenza territoriale che, diciamolo, alla lunga, è costato hai contribuenti onesti del nord – e non solo – un occhio). Tutto questo è stato possibile anche con una cucchiaiata di miele (assistenzialismo a piene mani) per impedire che le tensioni, in un territorio disastrato e abbandonato ai suoi aguzzini, scendessero sotto il livello di guardia.
Lo Stato ha impiegato prevalentemente risorse in conto corrente (quindi spesa improduttiva), in maniera progressivamente crescente. Se invece avesse impiegato delle risorse in conto capitale (investimenti) – fin da quando poteva permetterselo, negli anni del boom economico, con il ciclo economico favorevole e senza il fardello del debito – controllando con estrema meticolosità che gli appalti venissero eseguiti nel rispetto dei vincoli economici e temporali (magari con i politici del nord, meno coinvolti localmente sul piano elettorale, a fare da garanti) probabilmente avrebbe speso il doppio di quello che ha speso. Inizialmente. Ma la spesa sarebbe stata produttiva e progressivamente decrescente. Oggi probabilmente genererebbe addirittura surplus fiscale da decenni (la Germania della riunificazione insegna, anche in questo campo). Questo intendo per investire su un territorio invece di dare la mancia della spesa pubblica improduttiva come palliativo di uno sviluppo economico inesistente.
Nonostante gli stereotipi del disoccupato che mangia la granita al bar, la maggior parte dei siciliani, anche se profondamente disillusi dalla politica e dall’amministrazione locale, in cuor loro sono desiderosi di lavorare. Vorrebbero sviluppo che li metta in condizione di produrre, non l’elemosina. Ma se un autostrada non c’è non te la puoi inventare; se in treno ci si mette cinque ore per arrivare da Palermo a Catania (che sono la quinta e la settima città italiana per popolazione) e non esiste alta velocità non è che chi fa impresa possa essere molto competitivo. Ci sono migliaia di imprese siciliane (oltre che lavoratori) che sono state costrette a spostare la produzione (e quindi posti di lavoro) al nord: per una combinazione di sconvenienza logistica e inadeguatezza infrastrutturale. Se poi ti vengono anche a taglieggiare e lo Stato, che ti dovrebbe proteggere, ti dice “le faremo sapere” allora capisci come il piacere di fare impresa o ti passa o ti passa.
Credo che un discorso assimilabile valga per altre regioni del sud (quasi certamente per la Calabria).
ps: ripeto, non intendo giustificare o sminuire la resposabilità dei siciliani per le inadeguatezze del loro territorio, cerco solo di far capire cos’è la Sicilia nel 2012 e come ci si è arrivati.
Quindi, per rispondere alla tua domanda, l’autonomia, in constesti ambientali come la Sicila, dove si è creato un circolo vizioso che deve essere rotto dall’esterno, è soltanto dannosa.
Se ne esce con più controllo da parte del governo centrale e anche dei politici settentrionali. Visto che ormai siamo tutti consapevoli che quel che accade in Sicilia, con i soldi dei contribuenti di tutta Italia, non è – e non deve essere . solo affare dei siciliani.
Apprezzo e ringrazio per la fotografia della storia siciliana (per niente noiosa).
C’è una cosa che non mi quadra: la Sicilia è una regione autonoma, eppure si cercano investimenti da parte dello stato e si accusa lo stato di averla abbandonata (pur con tutti i finanziamenti per il Sud da parte dell’Italia e anche dell’Europa). Non sto dicendo che è colpa solo della Sicilia, probabilmente è anche lo stato che non ha MAI funzionato, neanche come controllore.
A parte questo, come se ne esce? Con più autonomia (che vorrebbe dire dare ancora più potere alla mafia) oppure togliendo l’autonomia e dando la competenza degli investimenti allo stato (e quindi tagliando gli sprechi delle amministrazioni locali)? In teoria il governo tecnico dovrebbe essere esente da collusioni con la malavita…
Molto apprezzata l’analisi corretta ed onesta fatta da parte di Atoom e Lexmumble.
Però è propio la tua domanda quella che quoto. Come se ne esce?
