CRISI GRECIA: il dramma umanitario di un popolo stremato

Scritto il alle 09:50 da Danilo DT
Storie di drammi ormai ordinari: al confine tra Grecia e Macedonia (LaStampa)

Storie di drammi ormai ordinari: al confine tra Grecia e Macedonia (LaStampa)

Finite le elezioni, in Grecia si riparte con quello che sarà il governo Tsipras 2.0, sempre comandato da Syriza con la partecipazione dei destristi di Anel che appoggeranno il confermato partito al governo. La somma delle parti vale 155 seggi su 300. Maggioranza raggiunta.
Ecco uno dei commenti di Alexis Tsipras, dopo l’annuncio della vittoria:

“Questo è un mandato di quattro anni, la nostra è una vittoria del popolo. Il nuovo governo un governo di lotta, pronto a dare battaglia per difendere i diritti del popolo”

Già, il popolo. In queste ultime settimane si è parlato molto di economia e di politica greca ma di come sta il popolo, nessuno ha più detto nulla (ovviamente mi riferisco a quanto io ho visto sui media).
Fino a stamattina.
L’ottima Tonia Mastrobuoni, inviata per LaStampa perennemente in territorio teutonico, decide di cambiare rotta e di dirigersi nella capitale ellenica, per valutare di persona la situazione delle condizioni sociali in Grecia. Un paese che ha tanti problemi già di suo e che poi, oggi, deve affrontare un altro dramma, quello dei profughi.
Un paese quindi, allo stremo delle forze, che non ha assolutamente la forza per accogliere i rifugiati. Immaginatevi quindi quale scenario si è ritrovata davanti la giovane giornalista. Un quadro che, in un tweet, ho definito “commovente”. Ma preferisco che siano le parole di Tonia a commentare la sua esperienza.
Domandiamoci solo fino a quando questo mondo, ormai al collasso, potrà continuare ad andare avanti su queste coordinate.
L’impressione che ho io è che, nel giorno dopo le elezioni, ben poco potrà cambiare. Le motivazioni le leggerete nell’articolo.

Tra i profughi accampati al parco in un’Atene incapace di aiutarli

Come se la crisi economica non avesse sprofondato molte zone di Atene in un abisso di povertà, microcriminalità e tensioni sociali. In alcuni quartieri, i neonazisti di Alba dorata si divertono a fare scorribande con le mazze da baseball contro i migranti, i tossici si bucano ormai in pieno giorno agli angoli delle strade, la morìa dei negozi continua a ritmi vertiginosi e il Comune ha alzato bandiera bianca. Nella mensa dei poveri dietro Omonia, dopo tre mesi di pasti senza carne, lunedì è arrivato il pollo. Ma neanche la lunga cottura al forno ne ha potuto nascondere il sapore di cane avariata. La capitale è al collasso. E ora fa i conti anche con la crisi dei profughi.

In pieno centro, in piazza della Vittoria, su coperte e tappeti regalati dagli abitanti del quartiere, migliaia di afghani aspettano catatonici, affamati, di proseguire il loro viaggio disperato verso l’Europa continentale. Ad un certo punto, da una stradina laterale sbuca una signora con delle buste blu, piene di pane. Una dozzina di uomini si precipita su di lei, in pochi secondi le pagnotte sono sparite; i profughi si dileguano, le portano alle loro famiglie. Le donne velate e i bambini stanno sotto gli alberi, immobili, si proteggono come possono dal caldo infernale. È pieno di neonati, le madri giovanissime li adagiano piano a terra per cambiarli. I piccoli gattonano tra i piccioni, l’immondizia. Ad Atene fanno ancora 38 gradi, l’umidità è soffocante.

I TURISTI «VOLONTARI»

«Ogni giorno è così: nessuno aiuta questa gente, dipendono dalla misericordia dei greci, dei vicini» spiega un fotografo free lance spagnolo, Cristian Pons, che sta qui da settimane. «Li hanno lasciati completamente soli: i negozi qui intorno non li fanno neanche più andare al bagno», aggiunge una turista francese accanto a lui, Nathalie. È di Nizza, ha passato le vacanze qui invece che su un’isola greca: «Non ho potuto fare altrimenti. Mi vergogno dell’Europa e del mio Paese, la Francia».
Un turista svizzero, Michael Raber, è passato nei giorni scorsi dal barbiere della piazza per tagliarsii capelli ed è rimasto talmente sconvolto da donare 1500 bottigliette d’acqua ai profughi. «Il problema è che quando il chiosco della piazza ha cominciato a distribuirle, c’è stato un assalto tale che abbiamo dovuto gridare che bisognava pensare prima alle donne e ai bambini», racconta Nathalie. È stata lei a procurare un carrello della spesa per distribuirle prima alle donne.
Siriani, in questa piazza, non se ne vedono quasi: proseguono il viaggio per l’Europa più velocemente.

L’ATTESA INFINITA

Gli afghani, i pachistani restano qui, in balìa degli sciacalli che chiedono cifre astronomiche per portarli in Germania. Molti ripartono comunque, alla cieca. Arrivano dal Pireo, hanno attraversato l’Asia, la Turchia, sono riusciti ad arrivare qui spendendo spesso gli ultimi soldi, non si rassegnano ad arenarsi in piazza della Vittoria. Sari Gul, ventitré anni, li aiuta come può. Occhi a mandorla verdi, afghano anche lui, è arrivato in Grecia sei mesi fa, racconta che i siriani vengono portati a Omonìa o nei centri di accoglienza o altrove: «Gli afghani restano più a lungo».
Cercano di andarsene appena riescono a mettere insieme qualche euro, ma «il problema è che ne arrivano tantissimi, ogni giorno». Il fotografo spagnolo ci mostra un video di ieri mattina: «Ne sono arrivati mille e cinquecento, solo qui».

E il Comune, il governo cosa fanno? Non è solo colpa dell’Europa, se i profughi sono abbandonati a se stessi. A giugno, i ritardi nell’arrivo dei fondi europei ha provocato uno scandalo: quotidiani greci come Kathimerini hanno raccontato che quasi 600 milioni di euro di fondi destinati all’accoglienza dei profughi erano bloccati a Bruxelles per l’incapacità del governo di istituire l’autorità per gestirli. Dal 2014 la Commissione europea aveva chiesto ad Atene di istituire un’unica autorità per la gestione dei fondi europei. Adesso l’autorità c’è, finalmente, e una portavoce della Commissione ha fatto sapere ieri che i primi 30 milioni sono arrivati la scorsa settimana. Meglio tardi che mai.

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Danilo DT

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