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Italia: un paese che cambia pelle e che urge di riforme

Scritto il alle 13:50 da anonimocds

Italia, detta anche il Bel Paese. Italia, nazione dalle mille sfaccettature e dagli incantevoli paesaggi. Italia che sa esaltare ma anche deprimere.

Noi siamo abituati a vedere l’Italia da Italiani. Ma vi posso garantire che al di fuori si leggono cose veramente pazzesche sull’Italia. Non voglio entrare in un discorso che poi rischia di diventare politicizzato, e quindi non farò riferimento ai vari articoli (e sono veramente tanti) che sono usciti negli ultimi mesi sul sistema politico italiano. Però questo parere ve lo voglio dare, in quanto proviene da un mio amico che da anni lavora a Londra (quindi all’estero, come il sottoscritto) e che quindi, vede l’Italia sia con gli occhi degli italiani ma sente anche la considerazione che il mondo ha di noi.

Questo mio amico, che chiameremo Jimmy, mi dice:

Ho letto l’articolo molto critico sull’Italia uscito sull’Economist. Molto bello perché estremamente “ideologico”. L’Italia e’ secondo me, una sorta di mostro. Un po’ Francia (con privilegi assurdi e drammatica assenza di mercato/competizione), un po’ Germania (tutto sommato si esporta ancora), un po’ Africa (mi riferisco al Meridione). Il fatto che non siamo tra i PIGS ci danneggia. Perchè in Italia si fanno le riforme solo se c’e’ panico.

Ne esce un quadretto da paura:

a) Italy is dying: ambitious young italians are quitting their country in droves, leaving power in the hands of an elderly and out-of-touch elite. (Italia che muore, con il potere nelle mani di una classe elitaria vecchia che non ci garantisce nessun futuro).

b) Entrepreneurial italy will pay dearly for the “pleasure” of Berlusconi, alias bunga bunga = per la serie tira più un “pelo” di F … (L’imprenditorialità italiana ha subito e subirà conseguenze dalla nomea che ci siamo fatti a causa di episodi come il famoso “bunga bunga” che hanno fatto cadere la nostra credibilità)

c) The Euro crisis is forcing Greece and Portugal to push through huge reforms in teeth of popular protest (= i poverelli che tanto ti piacciono). In the short term this will hurt, in the long term it should give the peripheral economies new zip (= a favore dei ricchi). An unreformed and stagnant Italy then find itself exposed… (La crisi dell’Euro comporterà, in paesi come Grecia e Portogallo periodi di grandi sacrifici, ma si metteranno le basi per un qualcosa che si chiama FUTURO).

d) Between 2000 and 2010 Italy’s average growth measure by GDP (PIL) at constant prices was just 0.25% a year. Of all the country of the world only Haiti and Zimbabwe did worse. (La performance del PIL Italiano dal 2000 al 2010 è stata pari ad uno 0.25% annuo. Peggio di noi hanno fatto SOLO, notate bene, Haiti e Zimbabwe. Ma ci rendiamo conto?)

e) Italy is a wild forest of little privileges, rents and closures. Each has its own lobby group: together they conspire to make reform close to impossible. This is particularly evident in the service sector. (L’Italia è un paese di tante caste privilegiate dove ognuno ha la sua lobby che viene difesa a pugno duro, cercando di imporsi sul sistema a scapito degli altri).

Questo piccolo elenco fotografa in modo ideale ciò che il mondo vede, dal di fuori, quando si pensa all’Italia: caste, privilegi, bunga bunga, politici corrotti, produttività e crescita ridicola. E poca predisposizione alle riforme che contano.
Ma molto interessante è la chiusura che ci fa Jimmy.

For all its quirks, though, there is much that is admirable about Italy. It is a rich, peaceful, civilised country that does not feel like a place in crisis. Its president, Giorgio Napolitano, manages to float serenely above the political turmoil and use his largely honorary office to rein in some of the more outrageous antics of elected politicians. Its constitution has stood up surprisingly well under bombardment. The Bank of Italy is a great institution in a country with few of them. Its boss, Mario Draghi, should make a fine leader of the European Central Bank. Italy has many brave anti-mafia campaigners who have risked their lives to keep an old Italian tradition of civic activism alive. And as 42m foreign tourists a year can attest, it is a lovely place to visit. In its short life as a nation Italy has already rebuilt itself several times. For the past few decades, though, it has been living on the afterglow of an economic miracle that came to an end in the 1970s. It could continue like this more or less indefinitely, steadily growing poorer and older but still managing quite comfortably. For the moment this seems the most likely thing to happen. But the country is overdue another reawakening like the one that led to unification 150 years ago.

Tradotto in breve significa: l’Italia alla fine però è un paese ricco che non si sente in crisi. Mario Draghi sta per diventare capo della BCE, Napolitano continua a districarsi tra i vari inciuci politici della classe governante facendo da mediatore e paciere, è un paese socialmente tranquillo e molto bello da visitare. Peccato che il miracolo economico è finito negli anni ’70 ma per molti il miracolo continua, ancora oggi. La Dolce Vita ormai è storia. Ma per alcuni il consumismo senza prospettive è la Dolce Vita. E forse è un miracolo essere ancora in piedi. Ma questa è l’Italia, un paese che deve svegliarsi ma che, ahimè, potrebbe continuare su queste coordinate di “sonnecchiamento” economico ancora per anni. Ma è necessario un nuovo risveglio. L’economia globale non si ferma. L’Italia è ferma ai box ormai da 10 anni. Questo deve farci pensare.

