Occupazione: donne sempre più emarginate

Scritto il alle 14:41 da lampo

L’attuale crisi finanziaria ha messo in secondo piano un tema centrale delle politiche europee: favorire l’occupazione femminile.

Nell’Unione Europea, soprattutto nell’area mediterranea, esiste una notevole differenza fra i due sessi della popolazione economicamente attiva.

Gli ultimi dati forniti dall’Eurostat, l’istituto di statistica europeo, ci offrono una fotografia della situazione a fine 2011 ([1]).

Questa tabella ([1]) riporta la popolazione economicamente attiva dai 25 anni in sù (ho evitato il dato dai 16 ai 25 anni per eliminare l’eventuale distorsione durante l’età scolastica). A titolo di confronto ho aggiunto alcuni Paesi (evidenziati in giallo) che non fanno parte dei 27 aderenti all’UE.

Un grafico evidenzia meglio il contenuto della tabella:

In Italia, come ben evidenziato, non siamo messi bene. Vistosa la differenza rispetto agli uomini: oltre il 17% in meno.

Le nostre donne lo sperimentano… ogni volta che “tentano” di cercare un lavoro (senza considerare gli avanzamenti di carriera).

Eppure ritengo che sia un tema importante, che dovrebbe tornare al centro dell’attenzione del dibattito europeo.

E’ indubbio che le donne che incontrano difficoltà a trovare un lavoro hanno conseguenze negative anche a livello sociale. Senza voler entrare nel tema della discriminazione (non meno importante!), vorrei farvi concentrare sulla perdita del capitale umano di genere femminile. Si tratta di una risorsa che, in un periodo di crisi come questo, sicuramente  può contribuire a risollevare l’economia.

COME?

Spesso definiamo il periodo storico attuale, grazie anche ad internet, come “l’era della conoscenza“.

Sempre più donne conseguono la laurea, spesso faticosamente (statisticamente risulta anche con una votazione più elevata degli uomini ed entro i tempi previsti).

Le donne possono apportare innumerevoli benefici al campo manageriale europeo, grazie anche alle loro tipiche doti: linguistiche, organizzative, mnemoniche, precisione e soprattutto sensibilità nei rapporti con i collaboratori/dipendenti.

Pensate solo all’importante ruolo che spesso svolgono in campo sociale, molte volte anche snobbato.

* * *

Apro una piccola parentesi, considerati i numerosi ed affermati studi scientifici al riguardo.

E’ indubbio che il cervello femminile sia più sofisticato di quello maschile. Non solo, ma grazie a tali differenze è emerso che la donna è avvantaggiata in situazioni più complesse da risolvere. Ha un funzionamento cerebrale meno “rigido” di quello maschile.

In pratica è capace di analizzare più dati e scenari possibili: sembra infatti che il noto “intuito femminile” derivi proprio dalla capacità di elaborare diverse soluzioni, spesso parallelamente (e simultaneamente).

Per lo stesso motivo la donna è più resistente alle situazioni di stress.

Semplificando, per chi conosce un po’ di informatica, è come paragonare un processore dual-core con un single-core!

Ebbene sì, ho volutamente esagerato un po’ con l’esempio. 😉

Fine della parentesi.

* * *

COSA HA FATTO L’EUROPA PER VALORIZZARE TALE PATRIMONIO?

Qualcuno si ricorderà che nel marzo del 2000 si è tenuto a Lisbona un Consiglio europeo per favorire l’occupazione, lo sviluppo economico e la coesione sociale nel contesto di un’economia fondata sulla conoscenza ([2]).

Nacque la oramai nota “Strategia di Lisbona“, che mirava a fare dell’Unione Europea l’economia più competitiva e dinamica al mondo, in grado di coniugare la crescita con nuovi e migliori posti di lavoro.

Sinteticamente il programma consisteva nella realizzazione entro il 2010 di una serie di obiettivi concreti:

1. raggiungere un tasso medio di crescita economica del 3% circa;

2. portare il tasso di occupazione al 70%;

3. far arrivare il tasso di occupazione femminile al 60% (15-64 anni).

La Commissione europea, ogni anno, doveva garantire il controllo della strategia mediante una opportuna relazione sui progressi conseguiti…

Mi concentro sui punti n. 2 e 3 visto che per il primo punto sappiamo tutti com’è andata a finire (cliccare sulle tabelle e grafici per ingrandirli).

