Cina e nuovo colonialismo

Scritto il alle 11:27 da Danilo DT

Il colonialismo non è certo un fenomeno che mentalmente ci lega al XXI secolo. Colonialismo è sinonimo di dominio ottenuto usando anche la forza, sovranità imposta, al fine di sfruttare persone e risorse di un territorio. Ma è anche colonialismo il dominio e l’imposizione di valori etico- culturali di un popolo su un altro, più debole e primitivo. L’origine del colonialismo è difficile da delineare. Forse furono i greci i primi veri colonizzatori. Poi ci furono i cartaginesi e poi, ovviamente, i Romani, fino al colonialismo del 1500 di spagnoli, portoghesi, francesi, ecc. E poi ovviamente anche il colonialismo italiano… Ma fermiamoci sennò ci dilunghiamo troppo. La cosa che voglio sottolineare però, è che il colonialismo non si è mai interrotto. Anche perché spesso e volentieri, non viene più attuato con la violenza ma con altri mezzi.
Uno dei colonialismi più imponenti, forse silenziosi ma importanti degli ultimi anni è quello attuato dalla Cina proprio nei confronti dei paesi africani.

Chinese expatriates in Africa come from a rough-and-tumble, anything-goes business culture that cares little about rules and regulations. Local sensitivities are routinely ignored at home, and so abroad. Sinopec, an oil firm, has explored in a Gabonese national park. Another state oil company has created lakes of spilled crude in Sudan. Zimbabwe’s environment minister said Chinese multinationals were “operating like makorokoza miners”, a scornful term for illegal gold-panners.
Employees at times fare little better than the environment. At Chinese-run mines in Zambia’s copper belt they must work for two years before they get safety helmets. Ventilation below ground is poor and deadly accidents occur almost daily. To avoid censure, Chinese managers bribe union bosses and take them on “study tours” to massage parlours in China. Obstructionist shop stewards are sacked and workers who assemble in groups are violently dispersed. When cases end up in court, witnesses are intimidated.
(Source)

La logica è abbastanza semplice: io, Cina, ho bisogno delle tue materie prime, Africa. Io ti porto la tecnologia e ti costruisco ciò di cui hai bisogno. In cambio io mi prendo il tuo petrolio, il tuo uranio, il tuo rame e così via. Nell’articolo sopra citato, potrete approfondire il fenomeno nei dettagli, con diverse critiche (giustificate) al nuovo colonialismo cinese.
Intanto pero la partnership (se così vogliamo chiamarla) tra Cina ed Africa sta aumentando a dismisura…

…tanto che gli scambi tra queste due aree geografiche hanno superato nel 2010 i 120 miliardi di dollari. Ma è anche vero che negli ultimi due anni la Cina ha dato più sostegno economico (prestiti) ai paesi poveri in misura superiore della stessa Banca Mondiale. Ormai la Cina sta colonizzano il mondo. E sta puntando proprio sui paesi africani e su quei paesi magari più deboli ma che hanno le risorse.

Dinamica forse banale: la Cina ha i soldi, gli altri le materie prime. Il meccanismo funziona e la macchina economica cinese ha la benzina per poter andare sempre più forte, dominando sempre di più. Anche adegua dosi con le mafie, la corruzione e la malavita locale.
Come vedete, i cinesi hanno capito tutto, hanno le risorse per poter dominare. E pian piano si prenderanno tutto, lasciando a noi (Italia in primis) soltanto le briciole. Vedrete che il futuro, ahimè, mi darà ragione. E per il momento a darmi ragione è comuqne il FMI alias il Fondo Monetario Internazionale.

 

2016: anno in cui il PIL cinese supererà quello americano. Boh, se anche questo non vi basta per meglio comprendere l’immane potenza dell’armata economica cinese… Ma non è tutto. Trovatemi un’altra realtà dove ci siano riserve valutarie per oltre 3000 miliardi di dollari USA. Un bel problema: la Cina è TROPPO ricca e deve cercare di impiegare il denaro. Ed ecco il perchè di questa “nuova colonizzazione” anche se a Pechino preferiscono chiamarla “partnership“. E per cercare di “limitare” questa valanga di riserve verrà ulteriormente apliato il CIC (China Investment Corp), il fondo sovrano cinese. Ma badate bene, la Cina ha una cosa ben chiara in testa: non solo evitare i Treasury Bonds USA, ma addirittura diminuirne l’esposizione. E allora vai con gli investimenti nella altre aree. e quindi, sia ben chiaro, non è un caso la recente esposizione verso il debito dei PIGS, non credete?