Più debito, meno risparmi

Avevamo un tasso di risparmio elevatissimo. Oggi siamo molto più cicale e meno formice. I dati Adusbef parlano chiaro: Boom del debito delle famiglie, risparmi che collassano di un 50%.
Infatti negli ultimi 5 anni, il debito medio delle famiglie è salito del 55% (da 595 a 923 miliardi di Euro) mentre il nostro “tesoretto”, il nostro polmone di risparmio, è sceso da 60 a 31 miliardi di Euro.
Quindi anche la scusa che ci sarà anche la crisi, ma noi siamo un popolo di formichine, sta per diventare fuorviante. Occorre tenerne conto.

AnonimoCDS

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28 commenti Commenta
daino
Scritto il 14 Giugno 2011 at 15:19

Uno dei problemi è che la classe diririgente è composta da nonni e qualche bis-nonno, che, con tutto il rispetto soprattutto per il mio, non può essere predisposta ad affrontare un futuro che non vedrà
Chi, come me, frequenta i famosi giovani, trova persone molto più consapevoli della realtà. Il problema è che non si capisce come dar via ad un cambio generazionale.
Io suggerisco sempre l’impiccagione di qualcuno, ma in reatà dovrebbe essere la politica a dare una risposta: e questa è la parte più divertente.

gilgamesh
Scritto il 14 Giugno 2011 at 15:45

La verità è che tutti invocano la riforme, ma nessuno le vuole davvero. Articolo illuminante a riguardo: http://www.corriere.it/editoriali/11_giugno_12/galli-della-loggia_veri-pilastri-conservazione_78ca0ce0-94c2-11e0-b80f-3da7c892fae6.shtml .

Tutti son d’accordo a fare riforme, a ridurre il debito, a pagare meno tasse, al libero mercato (per gli altri…), ma nessuno vuole perdere i proprio privilegi, il posto fisso, il contratto a tempo indeterminato, la propria pensione e via così. E se qualcuno prova a parlarne, la si butta sulla demagogia/populismo, che tutti hanno diritto ad una pensione dignitosa, ad un lavoro dignitoso, ad uno stipendio dignitoso e nessuno nega che da un punto di vista ideologico siano cose corrette, ma in Italia tutto ciò non è mai stato e ora meno che mai, sostenibile.

Io credo che si arriverà alla situazione di Grecia/Portogallo alla lunga (non saprei quantificare quando). Lo stato inventandosi tasse impropobabili e spremendo i privati (che per fortuna, come hai detto, son ricchissimi per ora rispetto al resto del mondo) continuerà a tirare avanti la carretta finchè ce la farà, finchè i tagli a quel punto ciechi e indiscriminati dovranno arrivare per forza, perchè il debito sarà impagabile. La struttura produttiva dell’Italia non può certo rimettere in piedi quest’economia e ripagare il debito e stando dentro l’Euro non possiamo nemmeno operare sulla moneta.

La classe politica è quella che è e il popolo, nonostante pochi, non vuole comunque rinunciare mai ai proprio di privilegi, quindi non vedo come se ne possa uscire.

Io da luglio cambierò paese, ma spero sempre di poter un giorno tornare in Italia, vivendo bene come si vive tuttora.

A presto!

nervifrank
Scritto il 14 Giugno 2011 at 15:52

Audizione Draghi al Parlamento europeo

Reuters – 14/06/2011 15:38:19

BRUXELLES, 14 giugno (Reuters) – Riportiamo di seguito le dichiarazioni del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi nel corso dell’audizione al Parlamento europeo tenuta in qualità di candidato unico alla presidenza della Banca centrale europea.
SU POLITICA MONETARIA
“La politica sui tassi di interesse deve essere adeguata con l’obiettivo di rispettare il mandato della Bce […] in maniera preventiva per evitare un deterioramenrto delle aspettative inflazionistiche”.
“Una sfida importante per la Bce è di gestire l’uscita dalla posizione ancora molto accomodante della politica monetaria e dalle rimanenti misure straordinarie”.
USCITA DA MISURE LIQUIDITA’
“Dobbiamo assicurarci che il supporto di liquidità all’economia sia mantenuto per un periodo appropriato, ma anche che non si crei dipendenza dalla nostra liquidità”.

Mio commento:
Questo è peggio dei tedeschi.
Si preparano tempi duri per il nostro Bel Paese.

giandino
Scritto il 14 Giugno 2011 at 18:58

Negli ultimi 3 anni, siamo passati dal quinto al settimo posto nella classifica dei produttori mondiali: ci hanno scavalcato l’India e la Corea… e con l’andazzo in corso, nei prossimi 3 anni, diventeremo noni o decimi (il Brasile ci sorpasserà forse già quest’anno)…

Sempre negli ultimi tre anni, siamo diventati terzi al mondo per pressione fiscale… 10 anni fa eravamo decimi e 20 anni fa quindicesimi… più ci hanno raccontato che avrebbero abbassato le tasse, e più ci hanno fatto salire in quell’obbrobriosa classifica mondiale di spremitura “a freddo” dei cittadini.

