in caricamento ...
Stress Test 2014: un problema per le banche italiane
Per le banche dell’Eurozona si avvicina il momento dell’ennesimo “stress test” (partenza a maggio 2014, risultati ad ottobre 2014), una sorta di esame, o se preferite, traducendo letteralmente una specie di prova di resistenza, che viene imposto dall’EBA, l’autorità europea bancaria.
Sono 15 in tutto le banche italiane che subiranno questa analisi: Carige, Monte dei Paschi di Siena, Piccolo Credito Valtellinese, Banca Popolare di Milano, Intesa San Paolo, Mediobanca, Unicredit, Banca popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Sondrio, Banca popolare di Vicenza, Banco Popolare, Credito Emiliano, Iccrea Holding, Unione Banche Italiane, Veneto Banca.
Questo test servirà per capire la sostenibilità delle principale banche europee a particolare situazioni avverse di mercato. Ovviamente i fattori presi in considerazioni sono veramente molteplici: crollo delle borse, aumento degli spread, e molto altro. All’apparenza sembra un esame decisamente più “duro” rispetto a quelli fatti in passati, che hanno avuto esiti discutibili. Per avere un dettaglio della metodologia dello stress test 2014 delle banche europee vi invitiamo a visualizzare l’allegato dell’ EBA cliccando QUI
Ipotesi haircut debito sovrano
Come detto prima, anche alcune banche italiane subiranno gli stress test. Particolarmente interessante l’ipotesi di stress test sui titoli di stato posseduti in portafoglio. l’Eba comanda che le banche debbano prevedere perdite sui titoli di Stato che tengono nel trading book: i titoli registrati come ‘available for sale’, disponibili alla vendita, dovranno conteggiare perdite a partire dal 20% delle perdite potenziali quest’anno fino al 60% nel 2016. Ovviamente questo non è che DEVE succedere ma nell’ipotesi EBA, le banche dovrebbero essere capaci di reggere anche in queste difficili e complesse situazioni di mercato, mantenendo un coefficiente patrimoniale common equity Tier 1 di almeno il 5,5% ossia un equivalente del capitale azionario pari almeno al 5,5% degli asset soppesati per i rischi.
PROBLEMA: i detentori del debito sovrano italiano
E’ ben noto il fatto che le banche italiane hanno in pancia una quantità veramente importante di bond governativi. I più recenti conteggi ci fanno vedere una percentuale di possesso (medio) pari al 99% di bond governativi rispetto al proprio capitale, ovvero circa 420 miliardi di euro. Un circolo vizioso che porta a confondere e parificare il rischio esposizione su banche o stato. Questo cosa comporterà a livello di stress test? Potrebbe comportare un ulteriore bisogno di capitali freschi, inteso come richiesta di dover effettuare nuovi aumenti di capitale. E forse stavolta, gli stress test potrebbero Non essere poi così “farlocchi”.
(Se trovi interessante i contenuti di questo articolo, condividilo ai tuoi amici, clicca sulle icone sottostanti, sosterrai lo sviluppo di I&M!)
STAY TUNED!
Questo post non è da considerare come un’offerta o una sollecitazione all’acquisto.
Informati presso il tuo consulente di fiducia. Se non ce l’hai o se non ti fidi più di lui, contattami via email.
NB: Attenzione! Leggi il disclaimer (a scanso di equivoci!)
I need you! Sostienici!
§ Tutti i diritti riservati © | Grafici e dati elaborati da Intermarket&more su databases professionali e news dal web §
Sono d’accordo. Scenario di stress veramente estremo. Ma…le banche forniranno dati corretti o li manipoleranno il giusto per far “venire” il risultato?
C’è anche questo da dire.
I bilanci sono facilmente plasmabilia seconda delle esigenze. La storia insegna e forse per questo hanno usato la scure in questo caso
Una Banca è o non è a tutti gli effetti un’impresa?
E’ un Istituto di beneficienza? Non penso che possa permetterselo, visto che lavora (dovrebbe lavorare) con i soldi raccolti dai correntisti che le danno fiducia depositando i propri risparmi.
Dal momento che viene quotata in Borsa una Banca, oltre ad essere un’impresa, diventa di proprietà degli azionisti che ne hanno acquistato il capitale, o no?
E’ giusto parlare di responsabilità sociale per le Banche?
Mi sembra sensato dire di sì.
Dal momento che operano sul territorio con i soldi raccolti dalla clientela e con quelli forniti dagli azionisti, ne impiegano una parte più o meno cospicua di essi per trarne un utile con cui remunerare gli stessi correntisti che hanno fornito il prestito (i soldi depositati sono forniti in custodia temporaneamente alle Banche, non elargiti a fondo perduto…) e gli azionisti che ne hanno acquistato la titolarità d’impresa (accollandosi il rischio imprenditoriale connesso), la Banca ha il dovere di fornire la certezza del ritorno del prestito e dell’investimento.
