TRUMP e BCE: basta con le parole. Ora i fatti.

Scritto il alle 10:11 da Danilo DT

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Siamo all’alba di una nuova guerra valutaria? Intanto le posizioni di BCE e FED divergono sempre di più. Ma molto dipenderà dalla Trumponomics e da quanto verrà concretizzato (come da programma) dal neo presidente Donald Trump.

Dire che ieri Draghi ci ha donato delle novità importanti mi sembra decisamente eccessivo. Ma negare che qualche importante segnale sia arrivato, questo non lo possiamo dire.

Ovvio, sono segnali e buone intenzioni e poi occorrerà capire SE sono parole buttate al vento oppure no. Di certo l’intenzione è condivisibile, anche prevedibile ma non certa, in quanto a comandare sarà il mercato. Il messaggio potrebbe essere riassunto con una parola: INDIPENDENZA. Stop, non sto dicendo che la BCE sarà indipendente da quello che sarà il sistema (bancario) ma che sarà INDIPENDENTE nei confronti di quanto deciso dall’amministrazione Trump e da quanto deciderà la FED, ormai indirizzata sulla strada di 2/3 possibili rialzi dei tassi nel corso del 2017. oltre che da quanto filtrerà dall’amministrazione di alcuni paesi “falchi” come la Germania.

“l presidente Draghi ha ribadito con forza che la Bce continuerà a perseguire il suo mandato in modo indipendente, qualunque saranno le pressioni – tedesche, ma non solo – a deviare per seguire la convenienza di questo o quel Paese dell’Unione, piuttosto che le suggestioni del momento congiunturale. Ed è facile prevedere che le sfide all’indipendenza della Bce costelleranno i prossimi mesi.” (IS24h) 

Quindi occhio a non confondere la politica monetaria FED con quella BCE. Mai come oggi quindi ci troviamo con le due banche centrali più importanti del pianeta ad avere politiche divergenti.

(…) e quell’accenno ai rischi di un rallentamento economico in Europa nei prossimi mesi pare fatto apposta per giustificare una politica monetaria che resterà espansiva, quanto meno fino a dicembre. E, siccome i diversi punti di vista funzionano anche all’interno della stessa Europa, quell’accenno è parso inopportuno agli uomini della Bundesbank, come a politici e banchieri tedeschi, i quali semmai hanno posto l’enfasi sulla più alta inflazione in Germania (tuttavia ancora lontana dall’obiettivo del 2% fissato dalla Bce) e sul buon andamento dell’economia dell’eurozona, che crescerebbe oltre le aspettative, come segnala l’indice Pmi composito salito a 54,4, il livello più alto da quasi sei anni. (…) (IS24h) 

Ma tu guarda. I tedeschi si lamentano. Certo, e il motivo è la grande spaccatura a livello economico che c’è all’interno dell’Unione Europea. Bisogna però fare delle rapide premesse. Il tempo stringe, i miei impegni lavorativi (molto pressanti nelle ultime settimane) mi impediscono di perdermi in fronzoli e quindi andiamo al dunque.
Innanzitutto tasso inflazione. Tenete sempre ben a mente questo grafico.

Inflazione core vs All Items in Eurozona

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Chiara l’impennata dell’inflazione All Items. Mentre invece l’inflazione core, quella depurata da energia e alimentari, mi sembra abbastanza piatta, non credete? E quindi, quanto incide il fattore Dollaro ed il fattore petrolio in queste analisi in cui si festeggia di un’inflazione in Europa definita soddisfacente?

Inflazione in Eurozona

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Inoltre, riprendendo il discorso di protesta intavolato dai tedeschi che iniziano a temere un tasso inflazione troppo alto, guardate le differenze in Eurozona. E questa la chiamate Unione Europea?

FED e BCE: il gap si allarga

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E allora, non facciamo l’errore (al momento) di fare di tutta l’erba un fascio. Il GAP tra rendimenti USA ed Eurozona diverge sempre di più e non si esclude anche un ulteriore allargamento del gap. Questo però inizia a preoccupare anche lo stesso Trump il quale si preoccupa di un eccessivo rafforzamento del dollaro USA. Morale: la storia insegna e di ripete. Siamo alle porte di una nuova guerra valutaria? Questo è quanto vuole evitare Draghi. Sarebbe una guerra fratricida che porterebbe danni e costi.

(…)A forza di annunci, il quasi presidente americano sta creando scompiglio sul mercato dei cambi. The Donald pensa che il dollaro sia troppo forte, e molti temono finirà per innescare una guerra valutaria. Il governatore Bce si è limitato ad una battuta, e tanto è bastato: «Non voglio fare commenti sulle intenzioni del neopresidente, ricordo solo in generale che nel G20 c’è “forte consenso” nell’opporsi a svalutazioni competitive». (…) (Stampa) 

Oggi si insedierà Trump, e per certi versi sarà interessante vedere cosa accadrà da subito. Non dimentichiamo infatti cosa disse in campagna elettorale.

(…) Lo scorso 22 ottobre, infatti, il candidato repubblicano aveva firmato e pubblicato un “Contratto con gli elettori” in cui aveva descritto punto per punto come avrebbe «reso l’America nuovamente grande» in 100 giorni. Diciotto dei 60 punti totali del piano sono azioni che Donald Trump ha promesso di eseguire il primo giorno: eliminare alcuni programma di Obama, avviare nuovi progetti, sospendere trattati e leggi. (Stampa) 

Riprendetevi l’articolo sopra citato. E’ molto interessante e completo. Cari amici, è finito il tempo delle parole, ora arriveremo ai fatti ed inizieremo a capire cosa comporterà, nel bene e nel male, il ciclone Trump sulle dinamiche economico-politico-finanziarie globali.

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1 commento Commenta
draziz
Scritto il 20 Gennaio 2017 at 12:45

Riportare le fabbriche di automobili ed altri beni durevoli negli USA farà di certo aumentare il loro mercato del lavoro (al netto dei posti già distrutti dalla robotica…).
Ma si tratta di produzioni per il mercato interno, che contando 50 Stati non è comunque un’inezia, o anche per l’esportazione?
In quest’ultimo caso pare evidente che un dollaro così forte sia da ridimensionare…
Con l’aggiuntina di qualche dazio alle importazioni, di certo su quello che arriva dal Far East ma anche dall’Europa (buono il vino europeo, grandissima qualità, ma per il progetto “trumpautarchico” va benissimo da bere – anche per i ricchi – quello della California), con una bella “limatina” alle esportazioni di Francia ed Italia e parecchi altri…
E a questo punto, per sorreggere un mercato interno europeo così difforme e sbilanciato, sarà gioco forza continuare ad agire sui tassi (bassi, negativi), magari introducendo delle compensazioni o pensando ad un Euro a 2 velocità.
Non basterà il procrastinare il QE a Mr. GS Draghi…
Per ridimensionare il populismo ci vorrà qualcosa di più, ma in fretta.

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