La tabella a sinistra riporta, in ordine crescente, il tasso di occupazione raggiunto nel 2010 ([3]).

E’ evidente come l’obiettivo del 70% (linea rossa) sia stato raggiunto solo parzialmente.

Molti Paesi dell’UE non ce l’hanno fatta: Malta, Italia, Ungheria, Romania, Polonia, Bulgaria, Belgio, Grecia, Lussemburgo, Slovacchia e Irlanda.

Sotto gli stessi dati riportati in un grafico:

Nella tabella a destra abbiamo gli stessi dati distinti per sesso.

Anche qui si denota che il target del 60% (linea rossa) previsto dalla Strategia di Lisbona è stato disatteso da diversi aderenti UE.

Si tratta di: Malta, Italia, Romania, Ungheria, Grecia e Polonia.

Sottolineo il dato italiano: la differenza rispetto agli uomini supera il 20%.

Siamo i peggiori all’interno dell’UE, dopo Malta.

Una rappresentazione grafica dei dati contenuti nella tabella rende più chiare le differenze.

Proviamo a fare un’ipotesi: supponiamo che la crisi finanziaria scoppiata in USA nel 2007 abbia impedito il raggiungimento del target entro il 2010.

Quindi vediamo se, per caso, sia migliore il dato dell’anno successivo (2011).

Riporto, nella seguente tabella e grafico ([3]), la variazione assoluta rispetto al 2010 (per facilitare la lettura l’ordine dei Paesi è rimasto uguale ai precedenti grafici/tabelle).

Purtroppo no! L’Irlanda rimane sempre il Paese spartiacque dell’obiettivo del 60%.

Se andiamo ad esaminare la distinzione per sesso otteniamo un risultato simile:

L’Unione Europea, falliti molti degli obiettivi contenuti nella strategia di Lisbona, nel corso del 2010 ha varato una nuova strategia, chiamata “Europa 2020” ([4]).

I NUOVI TARGET EUROPEI

Si focalizzano su tre priorità: crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

In particolare, visto il tema del post, ci interessa sapere quale sia il nuovo target che sostituisce il punto 2 e 3 della precedente strategia di Lisbona, ovvero rispettivamente il tasso di occupazione totale e femminile.

Eccolo: innalzamento al 75% del tasso di occupazione (per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni).

Target ambizioso, non c’è che dire! D’altronde bisogna sempre puntare più in alto delle proprie capacità per migliorarsi ed ottenere dei risultati insperati.

Però si tratta una media europea: infatti ogni Stato aderente ha dovuto presentare un obiettivo nazionale (chiamato Programma nazionali di riforma o PNR), entro lo scorso aprile 2011.

In questa tabella e grafico (cliccare per ingrandire) ho riportato l’obiettivo che ciascun Paese vuole raggiungere ([5]):

In Italia si nota subito che abbiamo intenzione di rimanere sempre nella stessa posizione della classifica!

Per quanto riguarda in particolare l’occupazione femminileEuropa 2020 a differenza della Strategia di Lisbona non ha fissato alcun target.

Si limita solo ad indicare un obiettivo generale: il tasso di occupazione totale.

Spetta a ciascun Paese specificare eventualmente come intervenire su tale problematica all’interno del Programma Nazionale di Riforma (PNR).

IL PIANO NAZIONALE DI RIFORMA ITALIANO

L’Italia ha adottato tale piano il 18 aprile 2012 ([6]).

Al suo interno viene descritta bene quale sia situazione delle donne all’interno del mercato del lavoro italiano:

I tassi di attività e occupazione delle donne in Italia sono notevolmente inferiori alla media europea. Inoltre, il lavoro atipico e la sotto-occupazione sono maggiormente diffusi tra la componente femminile della forza lavoro. Difficile per le donne è anche raggiungere adeguati livelli di soddisfazione professionale: la componente involontaria del tempo parziale (donne che vorrebbero un lavoro a tempo pieno e non lo trovano) è quasi doppia rispetto a quella registrata in Europa.
L’accesso al mercato del lavoro per le donne è ostacolato dalla carenza di servizi per l’infanzia e per la cura degli anziani, dallo scarso coinvolgimento nelle iniziative di formazione permanente, da un trattamento fiscale che penalizza il secondo reddito nella famiglia, da uno squilibrio di genere nel tempo dedicato alle attività di cura domestica.
La crisi occupazionale agisce in un contesto caratterizzato da un modello di welfare che non appare adeguato a rispondere ai bisogni emergenti e in cui la famiglia continua a svolgere un ruolo principale. Le reti di aiuto informale rappresentano un sostegno fondamentale per superare le difficoltà quotidiane e le fasi di vita caratterizzate da una maggiore vulnerabilità. Inoltre, negli ultimi decenni la struttura familiare italiana è cambiata, si è ridotto il numero di componenti a causa della diminuzione delle nascite e dell’aumento della speranza di vita nelle età anziane, ma anche per effetto dell’instabilità coniugale. Il complesso intreccio di queste trasformazioni ha generato, in particolare, una crescente difficoltà da parte delle donne a sostenere il carico di un lavoro di cura che interessa fasi della vita sempre più lunghe, con problemi di conciliazione lavoro-famiglia.