Siamo una Nazione di Indignati che però ha dimenticato la Dignità. Il fiume di denaro che è arrivato in Sicilia in questi ultimi trentanni (ad essere ottimisti) non ha mai fatto scaturire troppe domande.
Oggi che questo fiume sta cominciando a prosciugarsi ecco che il Manovratore lancia l’allarme
Come se ne esce? Prosciugando il fiume a mio avviso.
Scusate la semplificazione
Ma, una volta capito che cosa è la Sicilia del 2012 e come “ci si è arrivati”, cosa si deve fare? La diagnosi è – evidentemente – quella di una “malattia cronica” tenuta stazionaria da una pluridecennale ininterrotta “trasfusione” finanziaria a carico dei contribuenti italiani (quindi almeno al 70% a carico del nord).
Fatta la diagnosi si pone l’interrogativo della “terapia”: e qui le risposte date, nei vari decenni, hanno regolarmente portato a risultati nulli (se non peggiorativi). Sono stato in Sicilia nel 2001, a Piazza Armerina e a Palermo. Quello che ho visto – il senso di desolazione, di immobilismo, di permanente attesa di un aiuto altrui – è riuscito a superare le mie piú pessimistiche aspettative. E’ come se il tempo, in quelle realtà, si fosse fermato. Si conferma, quindi, l’amara constatazione del principe di Salina: in Sicilia tutto cambia affinché non cambi nulla.
Pertanto: se la Sicilia volesse veramente l’indipendenza farebbe, a mio avviso, un favore a tutti: a sé stessa (forse) e al resto d’Italia (certamente).
…non mi ricordo chi l’ha detto…. “i soldi al sud non vanno inviati, ma portati”, nel senso che ci deve essere un intervento diretto dello stato e i finanziamenti/investimenti non devono passare attraverso le mani delle autorità locali.
Seconda considerazione: la filiera agroalimentare, già discutibile nel centro e nord Italia, è completamente controllata dalla malavita al sud.
Tre: quasi tutte le attività turistiche sono in mano alla mafia. Recentemente ho passato alcuni giorni a Trapani, a fine stagione: alberghi bellisimi, quattro stelle, cresciuti con i finanziamenti dello Stato e con il riciglaggio del denaro sporco, affluenza pressochè inesistente !!!!…io ero in un bed e breakfast a gestione familiare, ottimo su tutti gli aspetti, pulizia, servizio e gentilezza. Un “piccolo” inconveniente: qualche mese dopo l’apertura…. gli hanno messo davanti, sull’altro lato della strada, una discarica abusiva……
Ma è propri la visione con cui si cerca di inquadrare il problema che non aiuta a risolverlo, anzi lo peggiora. Fare di tutta l’erba un fascia avvicina disillude i cittadini onesti e li allontana pericolosamente dalla legalità.
Bisogna capire che non è un conflitto tra la “Sicilia” contro “Resto d’Italia”, ma tra contribuenti onesti (di tutta Italia, Sicilia compresa), che hanno interesse ad una spesa pubblica produttiva che generi ritorni nel futuro, vs. corrotti che hanno interesse a saccheggiare le casse dello Stato.
Guardate che in Sicilia, nella società civile, sono stati fatti passi avanti negli ultimi venti anni (magari non sufficientemente percepiti) da parte di una minoranza (consistente e crescente) di cittadini che stanno provando ad alzare la testa, molto più che in altre regioni del sud.
Magari, se questi segnali avessero trovato maggiore sponda e minore indifferenza da parte dei contribuenti onesti del resto d’Italia, oggi se ne avvantaggerebbe la crescita dell’intero Paese, in termini di minor corruzione e maggior qualificazione delle risorse spese.
Ridurre drasticamente la spesa pubblica dello Stato in Sicilia – ammesso che si abbia veramente la forza politica per farlo, bisogna fare i conti anche con questo – è un altra soluzione, magari drastica e brutale, che secondo me nel lungo periodo potrebbe ridurre gli squilibri della “bilancia commerciale”, passatemi il termine, tra nord e sud.