Negli ultimi 10 anni, siamo diventati penultimi al mondo per crescita del Pil (0.2% nostro, contro il 4.1% mondiale). Veniamo prima di Haiti che, dalla sua, ha l’attenuante di avere subito un terremoto devastante.

Il 25% (uno su quattro) dei giovani italiani è disoccupato… degli altri 3 (il restante 75%), due sono precari. Percentuali da terzo mondo… di un paese che ha ripreso ad emigrare, ma, ironia della sorte, ha paura degli immigrati…

Il 54% delle donne italiane non partecipa al mondo del lavoro. Siamo ultimi in Europa.

Siamo all’80esimo posto come paese dove fare affari ed impiantare un’azienda e al 46esimo per competitività.

Qualunque dirigente d’azienda al mondo, che si presentasse ai suoi azionisti con questi risultati, sarebbe licenziato in tronco e subirebbe, con grande probabilità, una class action (gli stessi suoi azionisti lo citerebbero in giudizio, e gli richiederebbero il pagamento dei danni provocati).

Anche qui in Italia abbiamo avuto delle class action: memorabile quella contro gli eredi Ferruzzi dopo il tracollo del Gruppo.

Esistono dunque, secondo me, le condizioni per una class action contro i nostri attuali governanti, responsabili di avere provocato la più grave crisi di sempre nel nostro paese. Nessuno, a memoria d’uomo, era mai riuscito a far cadere l’Italia così in basso; nessuno aveva mai provocato un declino così rapido e profondo.

In America si chiama impeachment e, per evitarlo, Richard Nixon fu costretto alla dimissioni dopo lo scandalo Watergate.

In Italia, Franceso Cossiga rischiò l’impeachment quando era presidente della Repubblica… si racconta che, ad un certo punto, anche lui stesse meditando di dare le dimissioni per evitarlo.

Dovremmo fare: una class action contro i governanti (di qualunque colore essi siano) che ci hanno condotti in questo incubo. Un impeachment per alto tradimento.

Servirebbe da monito per tutti quelli che verranno dopo… e sarebbe come dirgli: … non saremo più un popolo di poeti, santi e navigatori, ma, quando ci girano the balls, siamo ancora in grado di essere uomini.

ivegotaces
Scritto il 14 Giugno 2011 at 19:51

@AnonimoCDS

Ahimè condivisibile e assai sconfortante … ma non ho capito se Jimmy sia italiano oppure no, nel senso che, se fosse italiano, sarebbe curioso che ti abbia scritto in inglese, essendo tu un suo connazionale, mentre invece, se non lo fosse, non potrebbe “vedere l’Italia con gli occhi degli italiani” … ❓ Se non ci ho capito una mazza io è normale, a lavoro oggi ho avuto una giornata pesante :mrgreen:

Scritto il 14 Giugno 2011 at 21:09

Ottimo post dell’amico AnonimoCDS!
:mrgreen:
you’re wellcome! 😀

anonimocds
Scritto il 14 Giugno 2011 at 21:44

ivegotaces@finanza: @AnonimoCDSAhimè condivisibile e assai sconfortante … ma non ho capito se Jimmy sia italiano oppure no, nel senso che, se fosse italiano, sarebbe curioso che ti abbia scritto in inglese, essendo tu un suo connazionale, mentre invece, se non lo fosse, non potrebbe “vedere l’Italia con gli occhi degli italiani” … Se non ci ho capito una mazza io è normale, a lavoro oggi ho avuto una giornata pesante   

No problem!
Il mio amico é italiano e citava un articolo dell’ Economist che ha fatto abbastanza notizia persino in Italia (dove qualcuno – beata ignoranza – l’ha subito ribattezzato the Ecomunist…)

http://www.economist.com/node/18780831

criba
Scritto il 14 Giugno 2011 at 21:46

condivido l’articolo, anche se è più il parere di un italiano (all’estero) che degli stranieri.

Condivido soprattutto che da noi non ci si muove se non in emergenza. Ma è la visione del tirare a campare. Preoccupante che molti italiani, anche tra i commentatori di questo articolo, ritengono che le colpe siano solo dei politici.

La realtà è che un politico (e ci sono stati tentativi) che cercasse di fare riforme anticipando le emergenze verrebbe bloccato da proteste guidate da estremisti, demagoghi etc.
Siamo il paese del non si può fare nulla che disturbi perché oggi voglio vivere bene e sicuro, domani si vedrà: no nucleare, no tav, no centrali a carbone, no pale eoliche, no riforme pensioni, no rigassificatori, no inceneritori…

Mi ha lasciato perplesso per esempio la motivazione per cui molti hanno votato il referendum sull’acqua. Perché contro il privato. Un paese che paga ogni giorno una tassa enorme alle inefficienze e alle ruberie del pubblico e non si fida dell’impresa privata non ha futuro. Stimo molto gli imprenditori che rimangono e sono gli unici con i loro lavoratori a sostenere il paese. Ma ormai oltre il 50% degli italiani è improduttivo. I giovani sono forgiati da università di baroni e riempiti di nozioni teoriche ma incapaci di autonomia e imprenditorialità come gli operai degli anni 60 che mettevano su la fabbrichetta. Possibilità di business in Italia ce ne sono, io ho cominciato da un paio d’anni e vedo varie occasioni anche per giovani. Ma questi preferiscono passare da un interinale ad un altro sperando nel posto fisso (facendo qualsiasi lavoro, basta che non sia manuale e rischioso) piuttosto che utilizzare quanto studiato (ma come detto la colpa è delle università).

