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WALL STREET: parte una correzione che per ora è “mini”
Goldilock? Ormai è definitivamente archiviato. Si muove l’inflazione e anche i tassi E a Wall Street i mercati correggono anche se per ora è una presa di profitto e nulla più. Analisi de COT Report (CFTC). [Guest post]
Cari amici, nella settimana appena trascorsa, i mercati finanziari internazionali, con una velocità sorprendente, hanno reso evidente che ci troviamo molto probabilmente all’inizio di un radicale cambio di scenario. Il mutamento è indotto e rappresentato dalle nuove politiche fiscali espansive che stanno sostituendo quasi ovunque gli stimoli monetari dell’ultimo decennio. Nuove politiche richieste a gran voce da molti popoli, gravemente provati da anni di ferrea austerità fiscale. Come accade quasi sempre nella storia moderna, il radicale mutamento è indotto, e parte, dagli USA.
Il Think Tank dell’amministrazione Trump, composto da molti membri provenienti da Goldman Sachs, ha infatti deciso di voltare radicalmente pagina. Il prossimo anno Gli Stati Uniti d’America avranno un deficit federale del 6 %. Ed altri Paesi, tra cui l’Italia, si stanno incamminando nella stessa direzione. A maggior ragione ripropongo, pertanto, la domanda della scorsa settimana: quali saranno gli effetti di tale radicale mutamento di policy sui mercati finanziari, e sull’economia ? Tutti gli investitori devono oggi responsabilmente porsi tale domanda, cercare una risposta, ed adeguare di conseguenza la propria operatività ed il proprio asset management.
Lo scenario intermarket, come accennato, già da alcune settimane, riflette il radicale mutamento di policy in corso. In particolare, il dollaro index, sorretto da tassi d’interesse in forte rialzo, si dimostra ancora tonico, s’apprezza infatti di un ulteriore 0,3 %, e raggiunge quota 95,62. All’aumento del dollaro s’associa un forte rimbalzo delle commodities le cui quotazioni lievitano del 2,4 % in termini reali. Solo nelle ultime 3 settimane l’apprezzamento è pari a 6,1 %. In particolare le quotazioni del petrolio raggiungono il massimo degli ultimi anni a quota 74,34 $ al barile. Uno scenario di ripresa inflazionistica che trova grande riscontro anche nei mercati obbligazionari. I tassi dei bond decennali americani lievitano, infatti, di ben 18 bps, e raggiungono i massimi degli ultimi anni, a quota 3,23 %. Lievitano di 7 bps anche i rendimenti dei bond a 2 anni, che s’impennano sino a quota 2,88 %. Come dimostra il grafico seguente il continuo lievitare dei rendimenti obbligazionari altro non è che la diretta conseguenza della crescita della spesa pubblica Usa.
L’inclinazione della yield curve Usa resta comunque positiva, il differenziale ( 10 – 2 ) anzi s’accresce e raggiunge nuovamente quota 35 bps. Ciò ci fa pensare che il ciclo espansivo dell’economia Usa, sorretto oggi da una politica fiscale ultra espansiva, durerà ancora a lungo, ed una recessione non ci sarà forse nemmeno nel 2019. Wall Street, invece, comincia ad essere preoccupata dai riflessi inflazionistici della nuova politica economica americana. Il nostro benchmark azionario mondiale, l’S&P 500, storna infatti per la seconda settimana consecutiva, abbozza dopo 6 mesi una mini correzione, ed arretra a quota 2885,57.