Dopo qualche decennio di deflazione e recessione che, attenzione, si ripercuoterebbe anche sulle aziende del nord sotto forma di minori consumi. Facendo abbassare notevolmente gli stipendi (e quindi riducendo il costo del lavoro) e aumentando ulteriormente la disoccupazione sul territorio potrebbe tornare a rendere vantaggioso l’esercizio dell’attività produttiva.
Nella migliore delle ipotesi, se si risolvesse anche il problema della sicurezza e della criminalità, potrebbe incentivare anche un ingresso di capitali dall’estero.
Ma come ho puntualizzato sopra, è inutili illudersi che questa soluzione sarebbe a “costo zero” per l’economia del nord.
io credo alla tua buona fede, ma davanti a dichiarazioni come queste sposo alla grande quanto scritto da Schwefelwolf
http://www.lettera43.it/attualita/36969/ubbidiamo-solo-al-popolo.htm
D. Adesso però dopo l’incontro potreste trovare una soluzione.
R. Non credo proprio. L’unica soluzione è che Lombardo se ne vada a casa. Subito. Ha tradito i siciliani. Ha fallito. Via lui e tutti gli altri.
D. In che senso ha tradito i siciliani?
R. Non ha fatto applicare lo statuto come aveva detto. Non ha chiesto la defiscalizzazione della benzina. Devono andarsene via. Noi siamo qui per volere del popolo siciliano. Ubbidiamo soltanto al volere del popolo.
Ma io non rappresento mica questo movimento. Anche perchè, ribadisco quanto scritto più volte, non mi convince per niente.
E poi vorrei essere chiaro su un punto, forse non lo sono stato abbastanza nell’ultimo commento: quando si parla di troncare la spesa pubblica improduttiva al sud – cosa astrattamente possibile e forse, per certi versi, persino auspicabile – credo che molti non si rendano conto di una piccola, come dire, implicazione. Implicazione che raramente viene evidenziata. Il sostegno assistenziale al meridione tramite la spesa pubblica costituisce punti di PIL. Quindi è, in seconda battuta, anche un sostegno all’intera economia italiana, visto che una bella fetta (soprattutto pensioni e stipendi pubblici, ma anche ,in una certa misura, gli investimenti delle pubbliche amminstrazioni del sud) viene impiegata per consumare beni prodotti al nord (da impreditori del nord). Quindi questo tipo di politica fiscale restrittiva (e mirata territorialmente) avrebbe ripercussioni e costi significativi anche per il tessuto economico del nord. Almeno se l’obiettivo fosse quello di ridurre il disavanzo e, in prospettiva, lo stock di debito pubblico.
E’ una cura da cavallo, deflattiva e recessiva, che, nel lungo periodo, può avere l’effetto di rilanciare tutto il sistema-paese migliorando la competitività (però, secondo me, più sul versante della riduzione dei costi del fattore lavoro che sul miglioramento della produttività del fattore capitale, come con gli investimenti) al prezzo anche di migliaia di fallimenti di imprese al nord. Io dico: facciamola! Così ci togliamo anche questo alibi. Purchè con piena consapevolezza di tutti i benefici e costi.
Una nota personale. Posso capire (anche: apprezzare) la posizione di un siciliano che crede in un futuro, in un recupero di dignità, in una possibilità di rivalsa. E’ legittimo e – fossi siciliano – anche condivisibile.
Purtroppo, però, i sogni sono una cosa (magari anche bella), ma le realtà un’altra. I problemi della Sicilia, e del sud in generale, sono – a mio avviso – atavici, antropologici: come quelli greci. Sono il frutto di una decadenza plurisecolare. Da quando il tardo-colonialismo savoiardo è riuscito a “unificare” l’Italia (massacrando – fra le altre cose – decine di migliaia di meridionali che non condividevano quel progetto piemontese in “camicia rossa” e depredando quel poco di risorse che il sud ancora aveva, ivi comprese le casse dello Stato borbonico) il sud è stato, per questa “Italia”, un’immensa ipoteca: un’ipoteca che fino al 1945 è rimasta, sostanzialmente, confinata nei suoi territori originari. Dagli Anni ’50 – con la migrazione interna – la situazione è cambiata, nel senso che il problema “meridionale” si è gradualmente esteso anche al nord (con effetti, a mio avviso, estremamente negativi per la società settentrionale: ma questo sarebbe un discorso molto lungo).