D’altronde la seguente tabella ([6]) che raffronta la situazione italiana rispetto alla media europea, è inequivocabile:

All’interno del documento sono elencate le varie strategie adottate dal precedente governo (Monti) per incentivare l’occupazione femminile. Lascio a voi l’approfondimento e la valutazione positiva o negativa della loro potenziale efficacia.

FOTOGRAFIA DETTAGLIATA DELLA SITUAZIONE ITALIANA

L’anno scorso il CNEL (Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) ha tenuto un convegno dal titolo “Stati Generali sul lavoro delle donne in Italia” ([7]).

Già la menzione “Stati Generali” dovrebbe preoccupare, visto il suo significato storico:  venivano convocati quando incombevano pericoli imminenti sulla nazione.

Invece, dopo aver letto il suo contenuto, ritengo sia quantomai appropriata.

Un breve riassunto che fotografa la situazione italiana.

Prima della crisi finanziaria.

Dagli anni ’90 al 2008 l’occupazione femminile è cresciuta:

– dal 1993 al 2008 ci sono state 1 milione e 700 mila occupate in più, soprattutto nel Centro-Nord, mentre il Sud raccoglie le briciole (poco più di 200 mila);

– si tratta di un incremento che si riscontra in tutte le tipologie di lavoro: part-time, tempo determinato e atipici;

– migliora anche la qualità del lavoro: meno operaie e più impiegate, oltre ad una consistenza presenza nelle professioni tecniche ed intellettuali.

Influenza della crisi finanziaria

Dal 2008 al 2010 la crisi finanziaria provoca una brusca inversione del trend:

– persi oltre 100 mila posti di lavoro;

– diminuisce l’occupazione qualificata e nel contempo aumenta quella squalificata;

– nell’industria vengono penalizzate più le donne degli uomini;

– cresce il part-time involontario (soprattutto commercio e ristorazione).

Quanto conta il titolo di studio?

Il livello di studi conseguiti aiuta in maniera differente nella ricerca del lavoro: dipende se  siete al Nord, Centro o Sud ([7]):

Ovviamente le giovani donne sono le più svantaggiate:

La difficoltà a rimanere nel posto di lavoro

Per le donne conservare il posto di lavoro è una vera battaglia:

– il 30% delle madri interrompe il lavoro per motivi familiari (a confronto del 3% dei padri);

– poco meno del 9% ha dichiarato che sono state licenziate o messe in condizioni di dimettersi a causa di una gravidanza (si tratta delle dimissioni in bianco); dopo sono riuscite a reinserirsi nel mercato del lavoro solo quattro donne su dieci (una su due al Nord contro una su cinque al Sud);

– le interruzioni imposte dal datore di lavoro coinvolgono di più le giovani: le dimissioni in bianco stranamente coincidono con il totale delle interruzioni a causa della nascita di un figlio: quindi non si tratta di una libera scelta!

Il tasso di occupazione femminile diminuisce all’aumentare del numero dei figli

Penalizzate nella carriera

Poche donne nei luoghi decisionali, nonostante il merito:

– Imprenditrici (19%)
– Dirigenti (27%)
– Libere professioniste (29%)
– Dirigenti medici di strutture complesse (13,2%)
– Prefetti (20,7%)
– Professori ordinari (18,4%)
– Direttori enti di ricerca (12%)
– Ambasciatrici (3,8%)
– Nessuna donna a vertici della magistratura

Penalizzate a livello retributivo

Tra chi è laureata dipendente a tempo pieno, rimane una significativa differenza di retribuzione rispetto agli uomini:

Sono il pilastro delle “reti informali”

Infatti sono indispensabili nello svolgere quei compiti che, in altri Paesi, sono svolti dalle strutture pubbliche: si tratta delle cosiddette “reti informali”, ovvero la cura ad altre famiglie (anziani, disabili, genitori, ecc.).