Ciò premesso, passo ad esaminare i nuovi dati del COT REPORT settimanale, pubblicati venerdì sera dalla CFTC (Commodity Futures Trading Commission), concernenti i valori aggregati dei Futures e delle Options su tutti gli indici azionari USA, che risultano essere i seguenti:
Commercial Traders : – 126.965
Large Traders : + 111.041
Small Traders : + 15.924
Si conferma, anzi si estremizza, la configurazione del mercato dei derivati azionari Usa in auge ormai da ben 10 mesi. Quest’ultima settimana, registriamo, variazioni nelle posizioni dei diversi operatori, pari a 14.531 contratti. In particolare, in quest’ultima ottava, sono i Large Traders che estremizzano, forse a torto, la loro già pingue posizione Net Long. Acquistano, infatti, l’intero lotto dei 14.531 contratti long, e portano la loro già ingente posizione Net Long, sopra le centodiecimila unità, il massimo degli ultimi anni. Gli Small Traders, invece, si mostrano molto diffidenti e cauti, cedono infatti altri 9.998 contratti long, e riducono la loro posizione Net Long a livelli sempre più moderati. I Commercial Traders, infine, non si fidano della crescente esuberanza dei Large traders, cedono loro altri 4.533 contratti long, ed assumono una sempre più marcata posizione di copertura Net short, superiore ormai alle centoventimila unità. Le movimentazioni di quest’ultima ottava estremizzano l’assetto del mercato dei derivati azionari Usa degli ultimi 10 mesi. E le estremizzazioni, si sà, non sono mai foriere di buone notizie. In particolare ci appare davvero eccessivo l‘ottimismo che manifestano i Large Traders. Evidentemente non hanno ancora colto il mutamento di scenario in corso.
Crediamo pertanto che l‘attuale mini correzione possa ancora proseguire, e forse sarà un bene per il mercato. Correzione che non si trasformerà però, a breve, in un’inversione del trend rialzista, come invece, spera la sempre folta corte degli incalliti ribassisti. Certo le condizioni iper favorevoli degli scorsi anni stanno progressivamente venendo meno, lievitano infatti i costi di tutti i maggiori fattori produttivi ( materie prime, capitale e lavoro ), per tale motivo gli utili aziendali il prossimo anno dimezzeranno il loro tasso di crescita ( dal 20 al 10 % ). E’ quindi del tutto coerente attendersi un percorso più difficile ed impervio per i mercati azionari, sia Usa che mondiali. Il goldilocks market degli scorsi anni è ormai un ricordo, peccato per chi non abbia saputo approfittarne. Ciò premesso, non credo tuttavia ad un’imminente e significativa inversione del trend rialzista. Il deterioramento del contesto macro economico è infatti certamente iniziato, ma non è ancora tale da determinare l’inizio di un vero e proprio bear market. Quest’ultimo, infatti, necessita di un rialzo del prezzo delle commodities di un ulteriore 20 %, di un aumento dei tassi di rendimento Usa sin nei pressi del 4 %. Condizioni che la nuova politica economica, di marcato deficit spending, del’Amministrazione Usa, farà certamente raggiungere, ma ci vorrà ancora del tempo, almeno un altro anno credo. Nel frattempo, gli Small traders acquisteranno tutte le posizioni Net long sul mercato dei derivati azionari Usa, rimanendo, come sempre accaduto, col cerino, anzi con la torcia, accesa in mano.
Riconfermo, pertanto, per ora, la mia view, ancora moderatamente positiva, che cercherò, come sempre, di tradare con il mio originale trading system, fondato sullo sfruttamento e sulla valorizzazione dell’effetto “LONG TERM MOMENTUM“, descritto negli studi, e nelle ricerche dei professori Jegadeesh e Titman, ed illustrati nel mio sito http://longtermmomentum.wordpress.com/. Da inizio dell’anno, il mio portafoglio, denominato “ Azioni Italia – LTM “, ha conseguito un guadagno del 6,70 %, performance nettamente superiore a quella registrata dal nostro Ftse All Share, che registra, nel contempo, una perdita del 7,18 %. Conseguita, pertanto, una sovra-performance del 13,88 %, che conferma tutte le prerogative del mio trading system, che nei passati 5 anni ha conseguito una sovra-performance media annua pari al 16 %. Ciò premesso, questa settimana, tenuto conto degli ingenti storni già subiti dalla borsa italiana, muto leggermente l’assetto del mio portafoglio, innalzo cioè dal 60 al 65 % le mie posizioni long, e riduco nel contempo dal 40 al 35 % le mie posizioni short, assumendo di conseguenza una posizione Net Long sempre moderata, pari al 30 % del mio portafoglio. Chi desiderasse approfondire e ricevere maggiori informazioni sul mio trading system e sulla composizione del portafoglio “ Azioni Italia – LTM “ può consultare, se vuole, direttamente il mio sito.
Vi ringrazio per la vostra stima e fiducia, ed auguro a TUTTI gli amici di Intermarketandmore buon trading.
Lukas