La nuova colonizzazione è servita….

E’ un mondo che cambia, nella forma e nel colore, è in trasformazione…(Litfiba)

STAY TUNED!

DT

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12 commenti Commenta
paolo41
Scritto il 26 Aprile 2011 at 12:10

Dream,
perfetto!!!! i cinesi lasciano che i più “furbi” si vadano a impantanare nelle paludi (si fa per dire)
del nord-africa e ….. fra poco nel medio oriente.
Il colonialismo francese, inglese e americano vestito con le uniformi ONU va a salvare i civili delle tribù di Misurata, mentre bombardano le tribù delle città della Tripolitania (forse sono civili di serie B).
Tanti si stanno chiedendo come mai non vanno a salvare i civili della Siria…. forse perchè non c’è petrolio e …. poi i “giochini” si farebbero pesanti dato che c’è l’Iran dietro…… fra l’altro c’è uno stretto legame commerciale della Cina con l’Iran… Quadro geopolitico veramente interessante!!!

Scritto il 26 Aprile 2011 at 12:41

paolo41,

Ciao,
perfetto si fa per dire… la sitauzione è sempre più ingarbugliata e, permettimi, schifosa…

paolo41
Scritto il 26 Aprile 2011 at 12:44

Dream Theater,

il “perfetto” era un complimento per il post!
sulla situazione, come si usa dire, è meglio tapparsi il naso e guardare da un’altra parte…

tommy271
Scritto il 26 Aprile 2011 at 13:48

La penetrazione in Africa da parte della Cina prende avvio già a partire dagli anni ’70.
All’inizio è stato solo un riflesso della propria politica estera a favore del movimento dei “non allineati”.
Nell’ultimo decennio è incrementata sensibilmente: il motivo è molto semplice, offrono sempre condizioni migliori rispetto alle condizioni poste dalle multinazionali senza arrogarsi il diritto di entrare “politicamente” nei paesi.
Se “moralmente” può essere discutibile sostenere “de facto” regimi dittatoriali, dall’altro verso sinchè prevarrà una politica di strozzinaggio da parte delle multinazionali avranno sempre più gioco facile in nuovi terreni di conquista.

paolo41
Scritto il 26 Aprile 2011 at 14:03

Dream Theater,

tommy271@finanza,

qui in europa, sembra che ci siano opinioni divergenti in Germania fra chi dice che la Grecia deve ristrutturare il debito e chi dice (Merkel in testa che ha già cambiato tre volte opinione)
che la ristrutturazuione sarebbe un disastro…. Fanno bene a non prendere decisioni… così i debiti continuano a crescere…. meriterebbero la medaglia olimpica o forse il nobel per l’economia …..

vichingo
Scritto il 26 Aprile 2011 at 15:56

Intanto leggete come si potrebbe abbassare notevolmente il nostro debito, ma……………………
IL CASO
Davanti alle coste siciliane arrivano le trivelle dei petrolieri
La Transunion comincerà a sondare i fondali tra qualche giorno. In estate potrebbero iniziare le trivellazioni a 13 miglia da Pantelleria. L’Italia chiede il 4 per cento di royalty contro l’85 per cento della Libia e l’80 della Russia
di DARIO PRESTIGIACOMO e LORENZO TONDO

La Transunion ha già annunciato ai comuni iblei che a fine aprile inizierà a sondare il fondale dello specchio d’acqua davanti a Pozzallo, a 27 chilometri dalla costa. L’Audax, invece, di sonde non ha più bisogno: in estate, si legge sul suo sito web, potrebbe cominciare a trivellare a 13 miglia da Pantelleria. Non molto lontano, nei dintorni delle Isole Egadi, anche la Northern Petroleum riscalda i motori delle sue piattaforme.

Sotto l’ombra dell’inferno libico e quella di un possibile blackout energetico, la primavera delle trivelle sul mar Mediterraneo – esorcizzata dal ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo che prometteva di difendere a spada tratta il Canale di Sicilia, costi quel che costi – è oramai alle porte.

