BAIL IN: corsa contro il tempo per salvare tre banche italiane

Scritto il alle 11:41 da Danilo DT

Caution-Bail-in-banche-italianeSono tre gli istituti di credito a rischio bail-in: Carife, Banca Marche e Pop Etruria. E’ stato creato un Fondo Interbancario per intervenire con il bailout. Ma mancano le leggi e se non si trova un accordo entro fine anno, saranno dolori.

Lo spauracchio del “bail in” per le banche italiane in difficoltà diventerà probabilmente realtà solo da gennaio 2016. Infatti sembra ormai deciso un piano di salvataggio per quelle realtà che sarebbero diventate le prime banche italiane a subire la nuova normativa comunitaria, con importanti effetti sulla clientela.
Vi consiglio di riprendervi gli articoli sul ”bail in” per meglio comprendere cosa comportano queste nuove regole.

Veniamo al dunque. TRE sono le banche ad un passo dal default che necessitano di un intervento:

Carife (Cassa di Risparmio di Ferrara)

Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio

Banca Marche

Tre realtà che necessitano di capitali freschi, per ricostruire quella patrimonializzazione polverizzata da una gestione fallace del management.

La cifra ipotizzata per il “bailout” (quindi spesa per salvare le banche con capitali “esterni” senza intervenire sui clienti) è pari a circa 2 miliardi di Euro. Sette delle principali banche italiane (ISP, UCG, BP, UBI, MPS, BPM e BPER) hanno già creato un fondo (Fondo Interbancario) con una capienza pari a 1.5 miliardi per effettuare le relative ricapitalizzazioni. Mancano ancora alcune procedure formali, non semplicissime, a dire il vero, per poter rendere realistica questa ipotesi.
All’appello mancano 500 milioni? Vero, ma questa cifra viene sostituita dalla conversione di bond convertibili in azioni ordinarie.

Quindi si tratta di una buona notizia soprattutto per i clienti delle tre banche sopra citate. Infatti con il “bail out”, gli unici ad avere delle conseguenze sono appunto i possessori di bond subordinati. Ma attenzione, il tutto è legato ad una questione soprattutto burocratica. Mancano i decreti attuativi a livello governativo. Senza regole e leggi approvate, Banca d’Italia non può mettere in atto il piano di salvataggio (con la regia del Fondo Interbancario che sottoscriverà i tre aumenti di capitale). E se non si risolvono queste problematiche entro il 01 gennaio 2016, allora non cio sarà alternativa. Sarà BAIL IN con tutto quello che potrebbe comportare.

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Danilo DT

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1 commento Commenta
Scritto il 28 Ottobre 2015 at 10:57

The combination of the new banking regulations, the need for European banks to continue to deleverage and Policymakers’ desire to sever the sovereign bank relationship will increasingly lead to more non-prime or “other” lending being done outside of the banking sector.

This theme will likely be influenced by the European Union’s Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), which is intended to create more stability in the Banking System; but as structured, BRRD may also place Investors and Management at odds with each other.

For example, European Regulators put Investors in bank securities across the capital structure at greater risk of a “bail-in” through the implementation of BRRD, while simultaneously asking Bank Management Teams to increase the risk of their lending books – [see to the charts (The Euro-zone has room to expand consumer lending, but an increasing amount of the risk may reside outside of the banking sector), above].

The tension between these two objectives is particularly acute for banks in smaller, more vulnerable and less politically influential Countries, as they are disproportionately likely to be “bailed-in” during periods of economic and sovereign volatility.

As a consequence, would expect that European banks in general, but particularly those in smaller and more vulnerable Countries, to disproportionately focus primarily on higher-quality instruments – i.e., super-prime and prime Borrowers – leaving other parts of the lending market void of activity.

The result will lead to the creation of numerous independent niche lending opportunities across the United Kingdom and continental Europe.

Examples include Small and Medium-sized Enterprise (SME) lending in Italy and Spain, Commercial Real Estate (CRE) bridge-lending in Ireland and second-line lending in the United Kingdom.

However, these investments are not without risk.

Realistically, many of these platforms will be leveraged to the underlying economics of their sovereign entities; so understanding the broader macroeconomic dynamics will be critical to the success of investing.

Additionally, variations in regulatory and legal regimes across Europe could limit scalability, which is particularly important in jurisdictions where it is not necessarily easy to right-size operations should volumes not cover fixed costs.

Finally, the exit of any potential platform could prove challenging, particularly if selling to a “banking entity” is not a viable option.

サーファー© Surfer

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