Resta comunque il fatto che per la soluzione dei “problemi del sud” si è investita, negli ultimi 50 anni, una quantità inimmaginabile di risorse. Una quantità tale, che nessuno ha il coraggio di pubblicarne i dati complessivi (ammesso che esistano).
Si sono fatti, rifatti e ancora rifatti interventi a catena, sempre immaginando e ribadendo la possibilità di trovare una soluzione. Anno dopo anno, decennio dopo decennio. E, ogni volta, un’altra vagonata di miliardi per far finalmente “ripartire” il sud: sempre con la promessa che “questa volta” le cose sarebbero andate diversamente. Anche oggi, con Monti, si continua a parlare della “necessità di rilanciare” il sud per far ripartire l’Italia. Rilanciare cosa? Cosa c’è stato, che abbia funzionato e che oggi si possa riattivare?
Al contrario: il fatto che l’Italia sia oggi inchiodata, è dovuto, a mio avviso, proprio all’immenso onere costituito dal sud (che ha generato un colossale carrozzone assistenzialista-clientelare, con relativa, soffocante burocrazia). Basta entrare in un qualsiasi ufficio pubblico, per avere conferma di questa realtà. O mi basta sentire mia figlia tornare da scuola parlando di “mollecole”, perché la sua insegnante (indovinate da dove viene) non sa neanche pronunciare correttamente l’italiano.
In sintesi: non ha senso, a mio avviso, insistere ad investire su un mulo sperando che possa trasformarsi in cavallo. Sarebbe piú ragionevole prendere atto delle differenze e cercare soluzioni, compiti e traguardi diversi per le due diverse realtà: imparando, comunque, a camminare ognuno con le proprie gambe – a proprie spese e assumendosi le proprie responsabilità. Non si tratta (come sostiene qualcuno) di un problema di “solidarietà”: “aiutare” è certamente un dovere, ma “mantenere” è una cosa diversa.
non ci crederai, ma sono daccordo ( a parte il neanche troppo velato razzismo dei tuoi commenti). Vorrei ricordarti però che prima dell’immigrazione meridionale, avete subito quella veneta, e anche li mi sembra che abbiate fatto gli stessi discorsi.
La chiudo qui non avendo intenzione di polemizzare ulteriormente
Se posso dire la mia, è un analisi un po’ semplicistica.
Per la semplice ragione che “sfugge” ai piu’, ovvero che buona parte del mercato del Nord è proprio il Sud.
E oltretutto la “tipologia” di questi beni sono sempre piu’ legati ad attività non produttive in senso stretto, ma ad attività collaterali e di servizi, che sostanzialmente sono una specie di “sovrastruttura” al disopra del mercato dei beni effettivi che in buona parte come “produzione” sono finiti all’estero.
Il giorno che il Sud e la Sicilia dovessero staccarsi dal Nord, tutta una serie di attività del medesimo diventerebbero improvvisamente nulle. E pensare che la questione sia a “costo zero” per il Nord è una fesseria. A fronte di una guerra civile o di una secessione reale, tutte le teste di ponte del Nord che sfruttano il sistema parassitario-assistenziale del Sud, dagli appalti ai servizi e a quant’altro sarebbero azzerate. E posso assicurare che si tratta di una fetta davvero consistente di denaro, forse la maggior parte di quello che circola nel meridione.
Magari facciamoci un pensierino, la Mafia e il “sistema colluso” non appartengono per “definizione” al Sud ma sono un patrimonio ben diffuso e piu’ di quanto si creda.
Usare poi facili bersagli populisti e di “sentire comune” pseudoleghista è semplice quanto fuorviante.
Esattamente!
Poi vogliamo parlare della grande distribuzione che sostanzialmente la fa da padrona sul mercato della filiera agroalimentare in regime oligopolistico: tutte aziende del nord, ovviamente. Indovinate dove si approvviggionano per lo più (imponendo ai loro fornitori prezzi scandalosi che spesso non coprono neanche i costi)? Ovviamente al sud. A differenza degli inglesi (Sainsbury, Tesco) che – avendo dismesso la Gran Bretagna quasi totalmente il settore agricolo interno – hanno organizzazioni per la selezione e la fornitura dei prodotti su scala mondiale. Tagliano i costi con economie di scala ma, comunque, fissando prezzi superiori a quelli che ha il consumatore italiano (e probabilmente con minori profitti).