Secondo i dati delle associazioni ambientaliste, sarebbero più di cento i permessi di ricerca di idrocarburi richiesti o vigenti nel Mediterraneo. Alcuni concessi a un tiro di schioppo da sabbie dorate e banchi corallini. Le piattaforme, che – secondo quanto riportato dai bollettini pubblicati sui siti delle compagnie petrolifere – potrebbero già entrare in azione tra poche settimane, confermano i timori manifestati negli ultimi mesi dagli ambientalisti: il decreto anti-trivella, firmato e fortemente voluto dal ministro Prestigiacomo, emanato lo scorso 26 agosto, non servirà a proteggere le acque del Mediterraneo.

La Northern Petroleum lo sa e lo scrive: “La legislazione italiana che vieta le trivellazioni off-shore entro le 12 miglia dalla costa – si legge nel comunicato – avrà un effetto irrilevante sugli assetti della compagnia”. Così, in barba al no della Regione e a quello dei sindaci, la Northern fa sapere di poter estrarre dai suoi giacimenti ben 4 miliardi di barili che tradotti in quattrini significano 400 miliardi di euro nelle tasche dei petrolieri. Briciole o nulla per lo Stato italiano dove le royalty che le compagnie minerarie lasciano al territorio dove estraggono senza imporre franchigie arrivano a malapena al 4 per cento contro l’85 di Libia e Indonesia, l’80 di Russia e Norvegia, il 60 in Alaska, e il 50 per cento in Canada.

“Al di là dell’aspetto ecologico, per l’Italia le trivelle sono anche antieconomiche” spiega Mario Di Giovanna, portavoce di “Stoppa la Piattaforma”. “Se ci adeguassimo agli standard delle royalty degli altri paesi, facendo i conti della serva, potremmo estinguere, solo con una minima parte del canale di Sicilia, il 25 per cento del debito pubblico italiano”.

In Italia, la franchigia per le piattaforme off-shore è di circa 50.000 tonnellate di greggio l’anno, equivalenti a 300 mila barili di petrolio. Sotto questo tetto di estrazione, le società non sono tenute a pagare nemmeno l’esiguo 4 per cento di royalty. La piattaforma Gela 1, a 2 km dalle coste siciliane, dal 2002 al 2008 ha prodotto petrolio e gas sempre sotto la soglia di franchigia. La Prezioso e la Vega producono invece il doppio oltre il limite (circa 100/120 mila tonnellate), pagando la franchigia solo per la metà della loro produzione. Forti delle agevolazioni fiscali italiane, le società le decantano ai loro investitori. A pagina 7 del rapporto annuale della Cygam (società petrolifera con interessi nell’Adriatico) si parla del nostro paese come il “migliore per l’estrazione di petrolio off-shore”, sottolineando la totale “assenza di restrizioni e limiti al rimpatrio dei profitti”.

Intanto Atwood Eagle, la contestatissima trivella dell’Audax che dall’11 luglio scorso galleggiava a 13 miglia dalle coste di Pantelleria, dopo un temporaneo abbandono dell’area, tra qualche mese potrebbe riprendere i sondaggi, mentre Shell ha già detto di aspettarsi dal Canale di Sicilia 150mila barili al giorno. Qualche settimana fa la Transunion Petroleum Italia ha inviato ad alcuni comuni della zona iblea, tra cui Pozzallo, Modica e Ragusa, un’istanza di avvio della procedura di valutazione d’impatto ambientale relativa ad un’area con un’estensione di 697,4 km quadrati, situata nel Canale di Malta. Le autorità locali hanno tempo fino al 27 aprile per le dovute osservazioni.

Il decreto anti-petrolio potrebbe non salvare nemmeno il mare agrigentino, dove la Hunt Oil Company ha avanzato una richiesta di permesso a poche miglia dall’Isola Ferdinandea, una delle tante bocche vulcaniche di un massiccio complesso sottomarino: il regno di Empedocle, l’Etna marino, il gigante sommerso che fa ancora tremare i fondali.