Quindi: perchè non dovrebbero essere severi gli “Stress Tests” ?
Parimenti, la severità va applicata da parte degli azionisti al risultato di gestione.
Problemi nel giustificare o nel gestire eccessi di titoli in portafoglio, siano governativi o azionari?
Azione di corresponsabilità e cambio del CdA, dal momento che scelte manageriali sbagliate mettono a repentaglio la continuità d’impresa.
Perchè accanirsi con le Banche? E perchè no?
Lavorano con i soldi di altri esseri umani, che in esse ripongono fiducia e speranze di conservazione e crescita dei mezzi finanziari temporaneamente affidati.
Altrimenti va bene anche la mattonella in cucina…
Domanda da niubbo.. Vedo in classifica anche assicurazioni e tra l’altro nei primi posti come detentori di debito.. su queste società non è previsto alcun stress test ?
Se si fossero a loro volta assicurate con dei cds proprio con altre banche non sarebbe interessante capire cosa potrebbe succedere ??
…. ma gli “assets tossici” ancora in pancia alle banche tedesche, inglesi e francesi, etc dove sono andati a finire?????
Come dove sono andati a finire? Li stanno pian piano ammortizzando, grazie all’Italia(vedasi appunto le vecchie e nuove norme dell’eba) che si accolla la sistemazione delle banche tedesche, francesi, ecc.
Ci sono banche e banche, come ci sono imprese e imprese, quando superi un certo livello di “capitalizzazione”, il salto è qualitativo.
Inoltre se esiste un “gruppo di controllo”, con una irrisoria quota di capitale riesci a determinare le decisioni di investimento di una massa di capitale molto ma molto più ampia, scelte “politiche” strategiche e distribuzione degli “utili” in funzione di interessi minoritari generando le distorsioni conseguenti.
L’azionista “parco buoi” , non conta un tubo anche se in teoria detiene la maggioranza del capitale.
Se poi c’è qualche sistema di scatole cinesi societarie, il capitale di controllo che ti serve si riduce e ti permette di dilatare il “controllo” anche orrizzontalmente incrociando interessi che in teoria dovrebbero essere conflittuali sul mercato.
I “top managers” non sono strapagati per caso e non sono mai scelti a caso per astratte “competenze tecniche”, svolgono anche la funzione di “teste di legno” e sono loro a garantire sia la direzione strategico-politica che la massimizzazione degli utili per chi? Per il piccolo azionista?
Sono anche loro che vanno in galera o vengono sostituiti da un giorno all’altro quando le cose buttano male.
Il fatto che questi uomini passino tranquillamente dalle corporation ad organismi di controllo “pubblici” più o meno globali, alle banche centrali, a “ruoli politici” cosiddetti “tecnici”, la dice lunga su come funziona realmente.
Ovvio che vengano pagati bene.
Come già ricordato da DT e altri, l’azionista non ha nemmeno la certezza di poter valutare la correttezza dei bilanci.
Secondo me, oggi, è inesatto separare concettualmente le due realtà, finanza globale – corporation “industriali” globali proprio per l’incrocio di interessi che esiste.
Potremmo trovarci ad es. che un’azienda strategica energetica ritenuta italiana venga bloccata a livello decisionale sua sull’interesse nazionale che sull’ interesse di profitto dell’azionista perchè in contrasto con altri interessi globali del pacchetto di controllo.
Grazie Idleproc, oltre ad essere titolare di impresa, maneggio bilanci e amministrazione da più di 30 anni.
Il mio intervento voleva suonare come un richiamo deontologico a ciò che dovrebbe essere il rapporto banca/correntista, o comunque chi ci mette i soldi, secondo dei sani principi universali
(ma siamo sicuri che nell’universo conosciuto la bontà e la rettitudine siano dalla parte della ragione? Cominciano a sorgermi dei dubbi…).
E’ sotto gli occhi di tutti il marciume generato non solo dalla politica, oramai un mero esercizio di mestieranti votati al controllo di tutto al fine di riempire le proprie tasche, ma da gruppi di potere tollerati e spesso coperti sempre per il fine di cui sopra.
Quindi, gli stress tests?
Ben vengano, ma dovrebbero portare ad una pulizia generale non solo nelle banche italiane ma anche in quelle che “puzzano” di wuster e crauti e soprattutto far pagare una certa riunificazione territoriale non ai perifierici d’Europa, ma a chi spetta.
Le nostre colpe? Accettare passivamente di essere privati dei risparmi e di essere quotidianamente presi per i fondelli senza reagire, magari ognuno con i propri mezzi ed in qualsiasi forma.
Un tale una volta ha detto: chi ha vinto (e vincerà) nel percorso dell’evoluzione?