Paese che vive oltre i propri livelli grazie a debito e pensioni generose, che quindi non sa più rischiare. Vogliamo tranquillità e sicurezza, ma la storia ci insegna che chi si adagia sugli allori perde. E penso che quando arriverà la vera emergenza, non saremo in grado di risollevarci in breve tempo.

anonimocds
Scritto il 14 Giugno 2011 at 21:51

criba@finanzaonline: condivido l’articolo, anche se è più il parere di un italiano (all’estero) che degli stranieri.Condivido soprattutto che da noi non ci si muove se non in emergenza. Ma è la visione del tirare a campare. Preoccupante che molti italiani, anche tra i commentatori di questo articolo, ritengono che le colpe siano solo dei politici.La realtà è che un politico (e ci sono stati tentativi) che cercasse di fare riforme anticipando le emergenze verrebbe bloccato da proteste guidate da estremisti, demagoghi etc.
Siamo il paese del non si può fare nulla che disturbi perché oggi voglio vivere bene e sicuro, domani si vedrà: no nucleare, no tav, no centrali a carbone, no pale eoliche, no riforme pensioni, no rigassificatori, no inceneritori…Mi ha lasciato perplesso per esempio la motivazione per cui molti hanno votato il referendum sull’acqua. Perché contro il privato. Un paese che paga ogni giorno una tassa enorme alle inefficienze e alle ruberie del pubblico e non si fida dell’impresa privata non ha futuro. Stimo molto gli imprenditori che rimangono e sono gli unici con i loro lavoratori a sostenere il paese. Ma ormai oltre il 50% degli italiani è improduttivo. I giovani sono forgiati da università di baroni e riempiti di nozioni teoriche ma incapaci di autonomia e imprenditorialità come gli operai degli anni 60 che mettevano su la fabbrichetta. Possibilità di business in Italia ce ne sono, io ho cominciato da un paio d’anni e vedo varie occasioni anche per giovani. Ma questi preferiscono passare da un interinale ad un altro sperando nel posto fisso (facendo qualsiasi lavoro, basta che non sia manuale e rischioso) piuttosto che utilizzare quanto studiato (ma come detto la colpa è delle università).Paese che vive oltre i propri livelli grazie a debito e pensioni generose, che quindi non sa più rischiare. Vogliamo tranquillità e sicurezza, ma la storia ci insegna che chi si adagia sugli allori perde. E penso che quando arriverà la vera emergenza, non saremo in grado di risollevarci in breve tempo.  

condivido pressoché totalmente.

gainhunter
Scritto il 14 Giugno 2011 at 21:59

E’ sempre interessante vedere un punto di vista estero.

In merito a questa affermazione:
“Perchè in Italia si fanno le riforme solo se c’e’ panico.”
come non essere d’accordo? Io l’ho già detto in passato, questa crisi è un’occasione per l’Italia, perchè quando i soldi iniziano a scarseggiare vanno a prenderli dagli evasori, dai mafiosi e dagli “sfruttatori dello stato”. L’ho notato solo io che negli ultimi anni sono aumentate non poco le notizie riguardanti truffe e evasioni fiscali scoperte dalla GdF?
E ora controllano anche tutti quelli che in un anno hanno fatto spese superiori al proprio reddito. Per non parlare della manovra per far emergere gli affitti in nero.
Insomma, sembra che si siano svegliati, evidentemente il crollo del PIL ha fatto paura. Se davvero si riuscisse a recuperare una buona parte dell’evasione e a restituire ai cittadini una fetta di economia sottratta dalla malavita, secondo me l’Italia potrà uscire da questa crisi molto più leggera di debito, sempre che l’occidente riesca a uscirne, ma questo è un altro discorso…
Se poi riescono anche a fare delle riforme e a ridurre i privilegi e i costi di politici & co., allora ci andrà di lusso. 🙂 Ma come dice il tuo amico, dipende da quanto in basso si dovrà cadere per attuarle.
E ricordiamoci sempre che lo Stato non è in mano solo ai politici, c’è anche una schiera di persone che lavorano per lo Stato (polizia, finanza, ecc.) che spesso lavorano davvero nell’interesse dell’Italia, e che non meritano lo scoraggiamento dei cittadini.

Invece a proposito di PIL, ieri ho visto un video di Report dello scorso Dicembre in cui veniva evidenziato come un aumento del PIL non coincide con un aumento della ricchezza né della qualità della vita dei cittadini, ma anzi provoca un aumento della distanza tra ricchi e poveri e una diminuzione della qualità della vita. E’ uno spunto di riflessione…
E infatti, se vogliamo guardare anche a qualche classifica positiva:
“2008: The World Health Organization ranks Italy’s health system as second best in the world. Government intervention provides inexpensive pharmaceuticals for seniors.”
(http://www.fsmitha.com/world/italy.htm)

gainhunter
Scritto il 14 Giugno 2011 at 22:49

criba@finanzaonline: Ma ormai oltre il 50% degli italiani è improduttivo.

Infatti nella stessa puntata di Report dicevano che negli anni ’60 gli occupati erano 20 milioni e la popolazione 50 mln, oggi con 60 mln di abitanti gli occupati sono sempre 20 milioni.