Questo è un altro tassello del quadro. E poi come ho detto più volte, l’economia del nord non è mandata avanti solamente da settentrionali puro sangue da sette generazioni. Sarebbe interessante fare uno studio su i dati della fiscalità regionale aggiustata ai territori di provenienza dei contribuenti.
Per il resto, c’è poco da discutere. Sarebbe un peccato far scadere questa interessante sequela di commenti ad un livello veteroleghista. Dico solo questo: noi siciliani siamo al nord, siamo in tutto il mondo (i siciliani nel mondo sono più di quelli in sicilia, forse solo ebrei e irlandesi ci fanno concorrenza per diffusione nel mondo) e ci saremo sempre! Abbiamo tanti difetti e non possiamo piacere a tutti. Ma non ci hanno “estirpato” nemmeno popoli violenti e prevaricatori che sono venuti a mettere a “ferro e fuoco” la nostra terra e, certamente, resisteremo alle chiacchiere da bar di un pugno di frustrati.
Personalmente ritengo di non rubare nulla di quello che guadagno e di poter camminare a testa alta. Avendo esercitato la mia attività professionale in tutta Italia e all’estero. Sempre con apprezzamento e soddisfazione di quanti se ne sono avvalsi e di quelli con cui ho collaborato (da ovunque essi provenissero). Quindi, anche se ogni tanto la mia identità infastidisce qualcuno, non è un problema mio. E credo che riuscirò a dormire la notte. 🙂
Salve a tutti,
da siciliano posso garantirvi per la bontà e spontaneità della protesta, a proposito dalle ore 14:00 è in corso un blocco dei Forconi Milanesi al casello di Melegnano (A1) al quale mi sto recando
Lungi da me pensare che il cosiddetto “nord” sia un sacrario di integerrime virtú, un paradiso di onestà o cose analoghe. E certo molte realtà imprenditoriali settentrionali vivono rovvistando nei vari barattoli di “marmellata” assistenziale dello Stato o abbuffandosi intorno ad una della tante ricche pastoie (piú o meno legali) dell’apparato centralista. Per vedere il lato corrotto del nord basta vedere cosa ha fatto la Lega con i nostri voti: a cominciare dalla rivoltante vicenda “Alitalia” per finire agli stanziamenti a favore di Catania – e per non parlare delle varie “spartizioni” di poltrone e dei “Trota”.
Personalmente sarei comunque felicissimo di vedere in tribunale – e condannati – tutti i vari collusi-corrotti-corruttori, a cominciare da quelli del nord: si tornerebbe a respirare un po’ di aria pulita. Ma basta uno sguardo al mondo della magistratura per capire che questa speranza resterà comunque disattesa.
Certamente è anche vero che il sud costituisce un mercato, per i produttori del nord: ma non ritengo che sia un mercato strategico. Sarebbe interessante conoscerne i reali dati quantitativi. Per la parte che conosco io (cioè il settore automotive) il sud è un mercato limitato, sostanzialmente circoscritto agli stabilimenti FIAT e non è paragonabile – né per ampiezza, né per qualità – a quello del nord stesso o delle esportazioni. Ma questo è un altro discorso.
Quello che volevo dire – nelle precedenti note critiche – è che il nord (o meglio: ciò che ne è rimasto, dopo cinquant’anni di malcostume e di “gestione romano-centrica”) sarebbe probabilmente in grado, da solo, di rimettersi in piedi, di riconquistare produttività e competitività, di recuperare terreno nei confronti di Stati come quelli che hanno ancora (per il momento) la famosa “Tripla A”. Inglobato nel “sistema Italia”, con Roma e il sud, penso sia invece inesorabilmente condannato – e andrà a fondo con il resto del Paese. Come la Grecia.