Però anche qui stanno entrando in crisi (dovuta anche alla tendenza nella creazione di  nuclei familiari sempre più piccoli):

Lo stesso per il ruolo di nonna:

Mancanza dei servizi pubblici

Ovviamente ciò dipende anche dalla mancanza di adeguati servizi pubblici:

– poche risorse destinate ai servizi rivolti agli anziani e disabili;

– mancanza di asili nido e servizi per la prima infanzia.

In più c’è un’enorme differenza tra Nord e Sud.

E’ ovvio che con la prosecuzione della crisi in corso la situazione è destinata a peggiorare, ponendo un interrogativo inquietante sul destino dei soggetti più indifesi e bisognosi di aiuto.

Non c’è dubbio dalla situazione descritta, che è indispensabile nel giro di pochi anni ottenere dei risultati tangibili.

 IL RUOLO DELLA DONNA NELL’INDUSTRIA FINANZIARIA

Sebbene stia aumentando la presenza delle donne nei Consigli di Amministrazione delle società quotate (favorite anche dai vincoli di parentela), non hanno ancora superato il 10%!

Idem per quanto riguarda i vertici delle banche:

Eppure hanno un livello di istruzione oramai equivalente a quello degli uomini:

E’ un vero peccato perché, vista la loro minore propensione al rischio, potrebbero avere un ruolo significativo nella gestione della crisi finanziaria:

Non per niente, durante tale convegno, il Direttore del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali dell’Istat, Linda Laura Sabbadini, si è posta la seguente domanda ([8]):

Cosa sarebbe accaduto se Lehman Brothers fosse stata Lehman Sisters?

Buona riflessione.

Lampo

P.S.
Avete notato il tasso di occupazione islandese, soprattutto femminile?

Sostieni I&M. il tuo contributo è fondamentale per la continuazione di questo progetto!

Non sai come comportarti coi tuoi investimenti? BUTTA UN OCCHIO QUI| e seguici su TWITTER per non perdere nemmeno un flash real time! Tutti i diritti riservati © | Grafici e dati elaborati da Intermarket&more su databases professionali e news tratte dalla rete | NB: Attenzione! Leggi il disclaimer (a scanso di equivoci!)

Fonti e approfondimenti:
[1] Eurostat – Economically active population by sex, age and NUTS 3 regions (aggiornato al 31 gennaio 2013).
[2] – Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Europa lavoro: Strategia di Lisbona (consultato il 17 febbraio 2013).
[3] – Eurostat – Population, activity and inactivity – annual averages (aggiornato al 31 gennaio 2013).
[4] – Commissione Europea – Obiettivi della strategia Europa 2020 (aggiornato al 21 gennaio 2013).
[5] – Commissione Europea – Obiettivi Europa 2020 (Secondo quanto stabilito dagli Stati membri nei Programmi nazionali di riforma dell’aprile 2011).
[6] – Commissione Europea – Programma Nazionale di Riforma italiano (18 aprile 2012).
[7] – CNEL – Stati generali sul lavoro delle donne in Italia (2 febbraio 2012).
[8] – Wall Street Italia – Crisi: Sabbadini (istat), Peggiora Qualita’ Lavoro Delle Donne (7 marzo 2012).

9 commenti Commenta
paolo41
Scritto il 5 Marzo 2013 at 18:37

notevole!!! complimenti!!!!!
mio nipote lavora per una nota azienda di consulenza a Milano, ma gira per tutta l’Europa.
Mi dice che sia a Milano che nei paesi europei (è ancora giovane e single) nel giro dei suoi amici ci sono parecchie ragazze del centro e sud italia, laureate o diplomate, che non trovando lavoro adeguato nella loro regione, hanno fatto di necessità virtù e hanno trovato un impiego (alcune con funzioni direttive) in società e studi legali, sia a Milano che a Parigi e Londra in particolare.

lampo
Scritto il 5 Marzo 2013 at 21:00

paolo41,

Pensa che quelle sono le più “fortunate”, perché sono riuscite ad essere valorizzare per le capacità che hanno.