I giovani sono forgiati da università di baroni e riempiti di nozioni teoriche ma incapaci di autonomia e imprenditorialità come gli operai degli anni 60 che mettevano su la fabbrichetta.

E’ vero, ma una volta anche un giovane che non “aveva il mestiere” ma voleva mettersi in proprio poteva semplicemente aprire un negozio, bastava scegliere il posto e il prodotto giusto, e di lavoro ce n’era per molti. Oggi non è più così, ce la fanno quelli che appunto hanno imparato un mestiere (i richiestissimi artigiani) e quelli che hanno un’idea innovativa o hanno le conoscenze tecniche in un settore che “tira”.

Possibilità di business in Italia ce ne sono, io ho cominciato da un paio d’anni e vedo varie occasioni anche per giovani.

Qualche esempio? (se ti va, ovviamente)

Scritto il 14 Giugno 2011 at 23:36

anonimocds,

Condivido pure me….

lampo
Scritto il 14 Giugno 2011 at 23:37

criba@finanzaonline,

Condivido pienamente… anche se però aggiungerei un altro elemento: la manualità. Provo a spiegarmi. Durante il boom economico degli anni 60-70 chi faceva impresa erano appunto ex-dipendenti, con buona manualità, e tanta voglia di rischiare e lavorare che si mettevano in proprio per aprire la propria fabbrica… spesso usando i contatti che aveva con i fornitori e clienti quando lavorava come dipendente… insomma facendo molte volte concorrenza all’ex datore di lavoro…
Il merito di questo erano soprattutto le scuole tecniche e di mestiere e l’apprendistato lungo del tempo (di qualche anno) che però era vero apprendistato in cui ti insegnavano un mestiere… e ti facevano vedere mari e monti davanti al tuo futuro… pronti per essere navigati o scalati durante il proprio impegno lavorativo profuso negli anni successivi (non per niente la produttività con attrezzature tecnologicamente inferiori alle odierne era superiore).
Oggi, complici le varie riforme scolastiche che hanno assassinato (è il termine appropriato) le scuole tecniche… ed eliminato praticamente i laboratori (oramai l’assistente tecnico è in via di estinzione) la manualità è un qualcosa che i nostri giovani non sanno neanche cosa sia… a parte digitare i tasti del telefonino o del joystick… non la tastiera però… visto che l’ho provato in prima persona ad un concorso pubblico in cui avevano richiesto una prova di battitura… (e non avendo mai studiato dattilografia ero risultato di gran lunga il più veloce…).
Aggiungiamo a tutto ciò il desiderio di riscatto che tale generazione degli anni 60-70 ha profuso nei loro figli invogliandoli ad effettuare studi teorici, finanziari o legali (avvocati, commercialisti, giuristi e via dicendo…) in un’Italia fatta di piccole imprese gestite per la maggior parte da titolari con la licenza media o al massimo il diploma.
Infine l’ultimo scatto di assistenzialismo, dato dal consumo dei risparmi accumulati durante l’intera vita per assistere ancora le nuove generazioni nel continuare a cercare lavori precari in cui essere sfruttati pur di svolgere un lavoro “in linea” con il costoso titolo di laurea conquistato. Assistenzialismo… perché senza i soldi dei risparmi dei genitori… nessun giovane riuscirebbe a continuare con tanta tranquillità a passare da uno stage all’altro o a laurearsi in 7-10 anni, sperando dopo che il proprio curriculum, magari corredato da qualche costoso master effettuato all’estero, sia appetibile dal mercato del lavoro.
E’ inutile che vi dica quanti di questi curriculum un mio caro ex datore di lavoro cestinava regolarmente, con un leggero sorriso di ironia e spesso di divertimento, preferendo diplomati che magari avessero accettato a livello di curriculum anche lavori di basso manovalanza che però indicavano voglia di fare ed una certa manualità e senso pratico ad affrontare le mille problematiche che un’impresa piccola deve affrontare ogni giorno per stare sul mercato italiano, sopportando la sempre maggiore burocrazia (altro che semplificazione… e vedrete da questa estate la nuova norma sulla tracciabilità dei flussi finanziari quanti altri danni farà, senza contare il duvri del prossimo anno, ecc.). Problemi che le imprese concorrenti all’estero non hanno e che impiegano parecchi giorni-uomo per essere risolti oltre a minare la stessa produttività.
Bisogna cambiare la mentalità, sia della generazione più vecchia che deve capire che non c’è posto per tutti i laureati che sfornano le nostre università, se non c’è sviluppo e progresso tecnologico a livello di impresa. Lo stesso vale per i nostri politici… che probabilmente, non avendo mai lavorato in vita loro… e soprattutto non avendo mai messo piede in un’impresa (spesso anche chi era o si crede imprenditore… ma in realtà è una semplice persona che delega altri a mandare avanti la propria impresa), se avessero la possibilità di passarci una settimana, qualche giorno in produzione, qualche giorno in ufficio ed uno in contabilità… si metterebbero le mani nei capelli e si chiederebbero come fanno ancora le nostre imprese a riuscire a lavorare…
Tutto ciò però deve partire dalla scuola, dalla famiglia e dalle istituzioni (politica). Deve rinascere la voglia di collaborare, il senso civico, lo scopo comune per migliorare questo paese e dare un vero futuro alle generazioni future.
Deve scomparire la voglia di fare sempre i furbetti, di cercare scorciatoie, raccomandazioni, di trovare il miglior commercialista che sia più capace a farci evadere le tasse e via dicendo…
Se proprio non riusciamo a farla scomparire… almeno deve rientrare a livelli di sostenibilità (massimo 10% della popolazione).
Assieme a tutto ciò c’è la necessità che i nostri giovani imparino nuovamente a sporcarsi le mani… perché solo con la manualità si impara a vedere oltre… a desiderare di più e quindi a diventare imprenditori, spesso più capaci dei nostri concorrenti esteri a causa delle maggiori difficoltà che abbiamo incontrato, affrontato e risolto!
Scusate lo sfogo 😉

ottofranz
Scritto il 14 Giugno 2011 at 23:54

In Italia abbiamo un problema solo.