Onde evitare equivoci: non ho nulla contro singole persone – siciliane, napoletane, islandesi o australiane che siano. Per quanto mi concerne personalmente ho anzi avuto ottimi amici siciliani, di cui conservo un ricordo di affetto e di stima. Ho anche conosciuto operatori tecnici, progettisti estremamente validi, quasi geniali, provenienti dal sud.
Resta però il fatto che i “sistemi”, i gruppi sociali si comportano secondo regole diverse da quelle individuali. Anche in Germania o in Svizzera ci sono mele marce (come si è recentemente visto persino ai vertici della Banca Nazionale Elvetica): ciò non toglie che la realtà collettiva svizzera o tedesca sia però caratterizzata da un generale livello di correttezza e di rispetto delle regole che qui, in Italia, non si riesce neanche ad immaginare. E questa non è un’osservazione “da bar” o vetero-leghista. E’ solo oggettiva.
Comunque, lasciamo stare – tanto non si cambia niente.
“Comunque, lasciamo stare – tanto non si cambia niente.”
Forse è solo tempo perso ma, vede, sottolineo ancora una volta come sia proprio questo tipo di atteggiamento ad impedire il cambiamento. Col pessimismo non si va da nessuna parte. Questa è proprio quel tipo di rassegnazione e di vittimismo passivo che è sempre rimproverato giustamente (io per primo) alla gente del sud.
Che ci piaccia o no, giochiamo nella stessa squadra, almeno finchè coloro i quali si propongono di perseguire la secessione del nord non si dimostrino dotati di una forza politica concreta per farlo (il resto, ribadisco, sono solo chiacchiere).
Quando si gioca nella stessa squadra è necessario crederci e impegnarsi per mettere se stessi e i compagni di squadra (anche se, per ipotesi, di scarsa qualità) in condizione di far bene. Se si gioca svogliatamente per scarsa fiducia e mancanza di sicurezza nella vittoria, alla fine l’unica cosa certa è la sconfitta.
Il meridione viene da una tradizione per molti versi molto diversa da quella del settentrione (questo nessuno può negarlo). Una tradizione che, tra le altre cose, ha reso faticoso capire la distinzione tra “cittadino” (partecipe e consapevole) e “suddito” (noncurante e passivo). Non solo il sud può cambiare ma sta già cambiando (almeno la Sicilia)! Anche se da lontano forse questo non si percepisce adeguatamente…
E’ un cambiamento (beninteso, che non ha nulla a che fare con questo movimento dei “forconi” che, per sotto molti aspetti, forse è anche gattopardesco e regressivo) lento e graduale, come tutti i grandi cambiamenti, ma costante. Negli ultimi anni, la contrapposizione tra la rassegnazione, la passività degli anziani e la voglia di “scuotersi” dal torpore dei giovani è diventata – parlo per cognizione diretta – sempre più evidente. Questo cambiamento ci sarà in ogni caso. Anche nell’indifferenza degli altri territori, senza la quale potrebbe magari accellerare.
Quello che si chiede non sono i soldi. Di soldi – credevo di essere stato chiaro – se ne son mandati anche troppi: ma è inutile! Perchè finiscono sempre nelle tasche dei soliti. Non è questa la ricetta!
Un padre, per essere un “buon” padre, non può limitarsi a riempire di soldi il figlio (magari tossicodipendente). Deve essere presente. Attenzione: il padre di cui parlo (e mi scuso per l’orribile metafora paternalistica) non è il Nord, ma la Repubblica Italiana che, almeno sulla carta, è lo Stato anche dei meridionali.
Ogni volta che si dice “tanto sono tutti uguali”, “tanto sono sempre gli stessi”, senza saperlo si infligge una sconfitta a quella minoranza che sta crescendo e sta FACENDO, spesso in silenzio. Quando sento dire “tanto non cambierà mai niente”mi pare di sentire mio nonno (imprenditore onesto che dopo aver lavorato una vita ha perso tutto proprio perchè non ha avuto al suo fianco uno stato capace di tutelarlo dalla concorrenza scorretta dei disonesti) e di rivedere proprio quel prototipo di disillusione che incentiva la passività e il fatalismo.
purtroppo dall’ufficio non riesco a vedere i video ma immagino……cosa dire se non sconvolgente….grazie di qs. segnalazioni 😯 😯 😯