(26 APRILE 2011) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Scritto il 26 Aprile 2011 at 16:09

Ma tu guarda…il caso eh?
visto0 che si parla di trivelle, come disse un saggio tempo fa (con tutto rispetto parlando…)
sono tutti fi****hi col qulo degli altri… 😳 🙄

vichingo
Scritto il 26 Aprile 2011 at 16:36

Dream Theater,

😀

gaolin
Scritto il 26 Aprile 2011 at 17:27

Bell’articolo e molto chiaro, per chi vuole capire qualcosa di quanto sta succedendo.
I pochi dati riportati da DT danno un’idea della già immensa, oltre che potenziale, forza della Cina.
Di questa situazione se ne parla purtroppo pochissimo in occidente.
Già, siamo molto impegnati a cercare di convincerci che vogliamo “solo” portare la democrazia a casa degli altri, magari con la forza. Vedi la Libia come ultimo caso.
Nel frattempo la Cina si sta attrezzando e sta lavorando per scavare la fossa sotto i pied delle nostre economie, grazie alle tecnologie che le abbiamo donato gratuitamente, i capitali iniziali che a suo tempo le abbiamo loro fornito per attivarle a casa loro, i nostri mercati a disposizione per piazzare, senza tariffe, i loro prodotti a bassissimo costo.
E’ veramente incredibile che ciò sia potuto accadere senza che quasi nessuno se ne sia accorto in tempo.
Eppure la Cina non ha fatto altro che imitare il Giappone che, 25 anni prima, aveva fatto lo stesso.
La grande differenza però è che il Giappone vale 130 milioni di abitanti mentre la Cina 10 volte tanto.
Qual’è stata l’arma letale?
Il tasso di cambio, tenuto costantemenete e tenacemente basso dalla People Bank of China.
Mi scuso, ho sbagliato, alla cinese si dice “stable” rispetto al USD.
Si può fare ancora qualcosa per scongiurare la catastrofe delle nostre economie?
Forse sì ma prima bisogna rendersi conto di questa per noi triste realtà.
Temo però che si preferisca continuare a mettere la testa sotto la sabbia, nell’ingenua speranza che i saggi e lungimiranti dirignenti cinesi prendano paura degli struzzi.

tommy271
Scritto il 26 Aprile 2011 at 18:19

gaolin@finanza: Bell’articolo e molto chiaro, per chi vuole capire qualcosa di quanto sta succedendo.
I pochi dati riportati da DT danno un’idea della già immensa, oltre che potenziale, forza della Cina.
Di questa situazione se ne parla purtroppo pochissimo in occidente.
Già, siamo molto impegnati a cercare di convincerci che vogliamo “solo” portare la democrazia a casa degli altri, magari con la forza. Vedi la Libia come ultimo caso.
Nel frattempo la Cina si sta attrezzando e sta lavorando per scavare la fossa sotto i pied delle nostre economie, grazie alle tecnologie che le abbiamo donato gratuitamente, i capitali iniziali che a suo tempo le abbiamo loro fornito per attivarle a casa loro, i nostri mercati a disposizione per piazzare, senza tariffe, i loro prodotti a bassissimo costo.
E’ veramente incredibile che ciò sia potuto accadere senza che quasi nessuno se ne sia accorto in tempo.
Eppure la Cina non ha fatto altro che imitare il Giappone che, 25 anni prima, aveva fatto lo stesso.
La grande differenza però è che il Giappone vale 130 milioni di abitanti mentre la Cina 10 volte tanto.
Qual’è stata l’arma letale?
Il tasso di cambio, tenuto costantemenete e tenacemente basso dalla People Bank of China.
Mi scuso, ho sbagliato, alla cinese si dice “stable” rispetto al USD.
Si può fare ancora qualcosa per scongiurare la catastrofe delle nostre economie?
Forse sì ma prima bisogna rendersi conto di questa per noi triste realtà.
Temo però che si preferisca continuare a mettere la testa sotto la sabbia, nell’ingenua speranza che i saggi e lungimiranti dirignenti cinesi prendano paura degli struzzi.  

Bei tempi quando morivano di fame con l’Occidente che pontificava sulle virtù della democrazia.
La storia ha avuto un corso diverso.

melaxxx
Scritto il 26 Aprile 2011 at 21:00

gaolin@finanza,

da “cinafrica”
” i cinesi ci offrono cose concrete…cosa servono la trasparenza,la governance se la gente non ha elettricità e lavoro? la democrazia non si mangia mica”
“nel xv secolo la conquista e la spartizione colonialista (europea) del continente misero fine agli scambi amichevoli tra la cina e l’africa”
la citic ha fatto arrivare 12800 cinesi per costruire l’autostrada dal marocco alla tunisia, forse dovremmo dargli l’appalto della salerno-reggiocalabria..

p.s. ci sono 50.000 cinesi in nigeria 20.000 in algeria, 300.000 in sudafrica 50.000 in sudan…

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