Si chiama MAFIA.

Determina corruzione,la corruzione uccide la meritocrazia e la responsabilità vanificando un sistema giudiziario che si vorrebe Patria del Diritto.

Il diritto viene confuso poi dalla più parte come quella cosa che si ha, mentre il dovere è quello che tocca agli altri

Il tutto cucinato e confezionato a per benino ad uso e consumo delle giovani generazioni ,
( con l’avalllo delle vecchie)che non prendono neppure in considerazione che ci possano essere alternative peggiori dietro l’angolo, per il solo fatto che si ritiene essere l’acquisito ormai acquisito

Da qui a farsi convincere dai media del potere che basta una carta di credito e per tutto il resto c’è master card il passo è molto molto breve

Ed i risultati sarebbero già sotto gli ochhi di tutti. Ma ancora ci sono molti che si ostinano a non vedere

Altrimenti non si capirebbe perchè da quindici giorni ho una cartello che dice di cercare personale maschile di vendita e mi si sono presentati solo stranieri

gainhunter
Scritto il 14 Giugno 2011 at 23:54

Dream Theater,

Permettimi di sottolineare questi due passaggi dell’articolo:

“The funds could be raised by increasing the costs charged for the goods and services delivered. It’s not clear how that squares with the “free water” promise in the pamphlets activists handed out before the vote.”

“A crass disinformation game has won the day,” said Vincenzo Donvito, head of the ADUC consumer rights lobby.

Da notare che l’articolo del wsj non fa riferimento al quesito sul legittimo impedimento.

Scritto il 15 Giugno 2011 at 10:22

ottofranz,

MAFIA? Ma la mafia non esiste… :mrgreen: :mrgreen: 🙄 👿

Scritto il 15 Giugno 2011 at 10:22

gainhunter,

…sarà un caso? Mah… 😯

anonimocds
Scritto il 15 Giugno 2011 at 10:34

Noto intanto che questo TREMONTI…

…sembra un Padoa Schioppa o un Visco qualunque…un COMUNISTA insomma…:

tassare le rendite finanziarie, c’é la crisi (QUALE criisi?), abbassare le tasse sul reddito A PATTO CHE il saldo netto del gettito e del deficit sia zero, combattere l’evasione.
ALLA BUON’ORA!

ATTENDIAMO CON ANSIA LA RIFORMA LIBERALE E LIBERISTA CON le aliquotye del 23% e 33% (2 ASCAGLIONI SOLI!) PER UN Nuovo Miracolo Italiano.

http://www.repubblica.it/economia/2011/06/14/news/tremonti_riforma_non_si_pu_fare_in_deficit-17680601/?ref=HRER1-1

http://www.corriere.it/economia/11_giugno_15/i-numeri-della-riforma-per-tagliare-il-fisco-servono-15-20-miliardi-mario-sensini_cce75ad2-9718-11e0-83e2-2963559124a0.shtml

Poi certo, tra il dire e il fare…c’é di mezzo il default di Grecia e PIGS vari…ma qualcuno sembra rinsavire ed essere tornato coi piedi per terra…

hironibiki
Scritto il 15 Giugno 2011 at 11:41

criba@finanzaonline,
“Stimo molto gli imprenditori che rimangono e sono gli unici con i loro lavoratori a sostenere il paese”…

Beh che dire ci sono imprenditori e imprenditori. Marchionne non lo stimo più di tanto, facile aprire a destra e a manca imprese lasciando in cassaintegrazione i lavoratori qui in Italia.. Senza contare tutto il “Made in Italy” però confezionato chissà dove all’estero e rimarchiato solo perchè in Italia è stato “disegnato” il modello..
Io provengo da una piccola realtà. Il mio datore di lavoro mi ha chiesto di operare una variazione contrattuale da tempo indeterminato ad una più simile a progetto per pagare meno tasse ed essere concorrenziale.
Inutile dire l’assurdità della cosa, infatti non ho accettato. Probabilmente diverrò presto uno dei tanti che compilerà il modulo di disoccupazione, ma quello che volevo far notare è che non ci può essere ripresa.
Dai sinceramente, obiettivamente.. Uno può avere mille scopi nobili, può voler rilanciare il “Made in Italy” dandogli la giusta connotazione mondiale, ma è impossibile.
Ormai la manifattura è morta o moribonda, le proposte di lavoro sono assurde (conosco molti muratori amici che sono a spasso e che non trovano perchè le aziende assumo extracomunitari sottopagandoli), la pressione fiscale non incentiva nessun tipo di consumo (Esempio: vuoi comprare l’auto? Se hai un’azienda la scarichi tutta.. Se sei un operaio la paghi per intero con l’incremento dell’IVA al 20%, nel qual caso tu voglia rivenderla subito dopo hai già perso il 20% del valore. EVVIVA!).
Insomma dai sinceramente e realisticamente non si può pensare di rilanciare l’economia così. Come, giustamente detto in un post, non si può pensare di aumentare all’infinito il PIL mondiale. Non si può.
E quindi?
E quindi la soluzione è ridurre la produzione, fare una vità più tranquilla. Magari non si avrà più l’Iphone nuovo modello ogni 2 settimane, ma non ci sarà nemmeno la produzione attuale. Fare produzione locale per un fabbisogno locale senza voler fare “grandi aziende”.
Allora si tutti avrebbero un lavoro e si produrrebbe il giusto.

