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Criptovalute: mettono veramente a rischio il sistema bancario tradizionale?
Lo scorso 27 Giugno è comparso sul quotidiano Milano Finanza un articolo a firma di Guido Salerno Aletta con un titolo che mi ha incuriosito: “Così le criptovalute mettono a rischio la vita delle banche di deposito”. L’articolo prende spunto dal recente discorso del presidente della Consob, Paolo Savona, per fare un’analisi del ruolo che potranno assumere le criptovalute sullo scacchiere internazionale e sui loro effetti sul sistema bancario, un argomento che ritengo importante e per il quale, pur non essendo un addetto ai lavori, ritengo si debba aprire una discussione a livello nazionale se non anche europeo.
Premetto che l’articolo è scritto da un economista “di vecchia scuola”, persona che, come mi è capitato spesso di sentire, non ha nella cassetta degli attrezzi gli strumenti adatti per affrontare la tecnologia delle criptovalute, materia per la cui comprensione è necessario un profondo cambiamento di paradigma.
Le persone non avvezze alla materia, infatti, parlano di criptovalute prendendo i vari termini per sinonimi, oppure confondono le criptovalute decentralizzate come bitcoin, con le criptovalute emesse da aziende private, come Libra di Facebook, oppure le criptovalute di stato, come lo Yuan digitale, cioè facendo di tutta l’erba un fascio.
Ma è un problema culturale per il quale è necessario del tempo per assuefarci ai nuovi termini.
Tralasciato comunque questo aspetto, mi sembra evidente che al di là delle criptovalute ci siano già dei motivi noti e profondi dai quali è a rischio la vita delle banche: il primo è dovuto alla strada dei tassi negativi imboccata dalle banche centrali, argomento del quale eviterei di parlare ed anzi sul quale vorrei stendere il fatidico “velo pietoso”.
Il secondo invece è puramente tecnologico e si trova nella digitalizzazione degli sportelli tramite gli strumenti online e nei sistemi di pagamento alternativi che negli ultimi anni si stanno sempre più moltiplicando.
Criptovalute di Stato
Detto questo, torna il problema del quale ho già avuto l’occasione di scrivere in precedenti articoli: le banche “commerciali” saranno davvero a rischio se verranno messe in atto quelle che sono chiamate genericamente “criptovalute di stato” o “criptovalute pubbliche”, ovvero le Central Bank Digital Currency.
Si tratta di valute statali interamente digitalizzate che all’atto pratico sono dei conti correnti aperti presso la Banca Centrale, strumenti che per il loro funzionamento non hanno bisogno né di banche né di carte di credito né di strumenti di pagamento “privati”: sono praticamente contanti digitali a controllo centralizzato.
Ma, e qui veniamo al lato fondamentale della vicenda, queste valute non sono strumenti difensivi, come riportato dall’articolo, ma al contrario sono strumenti “offensivi”; sono cioè concepiti per attaccare la supremazia del dollaro americano sui mercati internazionali e cercare di insidiarlo.
Internet infatti è senza frontiere e permetterà a chiunque di spostare ingenti somme di denaro, ad esempio in Yuan, da un soggetto ad un altro, in pochi secondi e con costi irrisori, senza sia necessario chiedere il permesso a nessuno. Anche tra aziende e/o cittadini che risiedono al di fuori del paese che adotta questo sistema, vedi la Cina. Una tecnologia che funziona già, come si è visto con le Stablecoin, che costituiscono un utile base di riferimento per i governi che vogliano sviluppare le “CBDC”.
E’ quindi chiaro che non si tratta di un sistema “ad isola”, richiuso su sé stesso, ma al contrario si tratta di un sistema aperto e configurato come una stella che copre tutto il pianeta e dove… la PboC è l’Hub di tutti gli scambi internazionali !
Bitcoin & C.
Se invece per criptovalute l’articolo intendeva quelle decentralizzate ed “Open Source” come bitcoin, io non credo che mettano a rischio la vita delle banche di deposito, perché se si diffonderanno sul larga scala, avremo comunque bisogno di istituti che si prendano carico della loro custodia, come sta già succedendo.
Certamente in tutto ciò il sistema bancario dovrà profondamente cambiare, ma non perché dovrebbero occuparsi di bitcoin anziché di dollari o euro, ma perché le criptovalute decentralizzate non consentono, permettetemi il termine, il “giochetto” della riserva frazionaria, ma obbligano alla copertura del 100%. Un cambiamento sicuramente epocale con il quale non potranno succedere i crack tipo Montepaschi, Parmalat, Popolare di Vicenza o Wirecard.
Conclusione
Semmai dovesse prendere il via il sistema delle valute nazionali digitali, o CBDC, di sicuro vedremo un processo di “esaurimento” in tutte le aziende che si occupano di pagamenti, siano esse banche commerciali, carte di credito, App per cellulari o qualunque altro sistema di pagamento. E’ una Currency War fatta con nuove armi e queste saranno le sue prime vittime.
Fuori della mischia resteranno invece tutti coloro che si occupano di raccolta del risparmio, per i quali si profila un mondo tutto nuovo e tutto da inventare.
Un cambiamento “ineluttabile” che ha portato proprio lui: bitcoin.
Link all’articolo originale
Milano Finanza : Così le criptovalute mettono a rischio la vita delle banche di deposito