No cari, non è il più forte, ma colui che ha saputo adattarsi…
Buona consapevolezza…
Mio padre aveva aveva gli stessi tuoi problemi e un’etica che mi ha trasmesso… non è comunque facile “adattarsi” quando esiste un grande gioco che orienta verso di sé le risorse, dà le carte, cambia le regole quando vuole durante il gioco e si tiene gli assi.
In Italia, sia pure con alcune gravi distorsioni pervalentemente “in alto” esisteva un’etica imprenditoriale di massa che è stata la protagonista della ricostruzione, del nostro sviluppo economico e che era rivolta anche verso il lavoro in quanto know how necessario, anche tralasciando le motivazioni etiche.
Se un concorrente giocava sporco e ad esempio, non pagando i contributi, iva, tasse etc., faceva concorrenza sleale, esisteva quasi sempre la possibilità con le capacità imprenditoriali di stare sul mercato e vedere anche fallire i furbi.
Oggi questo spazio è diventato irrisorio col processo di concentrazione e finanziarizzazione dell’economia reale.
Non abbiamo una classe politica che difenda le condizioni di mercato, capitalizzazione e sviluppo della piccola-media impresa che sono quelle che in Italia per flessibilità tattica e strategica sia nei prodotti che nella collocazione sui mercati hanno creato valori reali e sviluppo.
Un modello reale, un laboratorio, tutto italiano, tutta invenzione italiana, il fondamento del Made in Italy e della differenza del Made in Italy.
Non da oggi è soggetto ad esproprio e demolito, basta guardare il numero giornaliero delle imprese che chiudono.
Una pacchia per la concorrenza.
Esiste una specie di puzza sotto il naso elitaria… verso chi produce… realmente… puzza di sudore.
Mi viene in mente la BP in Golfo del Messico.
Rogna che pare ancora continui… non è affatto vero che la dimensione fa la differenza in produttività, efficienza etc, etc., come per la finanza creativa, è un modo molto anglosassone di pensare.
Probabilmebnte la decisione disastrosa è stata presa da un tizio davanti ad un grafico dei costi di affitto giornalieri di una piattaforma di perforazione nonostante i dubbi dei tecnici interessati.
Un imprenditore dei nostri, conoscendo già il lavoro reale, sarebbe corso in loco e fatto una valutazione immediata dei rischi e delle perdite.
La flessibilità operativa è sempre vincente in battaglia come la capacità di concentrare le forze dove vuoi nel momento in cui vuoi ma il compito di gestire la cosa è politico e non mi pare che la nostra classe politica sia fatta da Napoleoni.
Da una rima diversa, sicuramente…
Ho forti dubbi “sulla pulizia generale” se non riusciremo a cambiare classe dirigente e i criteri di selezione.
Un dibattito interessante sulle regole… la riserva frazionaria.
Ovvaimente i problemi ancora una volta li hanno sempre e solo le banche italiane, perchè si permettono di avere titoli di stato in portafoglio. Per te come per molti i centinaia di miliardi di bond farlocchi come i sub-prime .. che detengono le banche straniere poco importano, .. no sempre i nostri istiututi che hanno bisogno di ricapitalizzarsi. Mi sembra che sapete …. solo gufare … Del rapporto capitalizzazione di borsa con il patrimonio netto tangibile non si parla .. perchè farebbe emergere valore per i nostri istituti. E della leva ? che ancora una volta non sembra penalizzare le banche italiane ? Certo non sono degli istituti ecclesistici, ma usare sempre ipercriticità nei nostri confronti e non usare altrettanto astio verso gli altri fa si che alla fine questa sia una informazione parziale e nemmeno tutta lineare …
Si vede che segui il blog ogni morte di papa, ma non te ne faccio una colpa. Quante volte ho scritto di DB e delle banche USA sull’argomento? E delle banche francesi?
Ma poco importa. Qui mi sono focalizzato sul problema delle banche italiane. Ma nota bene, non parlo di INSOLVENZA ma di passare gli stress test. Credo che siano due cose MOLTO diverse.
Non ne faccio una colpa nemmeno a te .. ma rileggiti quello che scrivi, anche le cose in neretto e cosa sottolinei …. e ti renderai conto di cosa fai passare .. certo in buona fede, ….. Ma ti sembra che in caso di ipotesi di haircut al 60% .. rimarrebbe qualcosa in piedi, non in Italia ma in Europa ? ma dai …
Il mettere qualcosa in neretto significa enfatizzare e non voler mettere in cattiva luce.
Se lo stress test prevede certi parametri non è certo colpa mia. Infatti ho persi scritto che sono secondo me troppo stringenti. In caso di haircut del 60% sono d’accordo con te che in Europa non esisterebbe più una banca. MA è anche vero che i bilanci delle banche sono manipolati e quindi verrà cmq presentato uno scenario che non sarà la pura realtà.
Butta un occhio ai precedenti stress test. A cosa sono serviti?
A me sembra che i parametri usati per questo test siano forse anche un po’ eccessivi…