Draghi poi ha detto che la Grecia può benissimo uscire dalla crisi perchè 10 anni fà l’Italia era messa peggio e si è rialzata. Boh per quanto possa vedere si sarà anche rialzata ma è ricaduta subito all’indietro. 10 anni fa la situazione politica non era così. Oggi molti paesi sono in rivolta, il debito sta affossando tutti gli stati.. Insomma è COMPLETAMENTE diverso da 10 anni fà.

Poi chissà. Paraponzi ponzi pà :mrgreen:

hironibiki
Scritto il 15 Giugno 2011 at 11:48

Altra cosa.. Per combattere l’evasione la ricetta è semplice. Conguaglio a fine anno del 50% o 60% del rimanente. Ora non ricordo quale stato lo applica ma praticamente l’operaio può scalare il costo delle caramelle alla lavatrice ecc e a fine anno quello che gli rimane paga il 50 o il 60%. Così evasione fiscale = ZERO.

ivegotaces
Scritto il 15 Giugno 2011 at 12:18

criba@finanzaonline: Un paese che paga ogni giorno una tassa enorme alle inefficienze e alle ruberie del pubblico e non si fida dell’impresa privata non ha futuro. Stimo molto gli imprenditori che rimangono e sono gli unici con i loro lavoratori a sostenere il paese.

E’ vero, questo paese non ha futuro. E’ altrettanto vero, però, che il paese non si fida dell’impresa privata perché comprende sempre di più che anche in tale settore ci sono inefficienze e “ruberie”, tanto da spingerlo a preferire il settore pubblico. Per il lavoro che faccio mi sento di condividere la scelta degli elettori lo scorso week end.
Sono invece d’accordo con te sulla stima riposta in coloro che sostengono il paese, anche se, tra imprenditori e lavoratori, lo dico per esperienza diretta, sono maggiormente i secondi ad avere il merito maggiore.

ivegotaces
Scritto il 15 Giugno 2011 at 12:27

hironibiki@finanza,

Sono d’accordo con te, Hironibiki, ma fai attenzione a una cosa: Marchionne è un manager, anzi un ottimo manager, e non un imprenditore; lavora per e quindi fa gli interessi della “proprietà”, come usano chiamarla i dirigenti. Sfrutta le inefficienze del paese, come ricordato da Criba, per l’interesse di pochi infilandolo dove possibile a tanti. Insomma fa il suo mestiere benissimo, il problema è che gli si concede di far quel che vuole …

ivegotaces
Scritto il 15 Giugno 2011 at 12:34

anonimocds,

Tassare le rendite finanziarie non ha alcun senso, a mio avviso. E’ necessario che TUTTI paghino le tasse! Ecco, questo per me ha senso, e come dice Hironibiki ci sono realtà che drasticamente, di petto, hanno affrontato il problema.

Scritto il 15 Giugno 2011 at 15:25

Vi posto questo articolo brillante, già citato nei commenti, ma che sintetizza in modo semplice, efficace e soprattuto realistico la realtà dei fatti.
Come sempre non voglio entrare in merito, però credo che chiunque può leggere e meditare quanto scrive l’autore…

Caro Economist, stavolta ti sbagli
di Roberto Perotti

L’ Economist si sbaglia. Berlusconi ha sì «f…o l’Italia», ma non per averne frenato la crescita. Ho calcolato la media aritmetica del tasso di crescita del Pil negli ultimi vent’anni, separatamente per i Governi di centro-destra e di centro-sinistra. È vero, sotto il centro-destra il Paese è rimasto in stagnazione, con una crescita media dello 0,1% all’anno, mentre sotto il centro-sinistra la crescita media è stata dell’1,4 per cento: una differenza apparentemente abissale, se composta su venti anni.

Ma un confronto corretto dovrebbe tener conto della situazione internazionale, e il centro-destra ha governato durante periodi (i primi anni duemila e ovviamente l’ultima recessione) in cui la crescita in tutto il mondo è stata molto più bassa.

La differenza rispetto agli altri Paesi è stata pressoché identica sotto i due schieramenti (anzi, di pochissimo migliore sotto il centro-destra): in entrambi, l’Italia in media è cresciuta di circa l’1,1 % all’anno in meno degli altri Paesi Ue, l’1,2% in meno dei Paesi del G7, e l’1,4% in meno dei Paesi Ocse. Numeri disarmanti, ma bipartisan. E ci dicono che tendiamo a dare troppa importanza ai Governi; appena l’economia va bene, i sostenitori del Governo gli attribuiscono tutti i meriti; quando va male gli oppositori gli attribuiscono tutte le colpe.

