Il $ in pausa e poi si va a 1.40
Già in passato si è parlato più volte del $ e della sua grande debolezza. Ancora mi vengono i brividi a pensare che fino a qualche anno fa (era l’estate del 200 se non erro..) si vagava sui 0.83 cent , ovvero circa il 40% in meno rispetto alle quotazioni attuali. I motivi di questa debolezza sono diversi. Innanzitutto i cosiddetti “deficit gemelli”, ovvero il deficit coorente con l’estero (il vero testimone dell’attitudine a consumare tantissimo da parte degli americani, i quali grazie ai loro consumi, mantengono toniche le economie del globo, rendendo sempre valida la cosiddetta “globalizzazione”), ed il deficit pubblico, che viene inteso come la situazione economica in cui le uscite dello stato in un dato periodo superano le entrate dello stato nello stesso periodo. La presenza di un deficit si può attribuire solitamente ad un eccesso di spesa, a sua volta causata da spese inattese o straordinarie, come una guerra o una catastrofe naturale, oppure da eccessi di spesa rispetto alle entrate, dettati da precise politiche economiche di sostegno alla domanda, da scelte politiche finalizzate a creare e mantenere il consenso politico, dall’incapacità o dalla mancanza di volontà di ridurre le spese superflue. Per le stesse ragioni il deficit può poi attribuirsi anche a politiche fiscali deboli, che portano nelle casse statali meno denaro di quanto necessario a coprire i costi della pubblica amministrazione. Sono in molti però a sostenere l’esatto contrario: paesi come gli Usa di Reagan o, in tempi più recenti, Irlanda, Russia, Austria, Honk Kong, Estonia, Georgia e Romania, hanno infatti mostrato come l’abbattimento delle aliquote, se energico e concentrato nel tempo, comporti ovunque un aumento delle entrate statali: è raschiando in modo energico le aliquote, specialmente quelle che colpiscono i più ricchi, che la convenienza ad evadere diminuisce, la crescita spicca il volo ed i ricchi contribuiscono in misura maggiore alla “torta” delle entrate fiscali. Questa è la cosiddetta “teoria”…Ma traduciamo graficamente la debolezza del $ vs. €.
Ora da parte la teoria e passiamo alla Pratica. Voi probabilmente già sapete che i deficit gemelli hanno raggiunto livelli considerati da molti insostenibili, rivelando comunque un mancato equilibrio macroeconomico dell’economia. E’ pur vero che un dollaro debole è ben visto dall’estero in quanto “meno caro” però chi è investito in dollari inizia ad essere preoccupato e quindi, temendo ulteriori ribassi, non investe più. Quindi, sommando tutti i vari fattori, ne risulta che molto probabilmente il dollaro non ha finito di soffrire. A giovarne ovviamente l’oro, che anche stavolta si presenta come antagonista principer del $, accompagnato anche dalla spinta dovuta dalla debolezza ed incertezza dei mercati finanziari.
Però ora ragioniamo un attimo. Un $ così debole a noi può andare bene, perchè il buon petrolio, che paghiamo in $, ci costa meno (lasciamo perdere la polemica sul costo della benzina…) . Poi però…Un Euro così forte, soprattutto vs. $ ci crea danni per le esportazioni e rappresenta un freno per la ns. crescita economica. Ma siamo sicuri che un $ debole ci faccia poi tanto comodo? Inoltre ci si mette anche la politica fiscale. Molto probabilmente la BCCE alzerà di 0.25% a settembre e la FED manterrà i tassi stabili, e quindi un altro punto a favore della forza dell’Euro.
Per concludere, ora sembra ci possa stare un po’ di “pull back” ma area 1.40 sembra, tenendo conto di tutto, decisamente a portata di mano….