Pensa a tutte quelle che vorrebbero fare altrettanto, ma per motivi economici, familiari, di mentalità locale, ecc. sono costrette a lasciare da parte le loro capacità ed adeguarsi ad altre virtù per trovare lavoro, magari firmando anche qualche letterina di licenziamento in bianco (non si sa mai).

Conosco una persona che, quando sua moglie, tra le tante esperienze provate, ha trovato un lavoro sicuro e quasi interessante, ha rinunciato al suo per permetterle di valorizzarlo (visto le minori occasioni che una donna incontra rispetto ad un uomo… rimanendo con la sua dignità). Ha cambiato completamente settore e impegno lavorativo in modo da conciliare i bisogni e aspettative di entrambi (e soprattutto avere più tempo a disposizione per tutti e due).

Quanti sono in grado di farlo? Quando lo racconta in giro lo prendono anche per scemo…

Pensa che quello scemo… sono io. 😯

idleproc
Scritto il 6 Marzo 2013 at 09:18

Complimenti per il post (come sempre).
Premettendo che mia madre dirigeva (e bene) l’impresa di mio padre e in mezzo a donne intelligenti ci vivo nel privato, credo che mamma natura abbia selezionato le capacità di pensiero maschili e femminili con delle diversità specifiche dovute all’evoluzione.
La questione sul chi è “più intelligente” è speciosa (come direbbe un democristiano).
E’ la tipologia di selezione che esiste nel sistema produttivo che in linea teorica dovrebbe selezionare le specifiche “abilità” ma le sopravvivenze culturali del patriarcato e i rapporti di forza anche fisici determinano a mio giudizio la condizione femminile.
Il punto è che in generale le amo e sono estremamente buffe.
Essendo monogamo militante una sola sta nel mio cuore.
Ero partito per fare anche una critica sulle loro capacità strategiche di medio e lungo periodo, sulle loro dinamiche naturali di conflittualità all’interno di un gruppo, sulla difficoltà “dialettiche” di tenere aperte più soluzioni contraddittorie non scioglibili a breve, l’incapponirsi su di una soluzione e non arretrare mai come il Generale Buttiglione del film (quello che non si arrende mai neanche di fronte all’evidenza), sulla scarsa propensione vero il raggiungimento di obbiettivi giudicabili “impossibili” e scommetterci sopra per il futuro.
Il fatto è che le donne e gli uomini sono due universi che si intersecano e insieme raggiungeremo le stelle.

kry
Scritto il 7 Marzo 2013 at 22:04

Proporrei per domani 8 marzo Festa della Donna di mettere per tutto il giorno al primo posto quest’articolo. Ciao e complimenti.

Scritto il 8 Marzo 2013 at 10:26

fatto

AUGURI A TUTTE LE DONNE !!!

bergasim
Scritto il 8 Marzo 2013 at 15:17

Tutti a lavorare negli usa, lì si che c’è lavoro per tutti

bergasim
Scritto il 8 Marzo 2013 at 15:34

Avete notizie del mitico trader, alias verip?

pinco14
Scritto il 8 Marzo 2013 at 15:53

bergasim,

Che vuoi che sia qualche migliaia di occupati in più o in meno?
Che vuoi significhi 7,9% o 7,7%?
Tanto la Fed sistema tutto…85 billion non bastano? E aumentiamo…Tanto son tutte transizioni elettroniche – denaro creato dal nulla per comprare titoli di stato o simili che non valgono nulla
E intanto Google viaggia verso gli 850 dollari ad azione..3 mesi fa erano a 650
Venghino signori, comprate equity, tanto la FED stampa per tutti, sempre di più…
🙄

idleproc
Scritto il 8 Marzo 2013 at 20:45

pinco14@finanza,

Non lo so ma io li guardo e mi paiono dei matti che si divertono a gonfiare un pallone.
Son tutti là che pompano e ripompano.
Posso divertirmi anche io me a giocare ma appena penso di essermi divertito a sufficienza esco e investo in una qualche attività che consco bene, non è quotata e che costruisce della roba vera e la vende.
Dovrebbe essere molto più divertente. 😯

Sostieni IntermarketAndMore!

ATTENZIONE Sostieni la finanza indipendente di qualità con una donazione. Abbiamo bisogno del tuo aiuto per poter continuare il progetto e ripagare le spese di gestione!

TRANSLATE THIS BLOG !

I sondaggi di I&M

VEDO PREVEDO STRAVEDO tra 10 anni!

View Results

Loading ... Loading ...
View dei mercati

Google+