CINA: quanto pesa la frenata economica di Pechino?

Scritto il alle 10:29 da Danilo DT

export_from_chinaIl dato di oggi sulla produzione industriale tedesca, attesa a luglio a +1.2% e uscita invece a +0.7% torna a far pensare quanto stia realmente influendo sull’economia dell’Eurozona la frenata della Cina.

Cresce meno del previsto in Germania la produzione industriale: l’Ufficio di Statistica Destatis ha indicato a luglio una crescita dello 0,7% rispetto al mese precedente. Il dato e’ risultato inferiore alle attese degli analisti (pari a +1%) sebbene sia superiore alla rilevazione precedente pari al -0,9% rivista dal -1,4%. (FTA)

La frenata di Pechino, poi, viene confermata dagli uffici di Statistica  cinesi i quali rivedono nuovamente il PIL al ribasso. Numeri quantomai discutibili e politicamente pilotati che subirannoulteriori correzioni.

Listini delle borse cinesi in altalena, in mattinata sono giunte le rassicurazioni prima della Commissione per lo sviluppo e le riforme (NDRC) poi la dichiarazione estremamente importante dell’Ufficio nazionale di statistica che rivede il Pil cinese del 2015 a 7.3 dal 7.4, il dato precedente. Per la NDRC l’economia cinese mostra segni di stabilizzazione: il consumo di energia, il mercato immobiliare stanno mostrando segni di ripresa da agosto, le misure sul debito locale i tagli di tassi e ratios nel prossimo trimestre si faranno sentire. (Source)

Quindi tutta colpa di Pechino oppure c’è un qualcosa di diverso? Ad essere sinceri, occorre fare una precisazione. La frenata cinese, come detto, colpisce inevitabilmente le economie di tutto il globo, essendo a conti fatti la seconda economia mondiale (escludendo quello che è l’Unione Europea). E’ ovvio che i paesi più colpiti sono quelli “limitrofi” ma è indubbio che anche chi non è così “vicino” ne subisce l’influenza.
Ma a conti fatti quindi, quanto pesa la Cina a livello mondiale?
Eccovi un paio di chicche. Due grafici che mettono in evidenza il volume delle esportazioni e delle importazioni del colosso cinese.

Cina: Export ed Import a confronto + Totale

cina_totale_esportazioni_verso_mondo_2015 cina_total_trades_verso_mondo_2015 cina_totale_importazioni_verso_mondo_2015Da questi grafici è evidente il grande peso che la Cina ha sulle importazioni di Corea del Sud, Giappone, Stati Uniti e Germania, senza dimenticare però l’Australia.
In ambito di Export invece regnano USA, Hong Kong (???) e ancora Giappone, Corea del Sud e Germania.
Ma tutto questo ci dà dei numeri interessanti ma non così definitivi, in quanto questi valori devono poi essere rapportati alle dimensioni dei singoli paesi. Infatti, ad esempio, il dato tedesco può essere meno invasivo rispetto a quello australiano, ad esempio, malgrado sia dimensionalmente più ampio. Ed ecco la slide definitiva

Esportazioni verso la Cina

export-to-chinaTornando al discorso in origine, quanto pesa quindi la frenata cinese sulla Germania e sull’Unione Europea? Ecco qui la slide che spiega molto. DIRETTAMENTE l’Unione Europea vende alla Cina il 3.05% di quanto prodotto. Impressionante invece quanto può diventare determinante la frenata economica cinese per paesi come Corea del Sud, Australia, Cile, Giappone ed Indonesia.

Riproduzione riservata

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Danilo DT

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3 commenti Commenta
atomictonto
Scritto il 7 Settembre 2015 at 11:27

Domanda sorge spontanea: come mai in questi tuoi grafici é completamente assente l’Italia??

Mi sembra almeno sorprendente l’assenza dell’Italia sopratutto alla voce “importazioni in Cina”…saremmo in questo superati persino da Angola (??) e Iran (?????).
Sono stato in Cina sia a Hong Kong (che é impossibile che importi dalla Cina piú della Germania, é una cittá-stato relativamente piccola di circa 1,2 milioni di abitanti) che a Shanghai e ogni 2 passi si vedono enormi negozi di marchi Italiani del lusso mentre di Iraniani o Angolani credo di non averne visto nemmeno uno in carne e ossa. 🙂

draziz
Scritto il 7 Settembre 2015 at 12:56

Urge far ripartire i consumi interni, in Italia come in tanti altri Paesi occidentali.
Qualche idea?
Si facciano avanti gli acerrimi sostenitori del rigore e del castigo e dell’imposizione fiscale taumaturgica…
Ho proprio l’impressione che tra qualche anno, a posteriori, saranno insigniti del riconoscimento “targa dell’imbecille”…, professore o non professore, politico o non politico, italiano o non italiano…

Scritto il 8 Settembre 2015 at 00:12

Le “riserve valutarie” costituiscono – o sono – quella parte delle “attività finanziarie” del – o di un – Paese che viene “detenuta” dalla (relativa) Banca Centrale sotto forma di:

1. oro
2. divise/valute estere
3. crediti con (le) altre Banche Centrali.

Quando un “Importatore” (Italiano o Cinese) vuole comprare all’Estero (cioè FUORI dall’EURO-ZONA o FUORI dal Celeste Impero – Continentale, Free Zone od Off-Shores, che sia!), la valuta/divisa utilizzata pro-viene dalle Banche o dalle riserve della ECB o della PBoC/PBC.

Le “riserve valutarie”, invece, aumentano se un “Esportatore” deposita in Banca la valuta/divisa avuta in pagamento dai “Suoi Clienti”, e la Sua Banca poi la riversa alla ECB o alla PBoC/PBC in cambio di Euro o di Renminbi/Yuan.

Ma le riserve (valutarie) possono anche variare con i cd. “movimenti dei/di capitali/e”.

Se gli “Stranieri” vogliono acquistare BoT in Italia o Titoli di Stato in Cina devono versare valuta/divisa per acquistare i titoli, e questa valuta/divisa può finire nelle “riserve valutarie”, oppure rimanere nel relativo Sistema bancario oppure nei conti o nelle tasche di chi ha venduto i BoT o i Titoli di Stato.

Le “riserve valutarie” sono dunque solo una parte delle attività del Paese.

Ammassare riserve NON E’ NECESSARIAMENTE indice di salute finanziaria.

Un Paese che ammassa riserve è un Paese che NON ESPORTA CAPITALI e che rimane “CHIUSO IN SE STESSO” (e i relativi motivi di questo “comportamento” sono e sarebbero tantissimi – che tralascio volutamente di affrontar-Lo, qua).

Un Paese che esporta molte merci e molti capitali è un Paese sempre più “aperto” alla cd. “collaborazione Internazionale” e che avrà sempre più poche riserve valutarie, ma molte attività (“private”) su/ll’Estero.

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