In realtà, perché le riforme si riflettano in un miglioramento osservabile della crescita ci vogliono spesso anni. Un Governo, questo sì, può invece rovinare facilmente e velocemente un Paese, come sanno bene per esempio i cittadini di Venezuela e Zimbabwe. Ma fortunatamente nella seconda Repubblica abbiamo avuto ministri dell’Economia competenti che hanno almeno evitato grossi disastri: questa è una differenza rispetto agli anni Settanta e Ottanta di cui spesso non ci rendiamo conto.

Dunque la vera eredità negativa di Berlusconi non è stata l’economia. La prima eredità è stata aver riportato indietro il dibattito sociale di trent’anni. Berlusconi ha confermato e anzi rafforzato l’avversione che la maggioranza degli italiani, di destra e di sinistra, prova istintivamente per il mercato. Ha rafforzato l’innata convinzione di molti che tutte le riforme siano una congiura dei ricchi contro i poveri.

La seconda eredità di Berlusconi è di aver infangato la nozione di «competenza». Per decenni l’Italia era stata governata da politici di professione che potevano parlare per cinque ore di «convergenze parallele» mentre il Paese affondava. È comprensibile che qualcuno abbia sperato in un cambiamento: un manager abituato a risolvere problemi concreti e capace di parlare direttamente alla famosa casalinga di Voghera. Ma Berlusconi ha creduto che per governare bastasse annunciare l’abolizione dell’Ici sulle prime case tre giorni prima delle elezioni, o mettere il primo mattone di un Ponte sullo Stretto che fortunatamente non ha i soldi per costruire, oppure ancora annunciare un nuovo Piano Casa ogni due anni, senza aver idea di come attuarlo. E oggi crede veramente che per rimediare a una sconfitta basti l’«annuncio bomba» del passaggio di alcuni uffici ministeriali da Roma a Milano.

La terza eredità di Berlusconi è il senso di umiliazione inflitto a molti cittadini, in nome di un anticomunismo ormai patologico che sembra giustificare qualsiasi nefandezza. L’umiliazione di una legge elettorale medievale che impedisce ai cittadini di esprimersi, utilizzata dal satrapo per fare eleggere servitori senza dignità e ragazze palesemente spaesate, mentre le famiglie italiane tentano di convincere i propri figli che studiare è importante. L’umiliazione di vedere i giornalisti di cinque telegiornali, alcuni pagati dal contribuente, intervistare il capo leggendo tremebondi le domande scritte da lui.

Infine, la quarta eredità di Berlusconi è aver rovinato l’immagine dell’Italia all’estero, come sa chiunque parli con degli stranieri. Alla lunga, un Governo senza una guida competente viene inevitabilmente percepito come tale nei consessi e nelle relazioni internazionali. La conseguenza è che questi anni hanno confermato negli stranieri gli stereotipi peggiori sull’Italia (con le dovute eccezioni di alcuni ministri che avrebbero meritato un Governo migliore): improvvisazione, inaffidabilità e faciloneria, il tutto condito con barzellette, spaghetti e mandolino.
Di fronte a tutto questo, caro Economist, l’economia è solo la punta dell’iceberg.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-06-14/caro-economist-stavolta-sbagli-064354.shtml?uuid=AarzuffD

Scritto il 15 Giugno 2011 at 15:27

ivegotaces@finanza,
Io sono invece convinto che il primo passo da fare sia proprio una riforma fiscale a livello di UE. E questa riforma deve passare, secondo me, proprio da un aumento dell’aliquota fiscale. Per carità, è solo un parere….

ivegotaces
Scritto il 15 Giugno 2011 at 16:41

Ma infatti ognuno ha la propria opinione, ci mancherebbe, però tu cosa intendi quando parli di aliquote fiscali? Parli di IRPEF o di tassazione sulle rendite finanziarie?
In ogni caso – per farla breve – io come lavoratore dipendente pago le tasse attraverso il mio datore di lavoro, quindi percepisco uno stipendio netto. Se con i miei risparmi faccio un investimento e vengo nuovamente tassato su una plusvalenza, cedola ecc trovo la cosa assai ingiusta. Poi che sia anche non equa … tassazione fissa a prescindere da redditi e patrimoni. Proprio non mi va giù, ma come giustamente dici, è solo un parere … 8)

gainhunter
Scritto il 15 Giugno 2011 at 21:23

ivegotaces@finanza,

Infatti!
Che senso ha aumentare le tasse sui risparmi, quando il risparmio è:
1) benzina per un’eventuale prossima ripresa
2) ammortizzatore sociale
3) pensione futura

Alcuni dicono che non è equo nei confronti delle tasse sul lavoro, ma il lavoro ha la no tax area, il risparmio no; e poi la funzione del risparmio è proteggere il reddito accumulato dall’inflazione.

Poi, ancora peggio è una tassa sulle transazioni finanziarie, perchè sappiamo benissimo chi le pagherà (i soliti risparmiatori e trader privati) e chi no (come si fa a tassare una transazione su un mercato non regolamentato?)

A me sembra che alla fine si vada a pescare sempre tra i più o meno poveri, i quali poi si “scannano” (“tassiamo il risparmio che toglie risorse al lavoro”, “tassiamo gli speculatori”, ecc.), quando ci sono patrimoni immensi in mano a poche persone ricchissime. Dove sono finite la perequazione e la progressività d’imposta?

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